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Delirio: composizione e scomposizione del pensiero delirante (2016) di Enrico Magni e Simon Pietro Scaccabarozzi – Recensione del libro

Nel loro libro, Magni e Scaccabarozzi descrivono il delirio a partire dalle osservazioni dei pazienti seguiti presso i servizi pubblici di Psichiatria

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 16 Gen. 2019

Il delirio e l’ esperienza delirante sono ben osservati e raccontati dagli autori di questo libro, operatori di servizi pubblici della psichiatria territoriale italiana.

 

In un tempo in cui la psicopatologia ed il suo sforzo di penetrare dentro l’esperienza della sofferenza mentale è mortificata dal dilagare di un approccio orgogliosamente superficialmente descrittivo, in nome di una “ateoreticità” che dovrebbe perciò mettere tutti d’accordo e sacrifica sull’altare della comunicabilità la “comprensione profonda”, questo volume rappresenta una boccata d’ossigeno che riattiva il piacere e il desiderio di ragionare su questi temi.

Questo libro nasce dall’esperienza clinica di operatori dei servizi di salute mentale che hanno visto negli ultimi 40 anni di psichiatria territoriale italiana seguente alla legge Basaglia del ’78, il delirio allo stato nascente e inserito nei contesti dove si genera e dove rivela un senso che risultava perduto per i grandi psicopatologi (primo fra tutti Jaspers) dell’800, che lo vedevano cronicizzato e decontestualizzato nel chiuso dei manicomi.

Delirio: composizione e scomposizione del pensiero delirante – Senso e modalità

Gli autori dopo aver definito esattamente l’oggetto del loro interesse ovvero l’esperienza delirante in tutte le sue manifestazioni compiono una doppia utilissima operazione.

Da un lato descrivono il senso del delirio che serve a mantenere una narrazione coerente su di sé, salvando i propri cardini identitari da una invalidazione che va necessariamente negata per non perdere predittività su di sé e sul proprio rapporto con il mondo, cosa presente anche nella vita quotidiana con il cosiddetto e utilissimo meccanismo dell’autoinganno.

Dall’altro descrivono il “come” del delirio analizzando i processi di pensiero con cui ciò avviene (pensiero magico, egocentrico, iperinclusivo, ipoinclusivo, simmetrico e asimmetrico). Anche in questo caso evidenziano come ciascuna di queste modalità sia in continuità con il pensiero normale.

Il risultato di queste due operazioni è la riduzione dello

stigma verso il delirante che si scopre esserci strettamente imparentato e la curiosità di immergersi nel suo mondo per comprenderlo e non semplicemente etichettarlo come “patologico”.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Magni E., Scaccabarozzi S. P. (2016) Delirio: composizione e scomposizione del pensiero delirante. Edizioni Psiconline
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