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Candido Godoi: capelli biondi, occhi blu

A Candido Godoi, cittadina brasiliana rifugio di Mengele dopo la fuga da Auschwitz, le gravidanze gemellari sono 1 su 5 contro una media di 1 su 80..

Di Luisa Laurelli

Pubblicato il 16 Gen. 2019

Aggiornato il 11 Ott. 2019 14:41

L’idea di andare in Brasile a visitare la città di Candido Godoi è nata nel 2010 guardando le foto di Gabriele Galimberti su D di Repubblica.

 

 Queste immagini di G. Galimberti mi hanno fatto scoprire l’esistenza della città dei gemelli e la leggenda degli esperimenti che il dott. Mengele, l’angelo della morte di Auschwitz, avrebbe ostinatamente continuato in questo paesino del sud del Brasile. Le presunte attività di medico e veterinario sono state ricostruite e documentate nei libri dello storico Jorge Camarasa e in quello dall’ex sindaco di Candido Godoi, Anancir De Silva, quest’ultimo incontrato durante il soggiorno a Candido Godoi.

Candido Godoi: i gemelli sono un’eredità dell’attività del genetista nazista Mengele?

Secondo entrambi sarebbe da ricercare nell’inquietante attività del genetista tedesco la percentuale così elevata di gemellarità in questa colonia tedesca. Per molto tempo ho letto i racconti degli esperimenti nazisti sui gemelli nei campi di concentramento e visto le interviste dei sopravvissuti. Ad Auschwitz, Mengele aveva selezionato 3000 coppie di bambini gemelli, per degli studi che prevedevano la ricerca del segreto della gemellarità. Alla fine della guerra solo 258 tra queste cavie umane erano sopravvissute. Tra loro anche le due sorelle italiane, scambiate per gemelle per la loro straordinaria rassomiglianza, le sorelle Andra e Tatiana Bucci: della loro storia ha scritto Titti Marrone nel libro Meglio non sapere. Una speciale baracca (la numero 10) era riservata ai bambini di Mengele. Essi erano trattati a tutti gli effetti non come esseri umani ma, come “animali da laboratorio”: dopo la doccia, era loro tatuato insieme al numero di identificazione anche le due lettere ZW (cioè Zwillinge, gemello). Mengele era interessato alle anomalie dell’apparato visivo: Mengele sperava di poter influire sulla colorazione degli occhi, trasformando quelli scuri in azzurri.

Candido Godoi – spiega Camarasa – diventa il laboratorio a cielo aperto dove Mengele può realizzare il sogno di una razza dominatrice con occhi blu e capelli biondi, quando ormai quel sogno era fallito in Europa.

Candido Godoi: l’eco di pagine oscure della nostra storia

Durante la seconda guerra mondiale l’eugenetica nazista prevedeva esperimenti per realizzare la “razza ariana” attraverso la costituzione delle cosiddette “fabbriche della vita”, i Lebensborn, programmi avviati dal gerarca nazista Heinrich Himmler. Egli diede inizio all’accoppiamento di militari tedeschi con donne scandinave, in particolare norvegesi, considerate di “alto valore razziale”. Durante i dieci anni d’esistenza del progetto, almeno 7.500 bambini nacquero in Germania, altri 10.000 furono concepiti in Norvegia. I tedeschi ricorsero anche al rapimento di bambini “razzialmente accettabili”, dai paesi controllati. In Polonia furono prelevati oltre centomila neonati, tra loro ci sono orfani di guerra, ma sono ben documentati casi in cui i piccoli furono strappati dalle braccia dei genitori, il criterio era il solito: capelli biondi ed occhi blu. A questo proposito, ho trovato molto toccante la testimonianza pubblicata sul Corriere della Sera, di Alojzy Twardeckis, che racconta di essere stato cresciuto da una famiglia tedesca, per poi scoprire a tredici anni che la sua vera madre polacca non si era mai rassegnata alla scomparsa del figlio e dopo la guerra aveva fatto di tutto per rintracciarlo.

La storia dei War Children è venuta alla luce solo alla fine degli anni ’80, quando un piccolo gruppo di “Figli della Guerra” ha fondato un’associazione per rompere il silenzio con cui si voleva cancellare il loro passato. A questo proposito è molto intenso il racconto autobiografico della psicoterapeuta Gisela Heidenreich, In nome della razza ariana, storia di una donna nata in un Lebensborn di Oslo, che racconta la faticosa e dolorosa ricerca del suo passato e della ricostruzione della sua identità.

Mi sono interrogata sulla vita dei gemelli di Candido Godoi e sulla loro possibilità di individuarsi in un luogo in cui gli storici raccontano di aver trovato una forte pressione verso la cristallizzazione della perfezione perduta: i famosi occhi blu, capelli biondi. Mi sono chiesta quanto questo modello nazista, prototipo perfetto della razza ariana, fosse ancora presente nei pensieri e nel DNA di questa popolazione. Queste riflessioni mi hanno accompagnata durante tutte le interviste delle otto coppie di gemelli che ho incontrato a Candido Godoi. In questo contesto particolare la mia attenzione si è rivolta ai processi di individuazione e separazione nella relazione gemellare e a come la famiglia e la pressione sociale abbiano contribuito ad ostacolare o a favorire i processi di differenziazione, ad esempio con la scelta dei nomi.

Candido Godoi e i suoi gemelli

Il nome proprio di persona non è mai attribuito in modo casuale e perciò va considerato come un segno-simbolo che in qualche misura rispecchia vissuti, emozioni, aspettative di chi denomina. Inoltre, per chi lo riceve, il nome corrisponde, pure se metaforicamente, al ruolo che gli viene assegnato, alla sua funzione. I nomi delle 8 coppie di gemelli in ordine di età sono: Joao e Joanna Grimm di 4 anni; Kitana e Thauana Lunke di 7 anni; Henrique e Guillerme Sichinel di 13 anni; Francine e Franciele Seibt di 19 anni; Marcio e Marcelo Royer di 28 anni; Valdecir e Vanderey Jung di 33 anni; Valmir e Valcir Phul di 35 anni e Canisio e Dionisio Fritzen di 54 anni. Tutti nomi da coppia gemellare indistinta. In questi casi, i genitori tendono a considerare i figli come un insieme indifferenziato, a vestirli nello stesso modo e attuare una politica che E. Funari, nel libro Il doppio tra patologia e necessità, chiama del “corpo unico”:

Esiste una sorta di economia nella mente della madre che tenderebbe ad azzerare le differenze (…). Pag. 36

Le interviste sono state un pretesto per indagare attraverso l’atto fotografico una eventuale richiesta di individuazione ed esplicitare il gioco del doppio. La scelta di fotografare in bianco e nero è sembrata l’unica soluzione per guardare alle persone e non alla razza, gli occhi blu e i capelli biondi, sono diventati delle sfumature di grigio che hanno consentito di andare oltre la superficie, per entrare nella profondità degli sguardi e far emergere il chiaroscuro delle ombre sui visi, le rughe di espressione, apprezzare le differenze. Il tentativo opposto all’omologazione nazista, andare oltre la similitudine, imparare a riconoscere da un piccolo particolare l’unicità irripetibile del sé, associando l’espressione emotiva, all’estetica del corpo. Per ogni coppia, attraverso l’intervista abbiamo trasportato nella fotografia la rappresentazione che le persone avevano di sé e della coppia gemellare, rispettando la loro prospettiva e cercando di cogliere attraverso la narrazione, l’angolazione dalla quale ritrarre i volti e le movenze.

Arrivati a Candido Godoi, dopo avere ricevuto dal comune la lista dei gemelli del paese, con la collaborazione di un’interprete, è cominciata la ricerca dei gemelli che volevano essere intervistati.

LE FOTO DI ALCUNI DEI GEMELLI INTERVISTATI

Candido Godoi: le interviste ad alcuni gemelli

I bambini Joao e Joanna di 4 anni appartengono ad una dinastia di gemelli: la mamma è figlia di un gemello e ha due fratelli gemelli; anche il papà vanta nella sua famiglia di origine quattro coppie di gemelli. Da subito pongono il problema della gemellarità assoluta, ovvero, sanno che nella loro comunità vengono percepiti come gemelli solo i monozigoti, i gemelli identici, invece come nel caso dei loro figli, i gemelli dizigoti, spesso vengono catalogati come “falsi gemelli” e loro protestano per questo. I bambini sono troppo piccoli per raccontarsi, le foto in questo caso intendono valorizzare l’appartenenza a generi differenti come una risorsa ulteriore per sottrarsi alla simbiosi gemellare, così pressante nella famiglia d’origine.

Kitana e Tahuana hanno sette anni, il loro aspetto mostra una forte differenza caratteriale, ma la madre le veste con gli stessi abiti e in casa hanno due di tutto. Le bambine rimangono sempre zitte, la madre parla per loro, non si riesce a zittirla. Chiedo se le bambine sono monozigoti o dizigoti, ma la madre dice di non conoscere la differenza: le bambine sono gemelle, questo è quello che conta. La pressione allo stereotipo della gemellarità emerge prepotentemente anche dalle fotografie, le bambine appaiono come profondamente oppresse da questa cultura gemellare che sembra non lasciare spazio per esprimere la propria unicità. Nonostante, gli abiti identici, la triste ribellione delle figlie traspare dagli sguardi che fissano l’obiettivo.

Enrique e Guillermo, gemelli monozigoti di 12 anni, sono talmente simili che la madre nel chiamarli li confonde spesso. Eppure, nonostante la somiglianza, sono altamente differenziati e ci tengono a mostrare le loro peculiarità, ci insegnano a riconoscerli: uno dei due ha avuto un incidente e ha perso due dita della mano, l’altro ha una ciocca di capelli biondi e un neo dietro l’orecchio. In effetti, passando un po’ di tempo con loro, s’impara a identificarli: la confusione è più marcata nelle foto che nella realtà. I ragazzi sono lusingati dall’attenzione che suscitano, ma il fratello maggiore, un ragazzo con la sindrome di Down che assiste all’intervista, ha una crisi d’invidia e irrompe sul set fotografico con un grosso coltello. Ci spaventiamo, ma si acquieta quando gli diciamo che faremo delle foto anche a lui. E’ difficile essere fratelli di una coppia gemellare!

Francine e Franciele di 19 anni, monozigoti, ma altamente differenziate. Ci tengono a raccontare che nessuno le ha mai confuse, se non nei primissimi anni di vita. Una è fidanzata, l’altra no, studiano entrambe Scienze chimiche agrarie e dicono di essere molto competitive. Raccontano di essere molto complici ed unite; in effetti, si ha la sensazione di essere di fronte ad una coppia complementare, due sorelle: la gemellarità sembra aver giocato un ruolo solo rispetto alla contemporaneità della nascita e le foto lo dimostrano, non sembrano affatto gemelle.

Marcio e Marcielo di 28 anni, gemelli monozigoti, molto schivi e infastiditi dalla curiosità che si è attivata intorno alla gemellarità di Candido Godoi. Non sono molto disponibili a parlare della loro esperienza personale, negano di aver avuto particolari vantaggi o svantaggi dalla loro condizione di gemelli. La madre dice di averli sempre vestiti nello stesso modo ed è orgogliosa di avere due figli identici. Loro si percepiscono come altamente differenziati e dicono di non aver mai giocato con il loro aspetto per confondere gli altri. La foto diventa un momento ludico per giocare sul tema dello specchio e sdrammatizzare la situazione, entrambi sembrano doversi difendere dall’accusa di gemellarità. Sono contenti del risultato ed in effetti attraverso le foto si accorgono di quanto gli altri devono percepirli come simili, perché loro stessi si confondono ad un primo sguardo nel rimirarsi nella propria immagine. In questo caso la somiglianza ha portato i due fratelli a cercare una differenziazione caratteriale profonda, lasciando a chi guarda con superficialità di accontentarsi dell’immagine esteriore.

Vanderey e Valdecir, monozigoti di 33 anni sono rimasti orfani di padre a 15 anni, la madre con i fratelli si sono trasferiti in un’altra città e loro hanno deciso di rimanere da soli a Candido Godoi. Entrambi sono sposati e vivono nella stessa fattoria, non hanno molta voglia di parlare, ma amano farsi fotografare, si mettono in posa e si lasciano ritrarre senza pudore. L’impressione è che abbiano utilizzato la gemellarità come arma di seduzione. _Quando chiedo loro se sono stati molto corteggiati, rispondono di non poter parlare perché le loro mogli sono molto gelose. La fotografia diventa il racconto del loro narcisismo al quadrato, il doppio come provocazione di fantasie erotiche.

E’ la volta di Valmir e Valcir, monozigoti di 35 anni di professione sacerdoti. Molto diffidenti e schivi, infastiditi dalle domande e dalle fotografie, rispondono a monosillabi e all’unisono. Sono l’esempio classico del corpo unico. Di fronte a loro si ha la sensazione di assistere ad uno spettacolo sincronizzato. Nel loro caso la somiglianza è così ostentata, anche attraverso l’abito talare, da lasciare senza parole. L’obiettivo diventa uno specchio nel quale sono riflesse le loro immagini simultanee e controllate.

Dionisio e Canisio hanno 54 anni e sono dizigoti. Entrambi contadini, si sono sposati lo stesso giorno, mostrano con orgoglio le foto del loro doppio matrimonio, vivono nella stessa casa e sembrano molto uniti. In realtà, grazie alla loro età più matura, le diverse vicende familiari hanno profondamente influito sulle espressioni dei loro volti e loro sembrano addirittura avere età differenti. Dionisio ha due figli ed è chiassoso ed estroverso, Canisio non ha avuto figli e questo sembra pesargli molto; ha un viso triste e taciturno, preferisce restare in disparte. In questo caso la differenza sembra essere evidente, come se sui loro volti emergesse senza pudore la tristezza dell’uno e l’allegria dell’altro. In questo caso la foto evidenzia la loro naturale differenza.

Le immagini di questo reportage sono state in mostra al Macro di Roma da giugno a settembre del 2011.

Ho voluto chiamare il lavoro Water drops, “Gocce d’acqua”. La parola gemellarità suscita spesso un’aspettativa di uguaglianza. Ma, in fisica è risaputo, che le molecole dell’acqua, pur avendo la stessa composizione chimica, possono differire sia per il moto degli atomi, che per una diversa configurazione. Simili, ma non uguali!

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Per approfondire l’argomento sulla sincronizzazione dei gemelli monozigoti, si veda il libro di M. Wallace, Le gemelle che non parlavano, Adelphi, 1989. Inoltre, si consiglia la visione del film di D. Cronenberg Dead ringers (Inseparabili), 1988.Brodersen E., Laws of Inheritance: A PostJungian Study of Twins and the Relationship, Routledge, 2015.
  • Brustia P., LA PSICOLOGIA GEMELLARE E LA SEPARAZIONE: “EFFETTO COPPIA” E COMPORTAMENTO, in ATTI del Convegno I gemelli in età pediatrica: epidemiologia, clinica e psicologia Istituto Superiore di Sanità Roma, 16 novembre 2009 A cura di Miriam Salemi, Luana Penna e Cristina D’Ippolito Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS),
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  • Gibba Marroni A. – E. Quagliata (a cura di) Fratelli e gemelli, Astrolabio, 2010.
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  • Massaglia P., (2001), La relazione madre-gemelli e il processo di individuazione. In: L. Valente Torre (a cura di) (2001). Atti del convegno. I gemelli: la persona, la famiglia, la scuola. Centro Promozione servizi-sezione grafica della divisione servizi educativi Comune di Torino, Torino.
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