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Nuove conferme di maggiori rischi di depressione e suicidio connessi alle terapie di conversione sui bambini LGBT

Ricevere pressioni per una conversione dell'orientamento sessuale in ragazzi lgbt contribuisce all'insorgere di problemi di adattamento in età adulta.

Di Gaspare Vezio

Pubblicato il 04 Dic. 2018

Aggiornato il 30 Giu. 2022 18:26

I soggetti sottoposti a terapie volte a cambiare il proprio orientamento sessuale sembrano riportare i livelli più alti di depressione e comportamenti suicidari.

 

Inoltre, i soggetti sottoposti a questo tipo di terapie riportano bassi livelli di autostima, sostegno sociale, soddisfazione della loro vita e altre problematiche connesse come un basso livello di istruzione e reddito.

Secondo i ricercatori di un studio condotto dall’Universiy State di San Francisco gli sforzi dei genitori, terapeuti e altre figure che promuovono una conversione dell’orientamento sessuale contribuirebbero a far insorgere svariati problemi di salute e dell’adattamento in età adulta.

Tra i partecipanti a questo studio, più della metà dei giovani LGBT sia bianchi che latini di età tra i 21 e i 25 anni, hanno riferito di aver sperimentato degli sforzi esterni al fine di cambiare orientamento. Di questi il 21%, ha riferito esperienze specifiche da parte dei genitori e caregiver, il 32% invece anche da parte di terapeuti e leader religiosi. Per quanto riguarda il tasso di tentato suicidio si hanno alti livelli, più che raddoppiati rispetto a soggetti che non hanno sperimentato nessun tipo di pressione al cambiamento, in più coloro che appartengono a quel 32% riportano dei tassi triplicati. Lo stesso andamento si ha per i livelli di depressione.

Inoltre sono state indagate alcune variabili come il tasso di religiosità e lo status socioeconomico, riscontrando come chi vive in una famiglia molto religiosa o con un reddito basso potrebbe sperimentare, con una probabilità più alta, spinte da parte dei familiari alla conversione di orientamento sessuale. Anche se i familiari cercano di “proteggere” i propri figli con questi comportamenti di rifiuto, non fanno altro che minare l’autostima ed aumentare comportamenti autodistruttivi.

In conclusione

Gli autori di questo studio hanno messo in evidenza la centralità del ruolo giocato dai genitori in questo fenomeno, per questo hanno sviluppato un modello di sostegno familiare che cerchi di integrare la salute dei più giovani, e che prevede anche una assistenza domiciliare.

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