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Resoconto sul IV Seminario sulla Disciplina Interiore del Terapeuta – Testimonianze dei partecipanti

Testimonianze dei partecipanti al IV Seminario sulla Disciplina Interiore del Terapeuta - Senerchia. La parola ai terapeuti..

Di Giampaolo Salvatore

Pubblicato il 05 Dic. 2018

IV Seminario sulla Disciplina Interiore del Terapeuta, Senerchia: dopo la premessa al seminario pubblicata su State of Mind in cui si parlava di sintonizzazione tra terapeuta e paziente, ecco di seguito alcune testimonianze dei partecipanti all’esperienza.

Testimonianze di: Anna Maria Barbarulo, Katia Buonanno, Emanuela Cimmino, Gerardina Fimiani, Vito Lupo, Nicoletta Manfredi, Ivana Micillo, Antonella Pallotta, Maria Grazia Proto, Anna Rossi, Mario Valente, Lia Zecca

Il Tao non fa nulla
e tuttavia non vie è nulla
che non sia fatto

Lao Tsu

 

L’uomo che si ritiene superiore,
inferiore o anche uguale a un altro
non capisce la realtà

Sutra Buddhista

Anna

Sono arrivata al giorno della partenza “imbottigliata”, irrequieta, appesantita dai ritmi e dagli impegni quotidiani. Con la sensazione di non essere a casa da nessuna parte. […]

Durante il primo allenamento ho cominciato a rompere il ghiaccio. Complice Vito. Ci siamo allenati in coppie e io ho scelto lui. Le sue buffe proteste per la fatica, i suoi incitamenti mai troppo convincenti, gli escamotage con i quali cercava di eseguire gli esercizi nel modo meno gravoso possibile, mi sono stati di grande aiuto. La sua spontaneità, la sua immediatezza, il suo mostrarsi senza imbarazzo in difficoltà mi hanno regalato la libertà di esporre le mie di debolezze, le mie di fatiche. Non drammatizzando. Ridendoci sopra. Accettando di non potere fare sempre tutto bene. Limitandomi a mettercela tutta. Fino a quando ce la si fa. È stato un allenamento duro in clima di leggerezza. Una combinazione perfetta. E man mano che il corpo protestava per il duro sforzo, man mano che la protesta diventava spunto per una condivisione giocosa con l’altro, cominciavo a risentirmi a casa.

[…] L’escursione. Una di quelle cose che amo tanto fare, fosse solo per il sentire il rumore della terra che si sfalda sotto i piedi e il profumo della vegetazione che sale su per le narici. Destinazione Grotta Profunnata. Diversamente da come il nome lascerebbe intendere il sentiero è stato decisamente in salita. Mentre procedevo, specie nei tratti più scoscesi, la ferma determinazione (e annessa sicurezza) di arrivare a destinazione scricchiolava sotto la tentazione di mollare. E mentre il conflitto tra queste alternative occupava la mia mente, io continuavo a camminare. Passo dopo passo, semplicemente camminavo. Ero attenta a quello che stava avvenendo nella mia mente, curiosa di come si sarebbe evoluta quella disputa, e contemporaneamente sintonizzata su un ritmo diverso. Quello del corpo. Quello scandito da un piede dopo l’altro. Quello su cui il voler raggiungere la meta a tutti i costi o il voler arrendersi non avevano il potere di intervenire. […] È stata dura. Un’esperienza che, quando senti il corpo urlare per la fatica, ti auguri di non dover più ripetere ma di cui, subito dopo, quando la hai vissuta e ti rendi conto di esserne uscito vivo, senti la nostalgia. Che desideri poter rivivere. Come se di quella fatica il corpo conservasse una memoria gradevole, vitalizzante.

Infine l’incontro con lei. La cascata. Bella, fiera, viva. Salda nel suo incessante moto. Giampaolo ci ha spiegato cosa avremmo dovuto fare. Il primo a incontrarla è stato lui. E dopo di lui i ragazzi, fino a quando non è stato il mio turno. Ho urlato forte, come Giampaolo ci aveva detto di fare. Ho provato a farlo come quando sono sola e certa che non mi stia ascoltando nessuno. Ho provato a far sì che la mia voce potesse esprimere la più ampia varietà delle cose che ho dentro. E poi, in un attimo, non ho sentito più nulla. La mia voce si era improvvisamente arrestata, e con lei tutto il resto. Ci stava solo lo scorrere dell’acqua sulla mia testa, il suo suono, la sua forza. È stato come entrare in uno stato di calma profonda. Totale. Mi sono sentita come una bambina che smette immediatamente di piangere non appena incontra l’abbraccio di un genitore. E ci si perde dentro. E diventa quell’abbraccio. Sotto quella cascata mi sentivo al sicuro. Con me, ma in un modo diverso. Più “esteso”. Un “me” di cui il confine non era così definito. E anche dopo, quella sensazione di calma ha continuato ad accompagnarmi. Si è trasformata in serenità. Gioia. Vitalità. È stata un’esperienza meravigliosa.

Senerchia mi ha consentito di re-incontrarmi e di incontrare gli altri. Di vedere le loro diversità e allo stesso tempo percepire la nostra straordinaria similarità. È stato bello stare con loro. Sentire di essere un gruppo in cui ognuno, facendo qualcosa per sé, vedeva l’altro come risorsa e non come minaccia. E allo stesso tempo si rendeva risorsa per l’altro. In uno scambio straordinariamente reciproco.

E tornata a casa, appena aperta la porta, mi sono sentita felice. Mi ci sono ritrovata tra quelle mura. Sono stata felice di riabbracciare i miei affetti con presenza. Sentendomi e sentendoli.

Soprattutto sono tornata piena di gratitudine per quello che ho vissuto, sperimentato e condiviso. Per quello che ho lasciato lì, dentro la cascata, e che, allo stesso tempo e nello stesso luogo, ho ritrovato.

Anna Maria

[…] La creatività di Spock non ha limiti, anche quest’anno ha modificato l’allenamento funzionale: dobbiamo di nuovo affrontare numerosi esercizi ad elevata intensità ma questa volta in coppia. Capito con Mario, un lungo sguardo d’intesa e complicità ci unisce: ce la faremo a reggere lo sforzo nei duri tempi scanditi dal fischietto di Spock?? Ad ogni esercizio avverto dolore e scarsa resistenza, mi sconforto, ma la presenza di Mario è incoraggiante, ha uno sguardo cosi benevolo, non mi critica, non mi incita a fare di più, semplicemente è presente e condivide con me la fatica. Il nostro corpo diventa un potente strumento di incontro e cooperazione. Ci sentiamo indubbiamente “nella stessa barca” e la piacevole sensazione che “ce la faremo insieme” a completare il circuito mi aiuta a resistere, forse siamo in dei momenti goffi e maldestri ma in forte sintonia.

E subito dopo il gioco: Spock ci divide in due squadre e ci fa sfidare al tiro alla fune: apparentemente sembra un gioco divertente e semplice ma quando inizia la sfida mi accorgo di quanta tecnica e forza richieda per vincere. L’unione con i membri della mia squadra mi aiuta a resistere e a combattere, cado, urlo, mi ferisco al braccio ma non mollo. Più tardi nel corso della giornata guarderò quei segni sul braccio con grande soddisfazione, ho lottato per uno scopo comune!! Per affinare la disciplina interiore mi ricorderò non solo il potere che il corpo ha sulla mente ma anche come la piacevole condivisione dello sforzo fisico prima in coppia e poi in gruppo mi ha aiutato a resistere e a superare i limiti. Quest’anno prima di arrivare alla cascata Spock ci propone la Grotta Profunnata, un percorso completamento immerso nella natura incontaminata dove regna un’assoluta pace e tranquillità. Il sentiero è davvero ripido ed estremamente faticoso. Inizio a salire fiduciosa che ce la farò ma dopo un po’ mi accorgo che sono lenta e resto indietro rispetto ad alcuni colleghi che sembrano sostenere la fatica con minore sforzo. All’improvviso mi inquieto, si introduce nella mia mente l’immagine di me giovanile, sportiva, resistente, vincente. Mi fermo e mi sconforto, da troppo tempo ho trascurato il mio corpo e ora devo fare i conti con la spiacevole sensazione di non farcela come vorrei. Poi mi volto e osservo altri colleghi che sono dietro di me, mi soffermo sulla loro espressione di fatica, alcuni si sono procurati un bastone, altri si sono seduti per riprendere energia, altri ancora cantano per incoraggiarsi. Chiudo gli occhi, respiro profondamente e lentamente per pacificare la mente cosi come mi ha insegnato Spock, avverto forte l’odore della natura e sento risuonare le battute simpatiche dei colleghi che rimandano ad una condivisione giocosa e divertente dello sforzo che mi aiuta a smorzare le mie sensazioni spiacevoli. Piano piano quel pensiero così esigente e perentorio rimane sullo sfondo fino a scomparire, non mi inquieta più, non è una gara, non c’è chi vince e chi perde, chi è superiore o inferiore, ognuno fa il suo percorso misurandosi con i suoi limiti e le sue risorse. Provo una sensazione di sollievo e conforto. Grazie Gruppo, ognuno di voi con le vostre unicità, siete una forza e una risorsa. Anche la discesa presenta qualche difficoltà a causa del declivio, non c’è spazio per i pensieri, l’attenzione è tutta focalizzata su dove “mettere i piedi”, basta un attimo di distrazione per scivolare. All’improvviso sento Spock che mi chiama e in breve mi raggiunge, conosce la mia irruenza e avrà avuto paura che come un birillo sarei cascata trascinandomi giù per la montagna anche altri colleghi!!! All’improvviso mi sento come quando da bambina mi sgridavano e mi facevano sentire inadeguata e sbagliata perché la mia vivacità ed esuberanza, affaticava e preoccupava i miei genitori. Ma Spock non mi sgrida, con la sua calma zen ed un sorriso benevolo voleva semplicemente mostrarmi tecnicamente come affrontare la discesa senza farsi male!! Mi spiega e si allontana fidandosi che avrei saputo applicare i suoi consigli e lasciandomi la piacevole sensazione di poter essere “accudita” senza sentirmi fragile e vulnerabile. Grazie Giampaolo, per essere una Guida e un Esempio di Disciplina Interiore. E poi anche quest’anno la prova della cascata che ogni volta mi lascia senza respiro, frastornata e affascinata dalla forza pulsante dell’acqua che mi rimbomba dentro trasferendomi un’energia vivace e propositiva. Movimento, dinamicità, potenza, forza, tutto lì è come “immobile” a disposizione per essere immortalato dai sensi. Grazie Natura, per la tua misteriosa forza e bellezza. Non ci sono pensieri ma solo sensazioni e azione. Mi avvicino alla cascata senza paura e questa volta resto qualche minuto in più sotto il getto irruento dell’acqua che sembra trasferirmi tutta la sua forza e potenza. Noto alcuni turisti che si soffermano sul ponticello ad osservarci meravigliati dal nostro coraggio e sono orgogliosa di aver superato anche quest’anno la sfida, mi sento più salda e resistente.

Senerchia è un percorso esperenziale sempre in divenire, dinamico e mutevole, stimola un sistema motivazionale caratterizzato da aiuto, cooperazione, condivisione, intimità e compassione che conduce ad una migliore regolazione emotiva e affina sempre di piu la capacità di “essere un spettatore benevolo di se stesso e delle proprie aree di vulnerabilità”.

Antonella

[…] Ci raggiungono tutti…tra saluti, baci e presentazioni ho già la sensazione di essere in una grande famiglia. Ci sistemiamo velocemente nelle rispettive stanze per poter cominciare subito con la prima sessione di allenamento. Sono in coppia con Ivana…provo ad impegnarmi, ma dopo la prima serie comincio a sentire la fatica. Escogito strategie per sentire meno la stanchezza dell’ultima serie di ogni esercizio, ma la precisione e la costanza di Ivana mi spronano ad insistere e a completare con responsabilità il mio allenamento, superando i limiti fisici e mentali del mio corpo.

Arriva il primo momento di relax ed eccoci riunite piacevolmente sotto il portico in un piccolo gruppo, dove nonostante le new entry sembriamo vecchie amiche, che tra aneddoti e consigli, si ritrovano lì a raccontarsi.

Segue il pranzo e quel clima di distensione e familiarità prosegue, tra racconti, condivisioni e risate.

Ricomincia il lavoro con la Supervisione ed il confronto sui casi e poi ancora l’allenamento che improvvisamente diviene gioco…è come essere catapultati in una dimensione “altra”, priva di giudizio, dove ognuno può esprimere sé stesso nella percezione più autentica ed ecco che ci divertiamo, ci conosciamo più a fondo, svaniscono i pensieri e siamo pervasi da una sensazione di “leggerezza”. Senza accorgerci dello scorrere del tempo, viviamo sensazioni ed emozioni uniche che ci conducono sino a tarda sera.

[…] Giunti alla cascata dell’oasi non ho più il desiderio di fare il bagno, eppure lei è lì, maestosa ed imponente come l’avevo lasciata l’anno prima. Giampaolo si accorge che qualcosa non va ed è solo grazie alla sua insistenza, al suo supporto e all’incoraggiamento dei miei compagni di viaggio che riesco a lasciarmi andare…sono proprio sotto la cascata, lì dove avrei voluto essere sin dal primo momento in cui ho deciso di partecipare al seminario ed è quella esperienza di contatto profondo che in un baleno cambia il mio stato mentale ed emotivo, mi sento libera, sollevata da un grande peso, fiera di essere lì e felice di condividere quel momento con il gruppo… ora tutto ha un sapore diverso, ritrovo la mia serenità e i pensieri brutti sono lontani da me.

Gerardina

[…] La mattina della partenza come sempre la luce del sole mi sveglia, mi alzo quasi subito e inizio a prepararmi, cerco di mettere nello zaino le cose essenziali in modo che non pesi troppo, durante queste azioni però mi accorgo che a pesare non è tanto lo zaino che ho preparato ma di nuovo quella strana sensazione, quello strano disagio, quella angoscia che mi soffoca e che mi ricorda: “mi raccomando dai una bella immagine di te” ma allo stesso tempo, “cerca di non fare la solita narcisa”. Mi sento in trappola. Il mio unico desiderio è che svanisca tutta questa architettura […], cerco di ignorarla e di concentrarmi sul qui e ora; a tratti ci riesco, ma con grande fatica. […] Arrivati a Senerchia conosco gli altri e sui loro volti vedo sorrisi e nei loro gesti spontaneità e leggerezza, questo mi rasserena, finalmente sento me e soprattutto inizio a sentire loro.

Iniziamo con i circuiti di Giampaolo, sono in coppia con Mariagrazia, la compagna per me ideale, simpatica e con il mio stesso obbiettivo: far in modo di non morire durante gli esercizi che tradotto è “fare il meno possibile”. Nonostante ciò ci motiviamo e proviamo noi stesse, fino all’ultimo esercizio dove escogitiamo una nuova variante.

Mi sento dentro la situazione, inizio a sentirmi libera, mi sento in contatto con gli altri.

Durante le supervisioni capisco che quello che provo durante le sedute e la mia sensazione di sbagliare è comune ad altre ragazze, e per la prima volta riconosco che è una condizione normale e non sinonimo di ignoranza o poca intelligenza. Ivana porta con sé una registrazione e sento tutta la sua agitazione poco prima di farcela ascoltare, anche lei forse come me o come qualche altra teme il giudizio, ma il suo coraggio mi colpisce, mi trasferisce forza. La sua voglia di crescita professionale supera e oltrepassa il giudizio, Ivana ce l’ha fatta e la ringrazio perché ha aperto un varco nella mia mente.

Durante i giochi di Senerchia mi sono rivista bambina, ma non quella bambina pesante, che mi porto dietro, ma la bambina che avrei voluto essere, la bambina che si basta e che non ha paura.

Il bagno sotto la cascata è stata una grande esperienza, una grande gioia di aver superato i miei limiti, da sola non lo avrei fatto. Stessa cosa vale per il percorso fatto in montagna. Molto significativo per me è stato ascoltare i racconti di Tinì su Giampaolo sono stata contenta di condividere i ricordi insieme e avvicinarmi al mondo di ognuno di voi. Sono contenta di essere riuscita a stare con voi liberamente e a sentirvi perché attraverso voi ho sentito me. Le ultime immagini del viaggio a Senerchia sono riferite all’immagine di Nicoletta che mi abbraccia, in quell’abbraccio ho sentito la completezza di questa esperienza, e le parole di Giampaolo che mi risuonano e mi guidano nell’affrontare i miei limiti. Grazie a tutti.

Ivana

L’esperienza di Senerchia è cascata a fagiolo, desideravo tantissimo staccare la spina per qualche giorno dalla routine quotidiana. Nelle ultime settimane avevo completamente esaurito le energie fisiche e mentali e terminavo le mie sedute con la costante sensazione di essere una persona terribile, che si fa pagare per fare 50 minuti di chiacchiere da bar… Sentivo quindi la necessità di diventare una spugna e assorbire tutto ciò che Giampaolo avesse da insegnarci portando con me uno zaino carico di doverizzazioni che riguardavano il rispetto scrupoloso del programma, la massima attenzione durante le supervisioni e il massimo impegno durante gli allenamenti…non vi dico quindi il “lieve” moto di ansia e rabbia al passaggio della transumanza che ci rallentava sulla tabella di marcia….Appena raggiunta villa tini però è accaduto qualcosa di magico: il verde, il rumore degli uccelli, l’aria fresca e pulita che respiravo, le montagne intorno, la quiete di quel paesaggio hanno regolato il mio stato mentale, la mia impazienza…In quel momento mi è tornata in mente la spensieratezza e la felicità di quando da bambina d’estate raggiungevo nuovi luoghi di villeggiatura, che per me erano sempre belli, perché rappresentavano l’opportunità di fare nuove amicizie e divertenti esperienze di condivisione…e l’ho riprovata, quella sensazione di leggerezza, libertà, felicità, l ho ritoccata con mano ed è rimasta con me, è ancora qui…!

Suonerà strano detto da me, che dall’esterno posso dare l’impressione di essere troppo seriosa e distaccata, ma quando Giampaolo ci ha chiesto di rievocare il momento più significativo di quest’esperienza, mi è venuto in mente il rumore delle risate, le risate di tutti noi a tavola sabato sera, il dolore delle mie mandibole, forse non abituate a ridere così tanto.

Guardo con piacere i lividi sulla coscia per uno scontro con Anna S. durante il ruba bandiera, sorrido al pensiero della corsa nel prato stile Heidi con Manu, Vito e Gerardina. La libertà di poter zompettare, giocare, urlare, imitare il verso di un Orangotango nella foresta e non dovermi dire “ma ce li hai 30 anni?” La consapevolezza che per quanto possiamo sembrare caratterialmente diversissimi abbiamo paure e fragilità che ci accomunano e ciò mi ha permesso di sentirmi profondamente connessa con tutti…

Ringrazio Annamaria per avermi “costretta” ad espormi durante la supervisione, non so se spontaneamente l’avrei fatto; il desiderio c’era, ma la vergogna e la paura di essere considerata la terapeuta più scema del mondo era più forte…dopo un attimo di derealizzazione iniziale ho sentito il calore da parte di tutti voi e la percezione di minaccia ha lasciato spazio ad un’emozione piacevole di libertà e tranquillità. Grazie veramente tanto!

Katia

[…] Tre mesi ad immaginarmi un po’ più attiva nella mia dimensione fisica, meno invadente e tirannica negli spazi degli altri, meno aggressiva negli interventi, ripetendo tra me e me che gli altri mi avrebbero “visto” lo stesso anche senza voler apparire a tutti i costi “speciale”. Da qui la decisione di non portare la chitarra, di non truccarmi, di lasciar perdere tutto quell’insieme di strumenti seduttivi che mi porto dietro da una vita per essere in qualche modo “guardata” e perché no…diciamolo amata. Ero fiduciosa che quello poteva esser un buon momento per sentirsi bene nella normalità, nella sobrietà che non mi appartiene ma che manca nella mia vita. E così è stato. […]

C’è lui e la sua amata cascata. L’unica persona al mondo in grado di farmi sentire al sicuro anche quando mi bacchetta. L’unico in grado di farmi camminare per chilometri su sentieri improbabili senza protestare, l’unico in grado di tirarmi fuori dal peso schiacciante dell’acqua e l’unico in grado di farmici ritornare senza esitazione. L’unica persona che riesce a restare “stabile” nella mia esperienza senza oscillazioni destabilizzanti.

Il finale di questa “apertura” dedicata a tutti voi è la foto del papà di Giampaolo in bianco e nero, che sicuro passeggia con i suoi libri sotto il braccio, ancora con la voglia di conoscere e di guardarsi intorno con curiosità, senza il peso della gara, ma solo per il piacere di vivere il momento.

Grazie di cuore anche a lui.

Lia

Questi giorni li ho aspettati. Con entusiasmo, curiosità e trepidazione. Come si aspetta una gita al liceo. Come si freme quando si scarta un regalo atteso. Era questo che mi portavo dentro quando sabato mattina, piuttosto presto, mi sono messa in auto per raggiungere Senerchia. Ero desiderosa da molto di partecipare al seminario. E il mio desiderio era cresciuto di pari passo con le sensazioni, anch’esse sempre più intense, di intimità e condivisione, di partecipazione e accettazione che sentivo nel mio gruppo di supervisione. In più avrei condiviso questi giorni con persone nuove ed altre che, pur essendomi in qualche modo familiari, avevo il desiderio di conoscere meglio. E poi c’era Anna Maria. La mia compagna. Di esplorazioni. Di riflessioni. Di scambi intimi e profondi, a volte surreali e divertenti. Di lavoro e di vita insieme. Tutto questo avevo nella mente quando guidavo sabato mattina. La prima tappa mi ha condotta da Anna Maria. Poi, pian piano, il gruppo è cresciuto. Volti conosciuti, voci nuove, occhi curiosi, risate e chiacchiere. E siamo arrivati a

Senerchia. Difficile descrivere appieno la sensazione che ho provato. Un luogo familiare per me. Ma che familiare non lo era più. Vissuto insieme a persone nuove, a compagni del mio secondo pezzo di vita. Attraversiamo, infreddoliti, Senerchia e le sue macerie. Impossibile per me non ricordare. Impedire alla mia mente di andare, anche solo per un attimo, al mio ricordo di queste macerie. Angoscia e desolazione, che durano solo per un attimo. I miei compagni, il presente, mi riportano a terra. E arriviamo a quello che sarà il nostro posto, la nostra casa per i prossimi due giorni. Dobbiamo cambiarci d’abito per iniziare l’allenamento. Questa semplice richiesta è per me l’innesco di un vissuto spiacevole. Nella mia mente si insinuano, furtive, stupidamente e ingenuamente inaspettate, preoccupazione, imbarazzo e vergogna. Per un corpo che in questo momento sento che non mi appartiene. Che non è il mio. Che non mi piace. Goffaggine, inadeguatezza, a volte disgusto sono la scia che la rappresentazione del mio corpo si porta dietro. E il dover indossare vestiti diversi ha fatto venire tutto questo fuori. Come il vaso di

Pandora. Ma fortunatamente il volume emotivo è basso. Faccio un po’ di fatica ma riesco a mettere il coperchio. E scendo giù. Vederci tutti insieme, divertiti e incuriositi, ascoltare le istruzioni di Giampaolo mi aiuta a ricompattarmi. Mi riapproprio del mio senso di questa esperienza. Anche la fatica mi aiuta. Mi aiuta vedere sui visi dei miei compagni lo stesso sudore, sentire le stesse esclamazioni mi fa sentire meno diversa. Più dentro. Il tempo scorre veloce. Arriva il pomeriggio. E con il pomeriggio il gioco del rubabandiera. Torno bambina. Circondata da tanti compagni di giochi. E mi sono sentita dentro il gruppo. Tutti insieme. Diversi eppure sulla stessa lunghezza d’onda. Sintonizzati. E questo confortante vissuto, peraltro il tema, il filo conduttore di questa esperienza, me lo sono portato dietro e dentro fino a sera. E poi arriva la mattina. Sveglia presto. Le gambe dolenti e i leggings stretti mi riportano, come un pugno in faccia arrivato all’improvviso, la vergogna per il mio corpo inadeguato. Stavolta è più difficile abbassare il volume. Arranco. Come arranco sulla salita ripida che ci porta alla grotta profunnata sulla quale ci siamo tutti inerpicati. E maledico le scarpe che ho indossato, che mi fanno sentire come chiodi ogni sassolino che calpesto. E maledico me. Che in quel momento sono tutto ciò che non vorrei. E mi sento diversa. Sbagliata. Goffa. Inappropriata e incapace. E vedo tutti diversi. Tutti migliori di me. Faccio una gran fatica a fare i conti con tutti i pensieri e le emozioni dolorose che invadono la mia mente. Ma, ancora una volta, proprio la fatica mi aiuta. L’impegno fisico mi assorbe. E mi regola. Resisto. Non mollo. E questo mi piace. Ci incamminiamo verso la cascata. E quello che c’è attorno a me riempie i miei occhi e la mia mente. Mi lascio invadere dal mondo. E non c’è più spazio per i miei pensieri e per le mie emozioni dolorose. Raggiungiamo il posto dove tutti volevamo arrivare. La vista della cascata mi elettrizza. Adoro l’acqua. E questo posto è un po’ speciale per me. Faccio quasi fatica ad ascoltare le istruzioni di Giampaolo. Fremo. E infatti sono una delle prime a lasciarsi avvolgere dall’acqua. Questa constatazione mi sorprende. Io non sono mai la prima. Temo sempre di essere inopportuna o inadeguata e lascio sempre spazio agli altri. Ma c’è la cascata. E io voglio andarle incontro. E in quel momento ritorna. Ritorna la sensazione di sintonia. Siamo tanti. Ma tutti insieme. Tutti sulla stessa lunghezza d’onda. E dopo sono in pace. In pace anche un po’ con me.

Manuela

[…] Un’abbuffata di crescita professionale, cibo fatto di intersoggettività e scambi intimi. La stavo aspettando da settimane. […] Il lavoro clinico, la condivisione, mi fanno sentire a casa, non mi atterrisce sbagliare, mi sento accolta, non mi giudico impreparata come sempre ma resto lì come farebbe un bambino desideroso di imparare l’alfabeto, ho desiderio di imparare a parlare, mi nutro di notizie, utili quando sarò da sola tra le 4 mura.

[…] La Cascata. È come un fulmine (mi attrae ma mi spaventa) è come il mare agitato (lo amo ma mi atterrisce). Sì è lei il mio limite, ho paura ma ci voglio provare e sapere che c’è GP è come sentirsi al sicuro tra le braccia di una madre. Il gruppo mi incoraggia come i compagni di una squadra di calcio quando stai per segnare un rigore e poi il silenzio, non mi importa bagnare il corpo, non mi importa contare i secondi, non mi preoccupa la temperatura per me la sfida non è la cascata ma me stessa e i miei limiti…Ero felice all’improvviso, sentivo le estremità delle dita delle mani solleticarmi, ero leggera, purificata da quei limiti cognitivi, ero una bambina felice, ho riso, corso con gli altri, ho fatto silenzio, ho ascoltato il vento e quella quiete interna che raramente vivo. Ero in pace e questa emozione mi ha accompagnato per il resto del tempo e ancora dopo qualche giorno.

Mariagrazia

Senerchia 2018…”se ho paura scappo” […]. Arrivo a Salerno, abbracci e nuove presentazioni, ma sento di essere chiusa nel mio mondo, ferma e trincerata in tutto quello che mi addolora. Siamo in macchina, resto silenziosa, quasi mi assento, di tanto in tanto, incrocio lo sguardo sorridente di Anna, perfetta sconosciuta che penserà di me che sono ombrosa, una specie di asociale fredda e distaccata. Evito di pensare e sposto la mia attenzione sul finestrino, cercando di orientarmi in luoghi che mi allontanano pericolosamente dai miei riferimenti.

[…] Tutti in giardino, formiamo un cerchio e scegliamo con chi fare coppia per l’allenamento, mi giro verso la mia sinistra e trovo Gerardina, più o meno la mia stessa statura, porta gli occhiali e questo mi fa desumere che poi tanto sportiva neanche lei lo sia…è subito sintonia. Il tempo scorre e gli aneddoti di Tinì allietano il nostro pranzo, immagino lei e Giampaolo piccolini e provo tanta tenerezza e dolcezza, peccato che il lavoro ci rimetta in riga. Ascoltiamo una seduta di Giampaolo. È sempre lui a fare da apripista per aiutarci a sospendere il giudizio verso noi stessi e condividere con gli altri. Il paziente è uno di quelli che farebbe irritare anche un Santo, uno di quelli a cui vorresti urlare “hey bello, mica ti ho obbligato io a venire!!!”, ma dopo fastidiosissime strategie di coping attivate al massimo volume, lascia intravedere la sua sofferenza e il suo senso di inadeguatezza che automaticamente crea connessione con tutti noi all’ascolto.

[…] La cascata accoglie ognuno di noi, è come un padre forte, non parla ma ti stringe a sé con amore. E’ lì per te, lo senti e lo ami con tutta te stessa!!!

Prima di andar via porto in supervisione un caso, è uno di quegli imperativi da cui vorrei tanto scappare ma poi mi espongo, il senso di inefficacia mi inonda tumultuosamente, i dubbi su quello che voglio fare ed essere prendono il sopravvento…sento il sovraccarico ma anche la spinta a trovare una dimensione sana con me stessa. Sento di volermi bene e questo è quello che davvero conta.

Grazie Senerchia perché dai e non togli nulla, grazie a tutti voi in quanto senza non ci sarei riuscita!!!

Mario

La mia Senerchia è stata la continua misura di una distanza. La distanza tra me e il gruppo, la distanza dalla grotta, la distanza dalla mia vita emotiva, la distanza tra quello che sento e quello che vorrei dire o fare. La vicinanza è stata in ogni momento il più grande desiderio e la più grande frustrazione. Non ho conosciuto abbastanza voi tutti, non ho riconosciuto sempre me stesso e anche la grotta non è stata una meta raggiunta. Che grande frustrazione sentire il corpo cedere alla fatica durante gli esercizi e altrettanta ne ho provata quando a cedere è stata la voglia di curare la distanza. Senerchia è un’esperienza totalizzante, complessa che mi ha insegnato ad accettare gli stessi limiti che abitano le nostre sedute senza perdere la sintonia soprattutto con noi stessi.

Nicoletta

La sveglia suona di consueto, come ogni mattina, mentre sono irrimediabilmente già attiva…sono mesi in realtà che non dormo ho imparato a sostenere in silenzio la fatica degli ultimi eventi della mia vita; al punto che nemmeno io, come gli altri che ho sempre amato, desidero più vederla…Mentre mi accingo a prepararmi nella scansione pedissequa dei miei consueti gesti, dove tutto risulta al suo posto; gli indumenti ripiegati in borsa per ogni singolo momento, come se dovessi indossarli senza chiedermelo, i vassoi del cibo amorevolmente assemblati da mia madre in tempo utile per non restare fuori dalla mia organizzazione, le borse di Senerchia opportunamente separate, negli anni ripartite anche loro sullo sfondo delle esperienze passate. Un unico pensiero: “Come mi sentirò?” quest’anno forse non ho alcuna aspettativa complice il mio investimento ormai ridotto all’osso. […]

Nella mia mente si affollano pensieri e pesi ad essi correlati…spero semplicemente non arrivino, in realtà so di essere bravissima a schermarmi penso meglio di quanto possa fare anche un mio paziente […] Arriviamo finalmente in villa […]; il tempo di disporci nelle nostre camere e inizia il primo allenamento; un percorso in sequenza questa volta da condividere in coppia, la mia partner è Manu che mi incoraggia, mi sostiene […], le risate di tutti noi mi avvolgono nella consapevole condivisione di sentirci usare il nostro corpo con un’estrema fatica. [Formiamo] due squadre per il tiro alla fune, bambini che si impegnano a dover vincere per forza. Son tornata bambina, a quando mi imponevo di vincere, se non altro per sentire tutta la forza che doveva appartenermi.

Siamo immersi nell’esperienza, pronti per i momenti di supervisione. Giampaolo ci fa ascoltare una seduta di un paziente che sembrerebbe far di tutto per svalutarlo, lui rimane apparentemente calmo, come se i suoi attacchi non lo scalfissero, pronto, attraverso un sottile moto agonistico, a contrastare l’attacco subito; a un certo punto, il paziente, porta una scena dove esprime per un attimo tutta la sua vulnerabilità e riesco all’istante a sintonizzarmi dentro di me con il suo dolore e mi calmo, proprio come lui, che si disciplina e riesce finalmente a sintonizzarsi veramente con il paziente; in un attimo dentro me sento che qui a Senerchia anche le supervisioni cambiano; non riguardano più le singole difficoltà di quel terapeuta con quel paziente, ma di tutti i terapeuti con un paziente che hai incontrato almeno una volta nella vita; anche gli interventi e le riflessioni dei colleghi cambiano. Ti risuonano internamente […]; il peso e la fatica dell’essere terapeuta diventa il peso e la fatica di essere semplicemente tutti vulnerabili, umani, non distanti.

[…] La tanto desiderata Cascata. Ci cambiamo, osservo gli altri che si sono già predisposti, ascolto la voce della nostra dolce Tinì, che ci accompagna come una sorella, si avvicina ai turisti per spiegare il senso del nostro rito. Poi la guardo e mi avvicino. I ragazzi fremono di gioia condivisa, non ho paura urlo ed entro, mi svuoto, ancora una volta. Sembra non mi basti mai.

Sento l’armonia e la gioia che mi avete trasmesso. Siete stati tutti una piacevolissima scoperta, desidererei riviverla esattamente com’è stata con ognuno di voi.

Vito

La cascata è viva, la cascata è vita, la cascata è lì… il fiume è un respiro pacato, costante e presente, il suo tintinnio morbido accarezza il mio animo. La cascata è una minaccia improvvisa, il re di un mondo imponente, nessuno la smuove, pretende rispetto e incute timore. La voce degli altri mi rassicura, mi sento meno solo, ma ciò che desidero è stare da solo. Il richiamo dei flutti è fortissimo, non voglio aspettare, voglio far parte di esso. La cascata è bianca, pura, candida come lo sguardo giocoso di mio figlio, essa è quel che è, fa quel che fa, da sempre e per sempre, questo è il suo fascino e il suo mistero.

Non sono libero, il mio corpo è una gabbia, ma è anche il mio aquilone, mai sarò libero, ma posso esserlo per qualche secondo, come quando appena prima di nascere. Mi avvicino cauto, con deferenza e impazienza, sento, guardo, a fatica seguo le istruzioni di G. Riconosco tutto, le sensazioni mi guidano, il corpo ha ragione. Poi arriva il mio turno, la mano di G., il suo incoraggiante sorriso, ancora un passo, in basso l’acqua mi arriva fin quasi al ginocchio, ma cosa succede sopra di me? Non mi serve la vista, non mi serve più il corpo, non mi serve più nulla. Ecco… non c’è più materia, l’orizzonte degli eventi, il tutto è nulla e può essere tutto, quanto dura l’infinito? Pochi secondi o tutta la vita? Un urlo antico, fuoriesce dalla gola, ma è prodotto da ogni singolo atomo del corpo e da tutto ciò che mi sta attorno, la mia voce è la voce degli altri e di tutto il bosco. Nasce dal tutto e si propaga nel tutto. Ma il peso è troppo per le mie membra stanche, le spalle caduche protestano, non posso a lungo sopportare… cedo il posto, smetto di essere e torna me stesso, con tutti i suoi limiti e le imprecisioni, ma adesso è più forte e più ricco di prima.

Il mattino dopo si torna al grigio, il primo impatto è un impiegato antipatico, ma io gli sorrido, se lui sapesse che cosa ho fatto, avrà visto nei miei occhi la presenza immensa della cascata?

Io ancora la sento, ancora vi sento, come una nuova parte di me…

 

Per saperne di più:

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