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Memoria ed Engram Cells: quando un ricordo chiama l’altro

Un recente studio ha ipotizzato l'esistenza di un nuovo tipo di memoria il cui funzionamento si pone a metà strada tra la memoria a breve e a lungo termine.

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 28 Dic. 2018

La nostra memoria sembra essere stimolata dagli stimoli ambientali al recupero di altri ricordi ed esperienze ad essi collegati, che potremmo anche pensare di aver dimenticato. Non è così! La spiegazione è legata all‘aumento dello stato di eccitabilità delle “engram cells” nel nostro cervello.

 

I ricercatori del Picower Institute for learning and memory del MIT in collaborazione con il Trinity College Institute of Neuroscience hanno messo in luce il processo che consente all’animale di recuperare dalla memoria i dettagli di un contesto già esperito precedentemente tramite la temporanea ma maggiore eccitabilità di specifiche cellule dell’ippocampo, eccitabilità che a sua volta intensifica il recupero mnestico facilitando l’accesso a quelle informazioni già codificate. Questo processo consente all’animale di ottimizzare le capacità di recupero mnestico e adattarsi più efficacemente alle circostanze ambientali.

Supponiamo di stare guidando per tornare a casa in un tardo pomeriggio, davanti a noi scorgiamo in lontananza un bellissimo tramonto che ci ricorda il panorama di un cielo già visto durante le nostre meravigliose vacanze estive avvenute qualche anno prima. L’iniziale richiamo in memoria è all’inizio legato in generale alla vacanza estiva avvenuta in precedenza, tuttavia, a seguito del richiamo stesso della vacanza, quel tramonto potrebbe aver facilitato l’accesso ad ulteriori informazioni e dettagli relativi alla vacanza stessa: in particolare con chi eravamo, quali esperienze abbiamo vissuto, quali sono state le nostre sensazioni, dettagli a cui non abbiamo pensato ma che ora ci ritornano alla mente.

Cosa suscita il meccanismo di ricordi “a catena”?

Il nuovo studio di Pignatelli, Ryan, Roy, Tonegawa e colleghi (2018) del Picower Institute, recentemente pubblicato su Neuron, ha riportato il meccanismo per il quale a partire da un cue ambientale (es. il tramonto durante il viaggio in macchina) si attiva in memoria un primo recupero dell’episodio (es. la vacanza) in cui è stato presente quel cue, recupero che a sua volta favorisce un secondo recupero caratterizzato dalla comparsa di altre più vivide memorie contraddistinte da una più ampia ricchezza di particolari (es. cosa è successo durante quella vacanza).

Questo secondo recupero mnestico, grazie al quale ora sono disponibili in modo più florido altre informazioni, è reso possibile, a parere degli autori dello studio, da un cambiamento temporaneo dell’eccitabilità elettrica di specifiche cellule nel giro dentato dell’ippocampo, dette “engram cells”, un insieme di neuroni che all’unisono e in modo sincrono si attivano per codificare una memoria contestuale, episodica.

Nella ricerca presa in considerazione, l’aumento dello stato di eccitabilità di questi neuroni ippocampali si osservava nel momento in cui il topo veniva reintrodotto nuovamente nel contesto che aveva in precedenza codificato in memoria tramite condizionamento avversivo (es. shock elettrico). La comparsa dello shock nel contesto già appreso nel giorno 1 ha determinato un’eccitazione maggiore delle “engram cells” per circa un’ora il giorno 2, quando il topolino è stato reinserito nello stesso contesto.

Lo specifico cambiamento delle proprietà elettriche di queste cellule, vera evidenza proveniente da questo studio (Pignatelli, Ryan, Roy, Tonegawa et al., 2018), ha dirette implicazioni, con un forte valore evoluzionistico di sopravvivenza, sia nei processi di apprendimento che a livello comportamentale: durante quell’ora in cui l’animale è stato reintrodotto all’interno del contesto già appreso come avversivo, a causa dell’aumentata eccitabilità delle “engram cells”, il topo era in grado di differenziare con più precisione il contesto in cui aveva appreso lo shock, da altri contesti con cue ambientali simili al primo, consentendogli di evitare efficacemente i potenziali pericoli, recentemente appresi tramite shock, e di dirigersi in modo adattivo in quegli ambienti che al contrario non contenevano cue avversivi simili al contesto minaccioso.

La riattivazione di informazioni contestuali specifiche, anche se a breve termine, ha migliorato da una parte la capacità di riconoscimento futuro di specifici cue ambientali in termini di accuratezza, senza alcun tipo di alterazione permanente della natura delle tracce di memoria a lungo termine, e dall’altra la risposta comportamentale, che di conseguenza è risultata immediatamente più appropriata alle circostanze ambientali (Pignatelli, Ryan, Roy, Tonegawa et al., 2018).

Le evidenze ottenute da questo studio consistono principalmente nella scoperta di una nuova tipologia di memoria a breve termine, richiamata alla mente e in una modalità più vivida, situata a metà strada tra quelle a breve termine, che persistono per pochi secondi nella memoria di lavoro, e quelle a lungo termine, e infine determinate dall’aumentato stato di eccitabilità delle “engram cells” a seguito di un cue ambientale.

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