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Futuro+Umano. Quello che l’intelligenza artificiale non potrà mai darci (2018) di Francesco Morace – Recensione del libro

Futuro + umano di Morace offre una riflessione ad ampio spettro sull'uso della tecnologia nelle nostre vite. Ci sta trasformando ma possiamo fare lo stesso

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 30 Nov. 2018

Il futuro sarà più umano? E’ con questa provocatoria domanda che si apre il libro di Morace. Domanda provocatoria perché siamo in un periodo di grande attenzione verso tutto ciò che è intelligenza artificiale, machine learning e tecnologie che emula l’uomo.

 

Un emulatore, in informatica e in senso più generale, è un componente che replica le funzioni di un determinato sistema. Questa domanda, Il futuro sarà più umano? non a caso ha in sé la parola chiave su cui dobbiamo soffermarci: umano.

Futuro + umano: ciò che ci differenza dalle macchine

Morace cerca di fare ordine su una mole di informazioni e potremmo dire anche mode che ci passano veloci sotto gli occhi tutti i giorni: siamo iperinformati e iperstimolati dai mezzi digitali e tecnologie che ormai, pervasivi, fanno parte della nostra vita quotidiana. E l’umano cos’è allora? Dov’è? Come si colloca in questo panorama dove noi stessi sembriamo essere messi in penombra da ciò che, del resto, noi stessi abbiamo creato? Ebbene, è proprio qui che dobbiamo prendere ciò che ci distingue dalle tecnologie e comprendere e valorizzare ciò che di unico c’è nell’uomo: l’affezione, la fragilità, il sentire, il dubbio.

L’intelligenza artificiale è inadeguata e insufficiente poiché può fornire solo l’aspetto funzionale (computazionale) e non il significato. Meaningless, ci dice Morace, perché priva del significato, del senso, che solo l’uomo può dare alle cose. Il pensiero umano produce e si nutre di intuizioni, desideri, speranza, tutte cose che le intelligenze artificiali non possono riprodurre. Nessuna potenza di calcolo, per quanto estesa, può rendere e generare quello che rimarrà sempre appannaggio del genere umano: l’imprevedibilità delle emozioni e del significato.

Secondo l’Autore è il caso di fermarsi un attimo e rimettere al centro l’uomo e la sua natura, con i suoi limiti e specificità uniche al mondo, compresi paure, sogni, pensieri, emozioni. Curiosità, passione, cura per contrastare capriccio, passività e caos. Morace utilizza una sorta di griglia concettuale in cui utilizza queste dimensioni come bussole per orientare la riflessione. Si contrappongono quindi il capriccio alla curiosità, la passività alla passione e il caos alla cura.

L’affermazione del desiderio individuale e l’idea che tutto ci sia dovuto, la sicurezza e la libertà, il benessere economico e il lavoro garantito, la possibilità di essere informati ma anche di esprimersi esternando le proprie pulsioni e convinzioni, in ogni luogo, in ogni momento, porta alla patologica convinzione di essere al centro e di essere il centro del mondo e quindi in pieno diritto di pretendere. Il capriccio è proprio qui, è proprio la risultanza di un desiderio perennemente soddisfatto nell’immediato, un mindstyle, stile di pensiero, in cui l’esperienza è veloce, accessibile, condivisibile. Abbiamo quindi un individuo che diviene ebbro di libertà che dà per scontate, che non hanno limite e che portano a così tante possibilità che conducono a passività e caos. Questa iperscelta porta a un’attitudine passiva che si traduce in voglia di rassicurazione e nel mito della semplificazione, della facilità d’uso, del tutto a disposizione in qualsiasi momento. Morace parla di ‘Google effect’ proprio perché come tanto facile, veloce e immediato è interpellare il motore di ricerca e ottenere una risposta, così con questa modalità ci approcciamo ad altri contesti della vita. Si tratta di un’esperienza superficiale e randomica che porta ad una perdita di riferimenti e di quell’impegno costante e durevole che conduce alla costruzione, alla progettualità a lungo termine pensata e ponderata. Il capriccio tende ad essere individuale ed egocentrico e a perdere di vista la collettività, come se portasse con sé anche richieste identitarie e narcisistiche.

Questo caos viene sostenuto dall’ “infiammazione mediatica”, dall’agenda dei media che punta al sensazionalismo anche questo veloce, che si consuma in fretta. Assistiamo a misinformation e disinformation, una divulgazione di notizie – non ultime le fake news – che hanno il reale obiettivo di aumentare il traffico online. Ecco allora il paradosso: più possiamo sapere e meno sappiamo perché l’essere sempre connessi aumenta l’interattività a discapito dell’approfondimento. L’eccesso informativo (blog, newsletter, forum, …) si traduce in una paralisi del nostro sistema critico, impotente di fronte alla mole di informazioni che contemporaneamente ci bombardano.

Futuro + umano: possiamo iniziare ora

Quello su cui ci invita a riflettere l’Autore è che di fronte a tutto ciò noi non siamo realmente impotenti e inermi ma possiamo reagire con curiosità, passione e cura. Possiamo osservare e farci domande sul nuovo, sull’inaspettato, sull’impensato, sul diverso, prenderci il tempo e la concentrazione per aprirci al dialogo e al confronto. L’ignoto è solo qualcosa che non conosciamo ancora, con cui non ci siamo ancora confrontati.

La passione può trarre diversi spunti dalle nuove tecnologie, favorendo l’espressione del talento personale, soprattutto per le nuove generazioni di nativi digitali che hanno beneficiato fin da subito dei contenuti virtuali e delle tecnologie più avanzate. Pensiamo alle possibilità di condivisione di contenuti grazie ai servizi di sharing in cloud online come Google Drive, di ampliare il proprio panorama relazionale con sistemi di chat come Whatsapp e i social network, o ancora i raffinati software di lavorazione di contenuti fotografici o video, fino ad arrivare a streaming provider come Netflix che si occupano anche di produzione e distribuzione di film e serie. Utenti come “consumAutori”, consapevoli e attivi, e non solo consumatori passivi.
In questo scenario è necessario riappropriarsi delle proprie responsabilità di ascolto ma anche di crescita, dello stare al mondo in mezzo agli altri, del senso delle proprie scelte e dell’orientamento alla riflessione, queste le nuove sfide educative per le generazioni da qui a venire.

Abbiamo a disposizione strumenti e tecnologie sempre più raffinati e potenti, che inglobano sempre di più nelle loro abilità competenze umane, quindi che cosa realmente ci differenzia dalle intelligenze artificiali? Ancora una volta, la risposta che Morace ci suggerisce è proprio lì, a portata di mano, siamo proprio noi. L’umano.

La speranza, la responsabilità, la curiosità. Le macchine non ne sono dotate e non esperiscono le emozioni ad esse legate, come la gioia, cosa che invece fanno gli umani; esse hanno potenza di calcolo e ne avranno sempre di più con conseguenti capacità computazionali e predittive di gran lunga superiori a quelle umane ma non avranno il dubbio. Il porsi domande, quella incredibile dote tutta umana dell’interrogarsi: le macchine non si pongono delle domande e anche se sono molto brave a dare risposte. Non hanno il mix di genetica, ambiente sociale e caso che genera il carattere. Non hanno fiducia e comprensione dell’altro né empatia; mancano di sbalzi d’umore, di percezione e di istinto. Mancano dell’umano.

Abbiamo quindi di fronte uno scenario composito che lascia al futuro diverse strade per esprimersi. Nuove tecnologie e uomo non sono in contrapposizione perché la prima può potenziare il secondo, portando a quelle che Morace chiama soluzioni impreviste. Queste si traducono in quattro paradigmi che, assieme alle qualità dell’umano, possono offrire nuove chiavi di lettura e aiutare a gestire la vita quotidiana e personale di ognuno, oltre a orientare le scelte a livello macro di istituzioni e organizzazioni:

  • valorizzare le realtà locali in un contesto globale (unique&universal)
  • rinnovare principi di etica e sostenibilità delle risorse fondamentali (crucial&sustainable)
  • orientarsi alla condivisione e alle esperienze comuni di sharing economy (trust&sharing)
  • agire non più con velocità, tutto e subito, ma con tempestività, ovvero agire nel momento giusto con una reazione veloce ma allo stesso tempo ponderata, meditata (quick&deep).

Tutti questi elementi messi insieme forniscono una chiave di lettura e concorrono a darci gli spunti per un nuovo modo di stare al mondo.

Un modo consapevole, curioso, appassionato. Un modo che accoglie il nuovo e le nuove tecnologie come un’opportunità per esprimere aspirazioni e passioni.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Morace, F. (2018). Futuro+Umano. Quello che l'intelligenza artificiale non potrà mai darci. Casa Editrice Egea.
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