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Gli effetti della discriminazione razziale su bambini e adolescenti

La discriminazione razziale ha effetti diversi sui bambini a seconda di quanto è forte il proprio senso di identità etnica, che costituisce dunque un importante fattore di protezione rispetto alla possibilità di sviluppare futuri problemi comportamentali (quali ansia, depressione o comportamenti oppositivi).

Di Erica Benedetto

Pubblicato il 09 Nov. 2018

Aggiornato il 08 Mag. 2019 10:04

Un recente studio condotto presso l’Università di Riverside evidenzia il forte impatto che la discriminazione razziale ha sui bambini di 7 anni.

 

In casa, a scuola o al centro di programmi politici, il tema della discriminazione è più attuale che mai. Ma ci siamo mai chiesti quali conseguenze la discriminazione può avere sui bambini?

Precedenti ricerche avevano già messo in risalto il fatto che tale fenomeno possa avere delle conseguenze su bambini al di sotto dei 10 anni e che un forte senso di identità etnico-razziale sia un fattore protettivo contro gli effetti negativi della discriminazione razziale. Altre ricerche, ancora, hanno studiato a lungo le conseguenze che comporta l’essere discriminati in adolescenza; in particolare uno studio ha dimostrato che tra adolescenti di etnia Latina e Afroamericana le conseguenze della discriminazione razziale sono riferibili ad abuso di sostanze, depressione e comportamenti sessuali rischiosi (Kao & Caldwell, 2017).

Discriminazione razziale e bambini: lo studio

L’etnia è, oltre ogni dubbio, un’importante parte dell’identità e dello sviluppo stesso degli individui. Riconoscendo tale importanza, Yates e Marcelo, recentemente hanno indagato l’esperienza della discriminazione razziale in un campione di 172 bambini di 7 anni (86 femmine e 86 maschi). Il 56% del campione era composto da bambini di etnia latina, il 19% afroamericani e il resto multietnici.

I ricercatori hanno dapprima fornito ai partecipanti la seguente definizione di discriminazione razziale:

Discriminare vuol dire maltrattare o non rispettare l’altra persona solamente per il colore della pelle, perché parla una lingua diversa o ha un accento diverso, o perché proviene da un altro paese o un’altra cultura.

Successivamente, è stato chiesto ai bambini se avessero mai percepito di essere stati discriminati per il colore delle pelle, la lingua-madre o per la cultura d’origine (Yates & Marcelo, 2018). Un anno dopo, I ricercatori hanno indagato l’importanza data dai bambini alla propria etnia, i sentimenti maturati verso di essa e quanto il loro comportamento fosse influenzato dalla stessa. Infine, è stata estrapolata l’identità etnico-raziale (ERI) che riflette credenze e attitudini che gli individui hanno circa i propri gruppi etnici.

Ciò che emerso dallo studio è che, tra i bambini con un senso di identità etnica al di sotto della media, l’esperire discriminazione predice un aumento di problemi comportamentali internalizzati ed esternalizzati (ansia, depressione, comportamenti oppositivi). Al contrario, la stessa esperienza non predice suddetti problemi tra i bambini con un’identità etnica fortemente sviluppata (Yates & Marcelo, 2018).

A confermare ciò, la letteratura sul tema ha precedentemente indicato che gli adolescenti con maggior interesse verso la propria cultura d’origine e con un maggior senso di appartenenza al gruppo etnico d’origine dimostrano maggior benessere psicologico e meno effetti negativi sul comportamento rispetto ai coetanei meno informati e connessi al proprio gruppo d’appartenenza (Nuttall & Valentino, 2017).

Conclusioni

Il recente studio di Yates e Marcelo è utile perchè pone l’accento sull’importanza di promuovere e sostenere la conoscenza riguardo il proprio gruppo etnico e il senso di appartenenza sin dai primi anni di vita, per ridurre la discriminazione razziale e i suoi effetti negativi sui bambini.

I genitori dovrebbero sapere che etnicità, razza e cultura sono elementi chiave nella vita di un bambino, per cui parlare con loro della propria etnia e di come viene soggettivamente vissuta è importante, anche ai fini preventivi.

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