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Fai bei sogni (2016) di Marco Bellocchio – Recensione del film

Fai bei sogni (2016) è un film di M. Bellocchio tratto dall'omonimo libro autobiografico di M. Gramellini. Nella storia si scorge tutto il dolore di un bambino alle prese con il lutto della mamma, che andrebbe affrontato tenendo presente alcune fasi.

Di Manuela Agostini

Pubblicato il 07 Set. 2018

Fai bei sogni è il film di Marco Bellocchio uscito nel 2016 che vede protagonista un drammatico Valerio Mastrandrea ed è tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Massimo Gramellini.

 

Non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più.(…) quando un sentimento ricambiato cessa di esserlo, si interrompe brutalmente il flusso di un’energia condivisa. Chi è stato abbandonato si considera assaggiato e sputato come una caramella cattiva. Colpevole di qualcosa d’indefinito.

La storia è quella di Massimo, prima bambino, poi giovane e adulto. Massimo è orfano di madre, una madre giovane, bella e gioiosa, ma che muore di colpo. Massimo farà i conti a 50 anni con questo immenso punto interrogativo, questa perdita inaspettata, che gli compromette vita e rapporti sociali.

Fai bei sogni: un percorso di (non) elaborazione del lutto

Il libro/film Fai bei sogni è un percorso interiore in cui l’autore, scrivendo, fa un’analisi di sé stesso.

La storia evidenzia come sia importante sciogliere i traumi nell’età formativa. In maniera celata e subliminare gira tutto intorno al rapporto con le madri o meglio, al desiderio inconscio di essere accudito di Massimo; essere accudito per ricevere tenerezze mancate e per colmare un senso di vuoto. Ci sono nodi da sciogliere e una verità non detta, che compromette l’elaborazione del lutto.

Il processo di elaborazione del lutto viene è suddiviso in quattro fasi:

1) Negazione

2) Rabbia

3) Depressione

4) Accettazione

Nella prima fase il soggetto manifesta uno stato di calma apparente determinata dalla negazione della realtà, reprime le emozioni; ad un certo punto comincerà a sentire il distacco e l’assenza che lo porteranno alla consapevolezza della perdita e quindi alla fase determinata dalla rabbia.

In questa seconda fase subentra quindi la collera per l’abbandono subito; la rabbia è l’emozione prevalente ed è fondamentale per la ristrutturazione emotiva della persona che ha subito la perdita.

Nella terza fase, sopraggiunge uno stato depressivo, in cui il soggetto si sente svuotato e senza più confini.

L’ultima fase è quella dell’accettazione, in cui si prende atto di qualcosa che non si può modificare, che non si può far altro che accettare.

Fai bei sogni: il lutto per un bambino

L’elaborazione del lutto è difficile nell’adulto, lo è ancor più nel bambino che oltre a dover affrontare queste delicate fasi, lo fa con strumenti ancora immaturi. Come affrontare la perdita di un legame fondamentale allo sviluppo degli strumenti evolutivi necessari all’elaborazione della sua stessa perdita? Se non si è avuto il periodo di accudimento, se non abbiamo avuto il tempo delle carezze e di formare una personalità solida grazie al genitore, come si può metabolizzare il processo?

Non è semplice stabilire il confine tra il dolore “normale” e quello traumatico in quanto questi due processi sono connessi tra loro. Quello che li differenzia dipende da diverse circostanze interne ed esterne.

Tra le circostanze esterne:

  • Il modo in cui la morte è avvenuta
  • Quale tipo di conoscenza ha il bambino rispetto ad essa
  • Se il bambino ha assistito alla morte
  • Il modo in cui gli/le è stata comunicata la notizia
  • La qualità del supporto ricevuto dal piccolo da parte degli adulti

Tra le circostanze interne ci sono:

Lutto nel bambino: come supportarlo

E’ necessario non sottovalutare il dolore del bambino, che per quanto possa essere manifestato in maniera differente da quello dell’adulto, è forte a va sostenuto. L’età del bambino incide sul livello di comprensione della morte, pertanto anche le reazioni potranno essere differenti. Quando in famiglia avviene qualcosa di così traumatico come una morte è impossibile nascondere la realtà o posticipare la sua comunicazione.

Il bambino capisce subito cosa sta succedendo da tutta una serie di segnali:

  • l’espressione del volto dei genitori
  • i cambiamenti nelle abitudini quotidiane della famiglia (dal parlare a bassa voce o interrompersi in loro presenza)
  • l’emotività elevata che costantemente ed inevitabilmente emerge.

E’ importante comunicare la notizia seguendo i seguenti accorgimenti:

  • Utilizzare un linguaggio semplice e comprensibile per il bambino
  • Spiegare anche più volte i fatti
  • Non utilizzare metafore o bugie rispetto all’accaduto nel tentativo di rendere la comunicazione meno dolorosa
  • Usare un linguaggio del corpo in linea con la notizia

L’adulto deve comunicare al bambino tre informazioni fondamentali:

  • Il genitore morto non starà mai più con il bambino
  • Non aveva intenzione di abbandonarlo e lasciarlo solo
  • Non tornerà mai più

Le domande più frequenti da parte dei piccoli riguardano il perché si muore, dove vanno le persone dopo che sono morte, se torneranno, se possono andare a trovarle, se succederà anche a loro, perché è successo.

E’ importante essere sinceri col bambino, dicendo ad esempio che tutti si fanno questo tipo di domande ma che non esiste una risposta, ci sono cose nella vita che non si possono controllare e la morte è una di queste. A seconda delle convinzioni religiose della famiglia si può dire che loro trovano risposta in quello che indica il loro credo. Soprattutto è importante specificare al bambino che niente di quello che ha potuto fare o pensare ha avuto un ruolo nella morte, né avrebbe potuto evitarla.

La verità, elemento chiave nel film Fai bei sogni, elemento chiave per Massimo Gramellini e di certo tantissimi altri bambini come lui, è fondamentale quindi per la corretta metabolizzazione dell’evento.

 

FAI BEI SOGNI – IL TRAILER DEL FILM:

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SCRITTO DA
Manuela Agostini
Manuela Agostini

Dott.ssa in Psicologia della salute clinica e di comunità

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Kast, V. (1996). L’esperienza del distacco: lutto, perdita, abbandono come occasione di trasformazione e crescita. Como: Red Edizioni.
  • Parkes, C. M. (1980). Il lutto. Studi sul cordoglio negli adulti. Milano: Feltrinelli.
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