Si sono susseguite diverse teorie che hanno cercato di spiegare come nasce la nostra motivazione ed è possibile avvalersi di alcune di queste per spiegare cosa spinge un individuo a viaggiare.
“Viaggiare è come innamorarsi: il mondo si fa nuovo” (Jan Myrdal).
Respirare l’aria speziata di Marrakech, rinfrescarsi con una sangria in un caldo pomeriggio a Granada, applaudire al tramonto a Santorini… Qualsiasi sia la ragione che ci spinge a viaggiare sappiamo che amiamo farlo. Che sia una breve gita fuori porta o un viaggio lungo settimane, ogni volta che aggiungiamo una bandierina sulla cartina del mondo abbiamo una storia nuova da raccontare. Da quando iniziamo a pensare alla meta siamo mossi da precise motivazioni, consapevoli o meno, che ci spingono a voler evadere, conoscere, esplorare o rilassarci. È difficile pensare a una motivazione univoca poiché ognuno di noi ha dei precisi bisogni da soddisfare e obiettivi da raggiungere.
Ma da cosa deriva la motivazione a viaggiare?
Sappiamo che ad oggi l’esperienza turistica non è più la stessa: sono cambiati i trend e il viaggio non è più considerato un lusso (Puggelli & Gatti, 2004; Di Nuovo, 2008). Queste modificazioni socioculturali hanno ridefinito anche il comportamento turistico rendendo più interessante lo studio delle scelte del viaggiatore che risultano a questo punto legate ad aspetti ancor più variegati e personali (valori, di stile di vita, ecc.).
Se pensiamo alla motivazione come all’insieme di processi di attivazione e di orientamento del comportamento verso la realizzazione di un determinato scopo (Feldman, 2008) possiamo cominciare a delineare il viaggio come un’attività da compiere al fine del raggiungimento di un obiettivo personale superiore.
Si sono susseguite diverse teorie che hanno cercato di spiegare questo concetto ed è possibile avvalersi di alcune di queste per spiegare cosa spinge un individuo a viaggiare. Pensiamo a un conoscente che ci ha appena raccontato di avere in programma un viaggio in solitaria in una terra estrema o a un amico che ha sempre la valigia pronta.
Zuckerman (1979) farebbe rientrare i casi appena citati nella categoria di soggetti definibili “sensation seekers”. Questo filone facente parte delle teorie dell’arousal secondo le quali ognuno di noi ha livelli di attività e stimolazione sensoriale che non devono scendere sotto una certa soglia, sostiene che alcune categorie di individui hanno bisogno di ricercare sensazioni e stimolazioni sempre nuove, a volte anche correndo rischi fisici per provarle. Questa ricerca di sensazioni è articolata secondo 4 componenti:
- la ricerca di brivido e di avventura
- la ricerca di esperienze nuove
- la tendenza a liberarsi dalle inibizioni
- la suscettibilità alla noia
Oltre la motivazione, i bisogni
Nel momento in cui lo scopo da perseguire può essere considerato in ottica di bisogno subentrano altri approcci che aiutano a comprendere la spinta al viaggio. Secondo Murray (1938) i bisogni sono forze interne che organizzano tutte le attività e il comportamento dell’individuo e possono essere suddivisi in bisogni primari, fisiologici, necessari all’organismo come la fame e la sete, e bisogni secondari che vengono acquisiti mediante le esperienze di apprendimento all’interno del contesto di vita come il bisogno di autonomia o di riuscita. Murray, inoltre, considera insieme ai bisogni anche le pressioni, ossia le situazioni ambientali che scatenano i bisogni dell’individuo. È quindi presente una costante associazione tra pressione ambientale e bisogno per cui un soggetto ricerca la soddisfazione di un bisogno date delle circostanze ambientali.
Se è possibile quindi applicare questo approccio al viaggio è altrettanto possibile dedurre che si può essere motivati a partire perché, ad esempio, ci si trova in un periodo particolarmente stressante e si ha il bisogno di “staccare la spina”. Allo stesso modo, un giovane studente fortemente motivato a imparare una lingua straniera potrebbe scegliere di trascorrere soggiorni all’estero per favorire il suo apprendimento della lingua.
Ma non ci si può limitare a una visione “motivazione – azione – soddisfazione” così lineare e statica. Secondo Maslow (1970; 2010), infatti, i bisogni sono classificati secondo una gerarchia piramidale e affinché i bisogni al vertice possano essere soddisfatti è necessario prima appagare quelli alla base. L’autore pone alla base i bisogni fisiologici (cibo, acqua, ecc..); appena sopra i bisogni di sicurezza (ambiente sicuro); al centro della piramide si trovano i bisogni di appartenenza legati alla necessità di donare e ricevere affetto; il penultimo gradino lo guadagnano i bisogni di stima verso sé stessi e l’apice lo si raggiunge con il bisogno di autorealizzazione inteso come uno stato di appagamento raggiunto dalle persone, ognuna a proprio modo, grazie alla realizzazione del proprio potenziale più alto. Il bisogno che motiva al viaggio, quindi, potrebbe essere collocato nei punti più alti della piramide di Maslow e decide di fare la sua comparsa solo a seguito del raggiungimento di obiettivi più “basali” per il soggetto.
Tuttavia questo non basta a spiegare la voglia di partire che ci fa passare ore alla ricerca di un low-cost con gli orari migliori e l’alloggio più conveniente ma vicino ai luoghi di interesse.
Le teorie a tal proposito sono molto più specifiche e, come sostiene Pearce (1993) prevedono una multidimensionalità che rende la motivazione del turista dinamica, in continua evoluzione, sensibile alle influenze sociali, episodica e orientata al futuro.
A ciascuno la sua motivazione per viaggiare
Qualunque sia la ragione che ci spinge a viaggiare pare che ne esista una che accomuna tutti: la ricerca di una “stimolazione ottimale” (Iso-Ahola, 1982). Analogamente a quanto proposto da Zuckerman l’individuo ambisce a uno stato soggettivo ideale che dipende da tratti e predisposizioni personali e da stimoli ambientali. Dietro il desiderio di viaggiare si nascondo quindi bisogni emotivi del momento troppo personali per qualificare in modo oggettivo la motivazione alla vacanza. Non ci può essere un viaggio uguale per tutti. Il modello bidimensionale dell’autore spiega la ricerca della stimolazione ottimale ponendo la scelta della vacanza su un continuum che va dalla ricerca di posti nuovi, nuove esperienze, all’evitamento di condizioni quali ad esempio lo stress e la routine.
Similmente, secondo Crompton (1979) la stimolazione ottimale si raggiunge in questo modo, anzi, in questi sette modi:
- evadere dal quotidiano percepito ricercando luoghi di vacanza diversi rispetto a quelli quotidiani casa-lavoro
- esplorare sé stessi ricercando nuove occasioni in ambienti non familiari che ci portano a conoscerci meglio
- rilassarsi allentando le tensioni psico-fisiche di tutti i giorni
- ricercare il prestigio nel viaggio come mezzo di promozione sociale
- regredire attuando comportamenti meno razionali (es.: non avere orari, giocare sulla spiaggia) per sganciarsi dalle costrizioni sociali
- spingersi verso le relazioni familiari per rafforzarle anche con attività semplici (es.: giocare a carte) a cui non ci si può dedicare solitamente
- migliorare le relazioni sociali mediante soluzioni turistiche come i villaggi che portano a una disinibizione e favoriscono gli scambi interpersonali
L’autore inoltre ha individuato due forze principali che ci spingono a viaggiare: i fattori di spinta (push) e i fattori di attrazione (pull). I primi sono fattori legati più a scelte socio-psicologiche di tipo emozionale come, ad esempio, il bisogno di relax, di socializzazione, di fare altro e farlo altrove. I secondi, invece, vengono “solleticati” dal bisogno di avventura, di novità e dalla destinazione stessa che quindi deve possedere determinate caratteristiche che vengono vissute come arricchimento personale (ad es.: un viaggio culturale).
Da un viaggiatore “pull” sentiremmo dire che “la parte migliore del viaggio non è la meta ma il percorso per raggiungerla”. Un viaggiatore “push”, invece, difficilmente potrebbe rinunciare al suo braccialetto all inclusive in un resort da sogno che trasuda pace e tranquillità.
A tutti questi aspetti, inoltre, dobbiamo aggiungere una determinante non da poco nella scelta del viaggio: l’età. Le motivazioni turistiche sembrano essere soggette a cambiamenti determinati dalla fascia d’età (Gibson & Yannikis, 2002). Tra i 28 e i 40 anni si può essere più orientati a viaggi studio, culturali e conoscitivi. Tra i 40 e i 50 anni è possibile che il viaggio diventi una sorta di status symbol per dimostrare la posizione sociale raggiunta. Infine, tra i 50 e i 65 anni si potrebbero ricercare più facilmente esperienze di viaggio dal sapore meno avventuroso, in contesti sicuri e il meno stancanti possibile.
Ognuno con la propria ragione, con la miglior compagnia o in solitaria, godendosi il viaggio o sognando la meta, siamo dei piccoli Marco Polo pronti a scrivere il nostro Milione.