Attraverso risonanza magnetica, è stato possibile dimostrare che i bambini affetti da sindrome dell’ X Fragile a livello neurologico presentano una sostanza bianca meno sviluppata rispetto ai bambini che non sviluppano la condizione. Si è mostrato così che ci sono differenze nel cervello, correlate alla sindrome dell’ X Fragile, riscontrabili molto prima di una diagnosi fatta di solito a tre anni.
Per la prima volta, i ricercatori della Scuola di Medicina dell’UNC (University of North Carolina) hanno utilizzato la risonanza magnetica per dimostrare che i bambini affetti da sindrome dell’ X Fragile a livello neurologico presentano una sostanza bianca meno sviluppata rispetto ai bambini che non sviluppano la condizione.
L’imaging di varie sezioni di sostanza bianca da diverse angolazioni può aiutare i ricercatori a concentrarsi sui circuiti cerebrali sottostanti, importanti per la corretta comunicazione neuronale.
Lo studio, pubblicato su JAMA Psychiatry, mostra che ci sono differenze nel cervello, correlate alla sindrome dell’ X Fragile, riscontrabili molto prima di una diagnosi fatta di solito a tre anni.
Finora, gli studi clinici sui farmaci non sono riusciti a dimostrare il cambiamento di trattamento in soggetti con sindrome dell’ X Fragile. Una delle sfide è stata l’identificazione di buone misure di esito del trattamento o di biomarcatori che mostrano risposta all’intervento.
Sindrome dell’ X Fragile: i risvolti dello studio
La sindrome dell’ X Fragile è una malattia genetica rara da ritardo mentale lieve-grave, che può associarsi a disturbi comportamentali e segni fisici caratteristici, ed è la causa ereditaria più comune della disabilità intellettiva nei maschi. I sintomi includono disabilità intellettive, problemi di interazione sociale, linguaggio ritardato, iperattività e comportamenti ripetitivi. Circa un terzo delle persone con sindrome dell’ X Fragile soddisfano i criteri diagnostici per il disturbo dello spettro autistico.
Una delle cose più eccitanti delle nostre scoperte è che le differenze di sostanza bianca che osserviamo potrebbero essere utilizzate come un indicatore obiettivo per l’efficacia del trattamento – ha detto l’autore co-senior Heather C. Hazlett, PhD, assistente professore di psichiatria presso la UNC School of Medicina.
Per questo studio, Swanson, Hazlett e colleghi hanno utilizzato tecniche di imaging cerebrale in 27 bambini ai quali è stato diagnosticato il disturbo dell’X Fragile, e 73 bambini sani. I ricercatori si sono concentrati su 19 tratti di fibre della materia bianca nel cervello. Le fibre sono fasci di assoni mielinizzati – le lunghe parti di neuroni che si estendono attraverso il cervello o in tutto il sistema nervoso. Questi fasci di assoni collegano varie parti del cervello in modo che i neuroni possano comunicare rapidamente tra loro. Questa comunicazione è essenziale, specialmente per il corretto sviluppo neurologico durante l’infanzia.
L’imaging e l’analisi analitica hanno mostrato differenze significative nello sviluppo di 12 dei 19 tratti di fibra nei neonati con sindrome dell’ X Fragile fin da sei mesi di età. I bambini con X Fragile avevano tratti di fibra significativamente meno sviluppati in varie parti del cervello.
Questi risultati confermano ciò che altri ricercatori hanno dimostrato nei roditori: il ruolo essenziale dell’espressione del gene X fragile sullo sviluppo precoce della materia bianca nei bambini – ha detto il primo co-autore Jason Wolff, PhD, ex postdoctoral fellow presso UNC-Chapel Hill e ora assistente professore di Psicologia dell’Educazione presso l’Università del Minnesota – Il nostro lavoro evidenzia che il circuito della materia bianca è un obiettivo potenzialmente promettente e misurabile per l’intervento precoce, tuttavia, il raggiungimento dell’obiettivo dell’intervento infantile per la X Fragile richiederebbe probabilmente sforzi enormi di screening neonatale.