È mancato Gianni Liotti, un amico e un importante esponente nell’ambiente scientifico della terapia cognitivo comportamentale italiana e internazionale.
Sandra Sassaroli, Gabriele Caselli e Giovanni M. Ruggiero
Gianni Liotti fu socio fondatore della SITCC, la Società Italiana di Terapia Cognitiva e Comportamentale, e portò in Italia un modo innovativo e curioso di tentare di mettere in relazione ciò che veniva dalla ricerca evolutiva, dalle neuroscienze, dagli studi sul funzionamento dell’affettività con il mestiere di psicoterapista in un periodo in cui l’unico paradigma psicoterapeutico accettato era quello della psicoanalisi. Questo tentativo d’integrazione è stato il suo codice più costante e innovativo. Leggere e studiare scienza a tutto tondo e integrare ciò che appariva nuovo e interessante con la clinica e con la costruzione del progetto psicoterapeutico.
Dopo la collaborazione iniziale con Vittorio Guidano che fruttò l’importante libro del 1983, Gianni Liotti sviluppò il suo modello di psicoterapia cognitiva evoluzionista, dapprima delineandone le basi teoriche (1994, 2001) e poi elaborando gli aspetti clinici con i suoi collaboratori (Liotti e Farina, 2011; Liotti e Monticelli, 2014). Le idee di Liotti si basavano sugli studi neuroscientifici di Michael Gazzaniga, Michael Tomasello, Daniel J. Siegel e molti altri. Si tratta del modello della mente relazionale, ovvero della mente come entità che prende vita nell’interazione sociale e interpersonale. Questo modello è anche evoluzionista perché teorizza che è nel passato evolutivo che possiamo trovare alcune delle prove che la cognizione nasca e si sviluppi solo nella dimensione interpersonale della coscienza.Tra gli esempi di nascita della mente relazionale che Gianni Liotti amava ricordare, c’era frequentemente quello dell’atto primordiale di indicare la preda. Nella notte dei tempi un Homo Sapiens indicò una preda da cacciare a un suo compagno. Quel complesso atto cognitivo che fu riconoscere un animale, indicarlo al compagno e significare, per mezzo di quell’atto, una complessa azione di caccia, cattura e uccisione di una preda -legata a sua volta a sofisticate intenzioni pratiche, sociali e cognitive, come cucinarla, procurare da mangiare al proprio gruppo, ottenere rispetto e onore nella tribù e così via- avvenne soprattutto attraverso un episodio interpersonale: io che indico a te –amico mio- e ti propongo una cosa da fare assieme. Al di fuori di quella interazione non sarebbe possibile alcuna cognizione e non era e non è possibile l’esistenza di una mente. Come è noto, non sempre eravamo d’accordo con le sue idee cliniche ma ci piace ricordarlo così, mentre ci raccontava questa storia antichissima e piena di poesia.
Giovanni Maria Ruggiero intervista Gianni Liotti per State of Mind nel 2014: