Internet e minori: un connubio attualissimo e inevitabile, un’interazione che può provocare o rinforzare disagi evolutivi, o viceversa essere portatrice di evoluzione e opportunità educative.
Sul complesso rapporto tra minori e tecnologia si è focalizzato il Convegno “Comunicazione e minori” svoltosi lo scorso 9 marzo presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo.
Psicologi e giuristi sono intervenuti delineando rischi e opportunità del Web, sottolineando quanto lo Stato abbia fatto e debba ancora fare, a livello normativo, per tutelare i minori dagli abusi e dalle violenze perpetrate online, e quanto la terapia psicologica possa essere di supporto per minori e famiglie verso la direzione di un uso consapevole degli strumenti tecnologici.
Il mondo virtuale deve essere analizzato sotto il duplice aspetto dei rischi e dei vantaggi che esso arreca ai minori – spiega Concetta Polizzi, ricercatore in Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università degli Studi di Palermo – Se gli effetti deleteri dei media riguardano l’alterazione dello sviluppo affettivo, l’analfabetizzazione emotiva, che si estrinseca in atti di bullismo, e la frammentazione dell’attenzione, un uso adeguato potenzia le abilità cognitive, come la reticolarità del pensiero. Che fare allora per incentivare un uso funzionale dei media e ridurre i rischi di uso maldestro e nocivo? Le linee da seguire riguardano da un lato lo sviluppo di high skills nei minori, come la capacità di autotutela durante la navigazione e la capacità di chiedere aiuto ai genitori in caso di sospetta minaccia, dall’altro un lavoro con i genitori e sulla loro capacità di leggere i bisogni evolutivi del bambino.
Un bambino alla ricerca di risposte identitarie, che ricerca nel web sostegno e riconoscimento, riflesso di un sistema sociale franato nel compito educativo di contenimento e supporto emotivo.
La crisi dell’adolescente di oggi è il riflesso della crisi più generale della società, una società narcisista e individualista, dove crollano i garanti sociali e la figura del padre evapora, come sostiene Recalcati – sottolinea Patrizia Muccioli, Responsabile dell’ambulatorio di psicoterapia dell’età adolescenziale del servizio di Neuropsichiatria infantile dell’ASP di Palermo – Figli del permissivismo educativo e della svalorizzazione del limite, i minori si nutrono del potere della tecnologia, poco tollerando la frustrazione e amplificando l’analfabetismo emotivo, mentre soffrono di una solitudine degli affetti.
Affetti vissuti in maniera disfunzionale, prepotente, poiché la chat è il luogo degli agiti narcisistici, come nel fenomeno del sexting, frutto della sovraesposizione mediatica ed espressione di un corpo snaturato a oggetto di consenso, a cui dare un voto.
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Imm. 1 – Immagine dall’evento “Comunicazione e minori”
La realtà virtuale, quindi, come ambiente da cui rifuggire o piuttosto come mezzo da cui partire per progettare una terapia da sovraesposizione mediatica?
Protezione del minore dai danni di un uso disfunzionale del virtuale, ma altresì promozione di un uso appropriato, moderato, partecipato e consapevole, che miri allo sviluppo di abilità positive, come la reticolarità del pensiero o la sperimentazione creativa di Sé virtuali che non pregiudichino il contatto con la realtà. Protezione, promozione e partecipazione, tre principi su cui si sofferma anche il diritto nei documenti che riguardano il bambino e la sua difesa.Il computer, a dispetto di quanto prima detto, salva il minore da danni maggiori, nella misura in cui, in qualche modo, lo aiuta a costruire una rete sociale, salvando il Suo Sé invisibile, attraverso le amicizie su Facebook, evitando atti definitivi di suicidio – continua Muccioli – Ecco perché la terapia deve allearsi con il PC, a fronte del suo ruolo compensativo di vuoti affettivi, e prevedere altresì metodiche come laboratori creativi, colloqui con i genitori, psicoterapia.
Alla base dei principali documenti a difesa del minore come la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989 vi è sia un’esigenza di tutela, ribadita anche nel rapporto con la TV nel 1996, ma anche di partecipazione del minore alle decisioni che lo riguardano, come le regole sull’accesso a Internet – precisa la professoressa Marcella Di Stefano, Professore Ordinario all’Università degli Studi di Messina – L’obiettivo è attuale: l’educazione partecipata a un corretto utilizzo, ribadita da un recente documento datato Dicembre 2017 e adottato dal Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Una visione con cui lo Stato intende il bambino, di tipo propositiva, non squalificante, consapevole dell’importanza del coinvolgimento del minore nel progetto educativo di utilizzo funzionale dei media; una visione che concepisce la realtà virtuale come realtà da demonizzare o contro cui inveire tout court. Ecco allora strutturarsi un progetto più realistico di adesione a una “realtà vera” in cui il virtuale non può più considerarsi opzionale, ma non per questo deve rischiare di agire in maniera indisciplinata, controllando le vite dei minori e determinando dei danni evolutivi a loro volta difficilmente gestibili nell’arco di vita.