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Incontri per i familiari di pazienti con disturbo borderline di personalità: il programma family connections

Il family connections è un programma che prevede incontri informativi e di supporto per i familiari di pazienti con disturbo borderline.

Di Martina Spelta, Valentina Pozzesi

Pubblicato il 26 Gen. 2018

Aggiornato il 01 Lug. 2019 14:19

Il programma family connections ha primariamente l’obiettivo di aiutare i familiari di pazienti con disturbo borderline a raggiungere il proprio equilibrio interiore e, solo successivamente, di favorire il sostegno psicologico del proprio caro. Il programma è strutturato in 6 moduli che comprendono interventi didattici sul disturbo e strategie basate sulla Dialectical Behavior Therapy standard (DBT; Linehan, 1993) per famiglie.

Martina Spelta, Valentina Pozzesi, OPEN SCHOOL PTCR MILANO

Il disturbo borderline di personalità

Il disturbo borderline di personalità (BPD) è il disturbo di personalità più diffuso e il più studiato; inoltre sono i soggetti con disturbi di personalità che più utilizzano i servizi psicosociali. L’incidenza del disturbo nella popolazione generale è stata stimata tra il 0.7% e il 2% (Hoffman, 2007). La diagnosi di disturbo borderline di personalità (BPD) rivela un disturbo complesso, confuso, gravoso non solo per i pazienti stessi e i professionisti della salute mentale (Hoffman et al., 2005).

L’instabilità emotiva e comportamentale (comportamenti rischiosi e suicidari), la rabbia intensa, i problemi relazionali che presentano i soggetti con Disturbo Borderline di Personalità sono spesso causa di forte sofferenza anche per le persone a loro vicine, quali i familiari, gli amici e i coniugi. In particolare il disturbo borderline di personalità è caratterizzato da difficoltà nella regolazione emotiva che ha un forte impatto sul senso di identità e sulle relazioni interpersonali del soggetto; chi è vicino a persone con disturbo borderline di personalità ne risente molto e, a sua volta, sono le persone che più influenzano l’individuo con il disturbo (Hoffman, 2007).

Si è osservato che i familiari di pazienti con disturbo borderline presentano un livello di distress psicologico più elevato rispetto alla popolazione generale e ai familiari di pazienti con un’altra condizione psichiatrica (Scheirs & Bok, 2007; Hoffman et al., 2005; Berkowitz & Gunderson, 2002; Hoffman & Hooley, 1998). Inoltre, a differenza di altri disturbi psichiatrici per i quali esistevano dei servizi di supporto per i familiari, i familiari di pazienti con disturbo borderline erano spesso trascurati (Glick & Loraas, 2001; Harman & Walso, 2001; Hoffman, Struening, Buteau, Hellman, & Neiditch, 2005). Non erano stati valutati dei programmi standardizzati per alleviare l’impatto di questo disturbo sui familiari di pazienti con disturbo borderline che spesso esperivano depressione, sensazione di lutto, carico familiare, e altri generi di distress (Berkowitz & Gunderson, 2002; Hoffman & Hooley, 1998; Hoffman et al., 2005).

Per questi motivi è stato sviluppato da un team di esperti americani che afferiscono alla NEA.BPD (National Education Alliance for Borderline Personality Disorder), il programma Family Connections (Fruzzetti & Hoffman, 2005). È un intervento evidence based manualizzato gratuito multi-famigliare della durata di 12 incontri settimanali condotto da familiari (o psicoterapeuti) che hanno ricevuto un training specifico con lo scopo di fornire ai partecipanti delle competenze utili al loro benessere e alla comprensione dei comportamenti del loro caro. Gli obiettivi del Family Connections sono (a) fornire le informazioni e le ricerche più recenti sul disturbo borderline (psicoeducazione psicodidattica), (b) insegnare strategie di coping individuali (c) e abilità familiari e (d) offrire l’opportunità di costruire una rete di supporto ai familiari di pazienti con disturbo borderline.

Il fondamento logico del programma family connections a supporto dei familiari di pazienti con disturbo borderline

Il fondamento logico alla base del Family Connections è stato il costrutto chiamato Expressed Emotion (EE, Hooley & Hoffman, 1999, Hoffman & Hooley, 1999) che è stato individuato come “fattore psicosociale di ricaduta” ed è stato l’impulso alla costruzione dei programmi per i disturbi dell’Asse I. Gli studi su EE individuano una correlazione tra la ricaduta del paziente e gli atteggiamenti e le convinzioni dei membri della famiglia sul paziente (Vaughn & Leff, 1976).

Negli studi di famiglia dell’Asse I, l’obiettivo iniziale era quello di abbassare alcune caratteristiche di EE o caratteristiche correlate dell’ambiente familiare che hanno mostrato che influenzano negativamente il corso del disturbo. È stato interessante notare che, quando si usava la stessa metodologia di ricerca con i pazienti disturbo borderline di personalità, i risultati erano contrari a quelli ottenuti per i disturbi di Asse I: più i membri della famiglia erano “emotivamente coinvolti” con il paziente, meglio il paziente stava nel corso di un anno della malattia. È stato significativo questo risultato perché ci dice che “aiutare i membri della famiglia a stare emotivamente con il paziente” può essere importante per il benessere del paziente (Zanarini, 2002). Il programma Family Connections è stato concepito con l’obiettivo di sostenere i membri della famiglia nei loro sforzi per essere emotivamente coinvolti con i loro familiari in modo efficace, per aumentare il proprio benessere e anche avere un effetto positivo sul parente con il disturbo borderline di personalità.

Le basi teoriche del family connections

Il programma Family Connections si basa su due modelli teorici ben noti. Il primo è il modello d Lazarus e Folkman (1984) sulle strategie per far fronte allo stress (strategie di coping) e di adattamento che si concentra sui punti di forza, sulle risorse e sulle capacità di adattamento dell’individuo. Tale modello si basa sull’ipotesi che quando l’individuo incorre in eventi negativi difficili e sfide di vita il suo funzionamento sia interrotto (Mechanic, 1995). Secondo Lazarus e Folkman l’individuo si adatta alla situazione grazie all’uso di strategie cognitive e comportamentali (Lazarus & Folkman, 1984). Applicando questo paradigma, possiamo dire che la malattia del familiare è un fattore di stress per il parente che ne altera la qualità della vita. Questi fattori richiedono l’utilizzo di risorse personali, come le abilità di coping, da parte dei familiari per far fronte alle difficoltà legate al disturbo di cui è affetto il familiare. L’apprendimento e lo sviluppo, quindi, di queste strategie di coping aiutano il membro della famiglia a gestire lo stress presente nell’ambiente familiare (Hoffman, 2007).

Il secondo modello su cui si basa il programma Family Connections è il modello di trattamento della terapia dialettico- comportamentale (DBT). Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia della DBT nel trattamento disturbo borderline di personalità (Linehan, 1993a; Linehan, Heard & Armstrong, 1993; Verheul, Van Den Bosch & Koeter, 2003). Nel programma Family Connections viene spiegata la teoria biosociale eziopatogenetica della DBT, e vengono utilizzate alcune abilità individuali insegnate ai pazienti nella DBT standard (Hoffman, Fruzzetti, & Swenson, 1999), e altre competenze sviluppate specificatamente per i membri della famiglia (Fruzzetti & Hoffman, 2002, Fruzzetti & Fruzzetti, 2003, Fruzzetti, 2006). Inoltre basandosi sulla dialettica dell’accettazione e del cambiamento della DBT, i familiari di pazienti con disturbo borderline acquisiscono competenze che promuovono una visione d’equilibrio tra i loro bisogni, da una parte, e le esigenze della persona cara dall’altra (Fruzzetti, Santiseban & Hoffman, in stampa, Fruzzetti & Iverson, 2006).

Il formato e la struttura di Family Connections sono stati formulati operando una sintesi di diverse modalità di trattamento: (1) i programmi di psicoeducazione familiare, un approccio che esiste da oltre 30 anni con altri disturbi psichiatrici (Anderson, Hogarty & Reiss, 1980); e (2) i programmi di educazione familiare, in particolare il “Family to Family”, creati dalla National Alliance for the Mentally Ill’s (NAMI; Dixon, Lucksted, Stewart, et al. 2004). La psicoeducazione familiare viene condotta da professionisti della salute mentale e prevede la partecipazione dei familiari e, in alcune fasi, anche dei pazienti. Nella seconda categoria di interventi, quella dell’educazione familiare, sono i caregiver a tenere, dopo opportuni training, interventi educativi rivolti unicamente ai conviventi dei pazienti (Martino, 2014).

Il programma Family Connections

Il programma di Family Connections ha primariamente l’obiettivo di aiutare i familiari di pazienti con disturbo borderline a raggiungere il proprio equilibrio interiore e, solo successivamente, di favorire il sostegno psicologico del proprio caro. “Non è egoismo – spiegano gli autori di Family Connections – Proprio come sugli aerei, questo corso aiuta a capire come indossare la maschera per l’ossigeno prima di aiutare gli altri!”.

Il programma è strutturato in 6 moduli che comprendono interventi didattici sul disturbo e strategie basate sulla Dialectical Behavior Therapy standard (DBT; Linehan, 1993) per famiglie. Nel modulo introduttivo viene fornito materiale informativo e le ricerche scientifiche più aggiornate sul disturbo borderline, oltre che essere spiegate le modalità degli incontri.

Nel secondo modulo viene svolta una psicoeducazione sull’eziologia del disturbo, sui trattamenti, sulla comorbilità e viene spiegato cosa si intende per disregolazione emotiva.

Il terzo modulo entra nel vivo della parte pratica-esperienziale: vengono insegnate abilità individuali e relazionali per favorire il benessere emotivo (gestione delle emozioni, mindfulness relazionale, riduzione del giudizio e della reattività alle emozioni negative).

Si prosegue con l’apprendimento di abilità familiari per migliorare la qualità delle relazioni familiari e le interazioni (ridurre i sensi di colpa e la rabbia, skills di accettazione nelle relazioni).

Il quinto modulo è dedicato a come mettere in atto la validazione di sé e degli altri. Nell’ultimo modulo vengono insegnate skills di gestione e soluzione dei problemi (definire accuratamente il problema, problem solving in collaborazione, scegliere in base alla situazione quando usare strategie di accettazione e di cambiamento). Ciascun incontro prevede (I) il riesame delle attività pratiche e degli esercizi dati la volta precedente, (II) la parte teorica e (III) uno spazio conclusivo dedicato alle domande e al confronto.

Come indicato dalle stesse linee guida internazionali (APA, 2001 & NICE, 2009) sul trattamento del disturbo borderline, il trattamento del DBP è possibile solo in un’ottica di approccio integrato che coinvolga anche i familiari di pazienti con disturbo borderline. Attualmente Family Connections è l’unico intervento gratuito di auto-mutuo aiuto, mentre esistono tre programmi familiari psicoeducativi: il Gruppo Familiare Multiplo (Gunderson, 1997), il Dialectical Behavior Therapy-Family Skills Training (Hoffman & Fruzzetti, 1999), il RenoProgram (Fruzzetti, 2006).

Studi di efficacia sul Family Connections

In uno studio condotto con 44 familiari di pazienti con disturbo borderline, la partecipazione al programma Family Connections ha portato alla riduzione del carico familiare, della sensazione di lutto e a un aumento delle capacità di controllo e gestione delle situazioni critiche al termine del percorso. Tali risultati si sono mantenuti anche a distanza di tre mesi (Hoffman, 2005).

Questo studio è stato replicato con 55 familiari di pazienti con disturbo borderline, valutati prima del percorso, immediatamente dopo e a tre mesi dalla conclusione del Family Connections. (Hoffman, 2007). È stato trovato che i familiari esperiscono un forte distress ma beneficiano di questo programma di gruppo semistrutturato: in particolare dalla valutazione effettuata subito dopo il termine degli incontri è emerso che il livello di carico familiare (soggettivo e oggettivo), la sensazione di lutto, la depressione diminuiscono mentre il senso di efficacia percepita nel far fronte alle situazioni è aumentato. Dal follow-up a tre mesi la sensazione di lutto è continuata a diminuire e il senso di autoefficacia ad aumentare, mentre il livello di depressione e il carico familiare non hanno mostrato cambiamenti rispetto alla valutazione immediatamente successiva alla conclusione del percorso.

Il Family Connections in Italia

Il Family Connections è nato negli Stati Uniti e ora è presente in 19 Paesi tra cui l’Italia grazie a una rete di volontari. In Italia, Family Connections viene effettuato gratuitamente in diverse città: Brescia, Milano, Genova, Roma, Fano. Ma è attualmente in diffusione anche in altre città, per ulteriori informazioni http://borderline-italia.it/

Prospettive future per la ricerca

Possiamo individuare tre obiettivi importanti per le future ricerche sul programma Family Connections: (i) sviluppare studi per valutare se la durata del programma Family Connections di 12 settimane sia ottimale, (ii) condurre studi controllati randomizzati per comprendere meglio i cambiamenti a lungo termine sul benessere dei familiari e (iii) determinare l’impatto indiretto del programma sulla gravità del disturbo borderline di cui è affetta la persona cara.

Per quanto riguarda il primo scopo, non sappiamo nulla sulla lunghezza ottimale del programma Family Connections. Forse offrire un corso avanzato o sessioni di “promemoria” potrebbe migliorare i risultati o aiutare a mantenerli. Oppure l’aggiunta potrebbe rafforzare le competenze acquisite o facilitare il coinvolgimento a una rete di supporto con gli altri familiari. La durata del programma stesso potrebbe anche essere variata. Forse un programma più lungo sarebbe più vantaggioso, o un programma più corto è sufficiente. In alternativa, un programma più lungo potrebbe essere percepito come troppo oneroso, e un programma più corto potrebbe durare troppo poco per apportare dei cambiamenti significativi.

È importante notare però anche che, nonostante gli studi precedentemente presentati siano robusti, rispettabili e affidabili, le dimensioni degli effetti sono nel complesso modeste per la maggior parte delle variabili considerate. Ulteriori ricerche sui meccanismi di cambiamento, sulla durata ottimale del programma e così via forniranno probabilmente indicazioni utili a migliorare il programma esistente. Quindi, anche se è chiaro che l’attuale struttura e i contenuti del programma Family Connections siano soddisfacenti per i partecipanti e producono miglioramenti nel loro benessere, c’è ancora la possibilità di migliorare. Inoltre, per una serie è necessario implementare un trial controllato randomizzato. Anche se è improbabile che il semplice passare del tempo possa essere responsabile dei cambiamenti riscontrati, devono essere considerati altri fattori non specifici. Solo confrontando il programma Family Connections con un programma alternativo sarà possibile misurare il vero impatto del programma Family Connections stesso. Dovranno essere identificate le componenti del programma responsabili dei miglioramenti.

Inoltre, sarà auspicabile effettuare studi con un follow-up a una distanza superiore ai tre mesi dal termine del percorso per valutare gli effetti su un più lungo periodo.
Infine, è importante esaminare l’impatto sulla persona con disturbo borderline di personalità che ha il fatto che i suoi familiari abbiano partecipato al programma Family Connections. In base al modello transazionale su cui si basa il programma, se i membri della famiglia imparano strategie di coping più efficaci, trovano un maggiore equilibrio, riducono la loro negatività e imparano a essere più attenti e validanti con i propri cari, ciò dovrebbe avere una ricaduta positiva sul benessere dei familiari di pazienti con disturbo borderline. Ma questo non è ancora stato valutato: potrebbe non esserci alcun effetto oppure potrebbe esserci un effetto negativo (Hoffman, 2007).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Martino F., Lia L., Bortolotti B., Menchetti M., Monari M., Ridolfi M.E., Sanza M., Sasdelli A., Berardi D. (2014). La famiglia del paziente con disturbo borderline di personalità: carico della malattia e interventi destinati ai caregiver. Riv Psichiatr, 49(5): 199-206.
  • Hoffman P.D., Fruzzetti A.E., Buteau E., Neiditch E.R., Penney D., Bruce M.L., Hellman F., Struening E. (2005). Family connections: a program for relatives of persons with borderline personality disorder. Fam Process, 44(2):217-25.
  • Fruzzetti, A. E., & Hoffman, P. D. (2004). Family Connections: Workbook and training manual. Rye, NY: National Education Alliance for Borderline Personality Disorder.
  • Hoffman, P., Fruzetti A., Buteau E. (2007). Understanding and engaging families: An Education, Skills and Support Program for relatives impacted by Borderline Personality Disorder. Journal of Mental Health, February; 16(1): 69–82.
  • http://borderline-italia.it/
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