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Troppo stress? Rischiamo di prendere decisioni rischiose

E' stato dimostrato che lo stress cronico può influenzare il processo di decision-making e indurre decisioni impulsive e pericolose.

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 04 Dic. 2017

Aggiornato il 15 Gen. 2018 12:25

Uno studio condotto sui ratti, pubblicato recentemente sulla rivista Cell, condotto dal professor Friedman e colleghi del Massachussets Institute of Technology, ha mostrato come lo stress cronico possa interferire in maniera significativa con il processo di decision-making e di conseguenza si può verificare che si scelgano opzioni più vantaggiose ma ad alto rischio e si mettano in atto comportamenti impulsivi.

 

Lo stress influenza il processo di decision-making

Prendere una decisione non è sempre facile, specialmente quando ci si trova a dover scegliere tra due opzioni che hanno implicazioni sia negative che positive come ad esempio la scelta tra un impiego molto remunerativo ma impegnativo in termini di ore di lavoro e un altro non remunerativo ma che consente al soggetto di spendere più tempo per sé e i suoi hobby.
L’equipe di neuroscienziati dell’MIT, guidati dal professor Friedman, ha recentemente dimostrato che, quando si è chiamati a prendere decisioni in queste situazioni in cui è necessario bilanciare e valutare i costi e i benefici, lo stress cronico ha un ruolo cruciale nel determinare le scelte (Friedman et al., 2017).
I ricercatori infatti hanno sottolineato come l’essere sottoposti a stress cronico possa influenzare il processo di decision-making dei ratti che tendevano più frequentemente a scegliere opzioni vantaggiose ma ad alto rischio.

Lo studio (Friedman et al., 2017) inoltre ha trovato che tali scelte sono conseguenti ad un’anomala attivazione del network cerebrale sottostante questo processo di decision-making e che tale alterazione dei circuiti può essere manipolata, tramite tecniche di optogenetica (Kim, Adhikari et al., 2017) al fine di ripristinare un normale funzionamento del sistema interessato.

La capacità di valutare i costi e i benefici di un’opzione è essenziale nel momento in cui gli individui si trovano a prendere una decisione che si riveli poi soddisfacente e “razionale”; tuttavia tale capacità risulta compromessa in alcuni disturbi tra i quali la depressione, l’ansia persistente e invasiva, l’abuso di sostanze in cui si riscontrano anche comportamenti impulsivi e disfunzionali a seguito di scelte non corrette (Friedman et al., 2017).

Uno studio precedente di Graybiel e Friedman (2015) aveva identificato il network cerebrale sottostante il processo di decision-making che coinvolge la valutazione dei costi-benefici: la corteccia mediale prefrontale (mPFC), responsabile della modulazione degli stati emotivi e i circuiti corticostriatali, contenenti un set di neuroni chiamati striosomi e associato ai processi motivazionali e di reward (Eblen & Graybiel, 1995).

I ricercatori erano stati in grado di addestrare i topi a muoversi all’interno di un labirinto nel quale dovevano scegliere tra due opzioni: una prevedeva una ricompensa in forma di cibo preferito dagli animali che però era difficilmente raggiungibile, al contrario dell’altra opzione di cibo, meno buona ma facilmente raggiungibile.

Inibendo i neuroni corticali e gli striosomi del circuito cerebrale sotto studio, usando tecniche di optogenetica, è stato possibile osservare nei ratti la messa in atto di comportamenti ad alto rischio pur di raggiungere il reward più alto (il cibo preferito).

Nel nuovo studio (Friedman et al., 2017), i ricercatori hanno messo in atto un esperimento simile senza la manipolazione del circuito ma tramite l’esposizione dei topi a periodi brevi di stress ma prolungati nel tempo, per circa due settimane.

Si è osservato che i topi esposti a episodi di stress cronico si comportano alla stessa maniera dei topi manipolati tramite tecniche di optogenetica, cioè tendevano a raggiungere sempre la ricompensa più alta muovendosi in un percorso pericoloso all’interno del labirinto, al contrario dei topi non sottoposti a stress che si “accontentavano” dalla ricompensa meno vantaggiosa ma facilmente raggiungibile.
In sostanza l’animale sceglieva il cibo preferito senza valutare l’alto costo della decisione, in quanto, per ottenerlo, doveva percorrere un percorso pericoloso.

Pertanto i ricercatori hanno concluso che i circuiti presi in esame fossero cruciali per integrare le informazioni circa i costi e i benefici di un’opzione di scelta al fine di implementare i comandi della corteccia prefrontale, responsabile dell’implementazione dell’azione goal-directed tramite l’attivazione di specifici interneuroni e l’inibizione degli striosomi (Friedman et al., 2017).
Quando l’animale è sottoposto a stress cronico, i circuiti si attivano in modo anomalo e impediscono alla corteccia prefrontale di inibire gli striosomi che si iperattivano.

Tuttavia gli autori dello studio (Friedman et al., 2017) precisano che la compromissione funzionale del network studiato è reversibile cioè è possibile ripristinale il “normale” processo di decision-making.
Ciò suggerisce che gli striosomi presenti nel circuito prefrontale non si compromettano in modo definitivo a seguito di un’esposizione cronica a eventi stressanti, ma che potenzialmente sia fattibile ripristinare il processo e quindi modificare il comportamento degli individui affetti da quei disturbi psicologici che sono caratterizzati da un anomalo decision-making.

Questo stato potrebbe essere reversibile, ed è possibile che in futuro si possa intervenire sugli interneuroni umani e ripristinare l’equilibrio tra inibizione ed eccitazione dei network del sistema” afferma il professor Friedman, autore dello studio.

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