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Biblioterapia: quando letteratura e psicologia si incontrano

La biblioterapia consiste nell'utilizzare i libri nell'ambito della relazione terapeutica come ulteriore strumento di cura.

Di Silvia Brandino

Pubblicato il 21 Dic. 2017

Aggiornato il 22 Gen. 2018 10:26

In ambito psicoterapeutico la biblioterapia si colloca all’interno della relazione terapeutica. Il libro diventa un luogo condiviso da paziente e terapeuta.

 

Che cos’è la biblioterapia

La Webster International nel 1961 ha definito la Biblioterapia come “l’utilizzo di un insieme di letture scelte quali strumenti terapeutici in medicina e psichiatria. E’ un mezzo per risolvere problemi personali grazie a una lettura guidata».

La biblioterapia ha diverse accezioni:
di AUTOAIUTO – uno strumento al di fuori del contesto terapeutico, di autocura e crescita personale;
di PSICOEDUCAZIONE – utilizzato soprattutto nelle scuole, offre percorsi di lettura guidata finalizzati al confronto su un tema e alla socializzazione per promuovere la crescita cognitiva e socio-affettiva;
di TERAPIA – utilizzato all’interno di un contesto psicoterapeutico.

Il primo ad introdurre la pratica di “prescrizione della lettura” ai pazienti, fu William Menninger.
Il dottor Menninger, psichiatra negli anni trenta del novecento presso l’omonima clinica Menninger in Kansas, cominciò ad indicare delle letture ai propri pazienti come supporto al trattamento di diversi disturbi psichiatrici. Il medico proponeva percorsi di lettura scelti e pensati appositamente per il singolo paziente e per il momento che stava vivendo.

Oggi la pratica della biblioterapia è diffusa nel mondo occidentale, soprattutto nei paesi anglosassoni.
In Inghilterra la Book Therapy è stata riconosciuta dal National Health Service (servizio sanitario inglese) come efficace ed indicata soprattutto per la cura dello stress psicologico. Per questo motivo esistono delle biblioteche con sede negli ospedali.

Deborah Fanner, dello Staff Library -Salisbury NHS Foundation Trust, e Christine Urquhart, del Department of Information Studies – Aberystwyth University, di Aberystwyth, hanno condotto nel 2008 una revisione di tutta la letteratura relativa alla pratica della biblioterapia. I risultati di tale lavoro hanno sottolineato l’efficacia della biblioterapia per diversi disagi psicologici (quali depressione, ansia generalizzata, stress) soprattutto se inserita all’interno di un percorso di psicoterapia. Risultano, invece, meno evidenti le prove di efficacia nei percorsi di sola libroterapia tenuti da persone non professioniste della salute mentale.

In ambito psicoterapeutico la biblioterapia si colloca all’interno della relazione terapeutica. Il libro diventa un luogo condiviso da paziente e terapeuta.
Esistono 2 diversi modi di utilizzare il libro all’interno della pratica terapeutica:
– Il biblio-coach, diffuso nella psicologia anglosassone, che ricorre a due tipologie di testi: i libri di psicologia divulgativa e i testi di self help.
– Un uso più «creativo» del libro, che ricorre alla letteratura e ai romanzi.

Letteratura e Psicologia

La letteratura, da moltissimi anni prima della nascita della psicologia, cerca di dare voce e di attribuire significato alla sofferenza psicologica. Attraverso il racconto di una storia, si indaga il vissuto emotivo e cognitivo dei personaggi e si delineano le conseguenze del loro sentire e agire.
Dunque, la letteratura offre vastissime possibilità di analisi e confronto rispetto alle emozioni e vicende umane.
Leggere un libro implica entrare in contatto con un mondo di emozioni intense. Stimola la riflessione grazie all’immedesimazione e al confronto con i personaggi, con i contesti e con le vicende che vivono.
Seguendo questa prospettiva, il ricorso ai casi letterari va compreso come l’utilizzo di uno spazio sperimentale all’interno del quale osservare le variazioni del racconto, i suoi personaggi e i loro vissuti. Rappresenta una sorta di laboratorio che permette di sperimentare e analizzare le svariate sfumature dell’emotività umana e le variegate declinazioni dell’identità.

Biblioterapia in Psicoterapia

Il compito della psicoterapia è quello di
– accogliere il dolore,
– aiutare il paziente a comprendere se stesso e ad essere consapevole del suo funzionamento generale nonché dei meccanismi che implicano il perdurare di questa sofferenza,
– accompagnare e stimolare un cambiamento che induca un nuovo modo di essere più funzionale.

La biblioterapia , in ogni fase di questo percorso, può essere un valido strumento del terapeuta.
Può aiutare chi legge a dare parole e un senso alla propria sofferenza. Può aiutare a rendere consapevole il lettore/paziente dei suoi meccanismi e di come agisce la sua sofferenza nella vita. Può essere uno stimolo al cambiamento e, infine, può essere uno stimolo per favorire una continua riflessione su di sé e per il mantenimento di uno stato di benessere.
Affinché la lettura abbia una funzione terapeutica, e sia un vera e propria tecnica terapeutica, questa deve essere guidata e proposta da uno psicoterapeuta.

La biblioterapia diventa, quindi, in mano del terapeuta, una tecnica per favorire l’introspezione nel paziente.
Il racconto permette di esporsi ad emozioni che magari riguardano da vicino ma che non si ha il coraggio di affrontare, proprio perché è più facile riconoscerle in qualcosa che è “altro da sé” piuttosto che su se stessi.
Il libro, dunque, è a tutti gli effetti uno strumento di cura.

Perché prescrivere un libro?

Un libro, anche lo stesso, può essere consigliato con diverse finalità:
– creare e/o rafforzare una buona relazione ed alleanza terapeutica;
– introdurre un argomento che si vuole affrontare in terapia;
– curare una particolare sintomatologia esponendo il paziente, in maniera guidata e controllata, alle proprie paure.

La finalità, in ogni caso, è quella di promuovere una maggiore consapevolezza di sé e spingere il paziente verso un cambiamento.
L’indicazione di lettura è, perciò, un vero e proprio homework.

Il contributo più importante del terapeuta consisterà, quindi, nelle scelte che saprà fare delle letture da proporre ai pazienti e nella capacità di accompagnare quest’ultimo, nel corso della lettura, nel processo di costruzione di significato.
Non ci sono libri «universali» che vanno bene per tutti i pazienti e che curano efficacemente un determinato disturbo. I libri possono fare anche male, va valutato in senso clinico quale lettura è indicata per ogni nostro paziente.

Ciononostante, in commercio, esistono diversi libri, che possono guidare il clinico nella scelta delle opere più significative e terapeutiche.
Ne costituiscono degli esempi il testo di Ferdinando Galassi, che propone sia libri sia film adatti alla “cura della mente”. Il testo di Régina Detambel, intitolato “I libri si prendono cura di noi. Per una biblioterapia creativa”. Oppure il famoso testo di Ella Berthoud e Susan Elderkin, edito dalla Sellerio, intitolato “Curarsi con i libri: Rimedi letterari per ogni malanno”.

In ogni caso, è sempre bene che il terapeuta legga in prima persona il libro che intende suggerire al paziente, per valutarne la sua funzione clinica. E per la scelta dei testi è sempre consigliabile seguire la propria curiosità, oltre che i consigli della letteratura in merito.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Berthoud E., Elderkin S. (2016), Curarsi con i libri: Rimedi letterari per ogni malanno. Palermo: Sellerio Editore
  • Detambel R. (2016), I libri si prendono cura di noi. Per una biblioterapia creativa. Firenze: Ponte delle Grazie.
  • Fanner D., Urquhart C. (2008), Bibliotherapy for mental health service users Part 1: a systematic review, Health Information and Libraries Journal, 25, pp.237–252.
  • Galassi F. (2012), Pillole di Carta e Celluloide. Libri e film per curare la propria mente. Milano: Franco Angeli.
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