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I barbiturici: dalle proprietà ansiolitiche alla dipendenza – Introduzione alla Psicologia

I barbiturici sono ansiolitici che possono provocare dipendenza sia fisica che psicologica, per questo motivo oggi la loro prescrizione è limitata.

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 21 Dic. 2017

I barbiturici rappresentano una classe di farmaci liposolubili derivanti dall’acido barbiturico, essi possiedono proprietà ansiolitiche, ipnotiche, anticonvulsivanti, sedative, anestetiche e analgesiche. Essi possono provocare dipendenza, sia fisica che psicologica. 

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

 

I barbiturici rappresentano una classe di farmaci liposolubili derivanti dall’acido barbiturico, ascrivibili alla classe delle diaciluree, in grado di deprimere il sistema nervoso centrale. Essi possiedono proprietà ansiolitiche, ipnotiche, anticonvulsivanti, sedative, anestetiche, analgesiche e, inizialmente, erano utilizzati in associazione agli antinfiammatori non steroidei (FANS) per il trattamento del mal di testa.

I barbiturici possono provocare dipendenza, sia fisica che psicologica.

Attualmente, sono stati sostituiti dalle benzodiazepine nel trattamento dell’ ansia e dell’ insonnia, poiché meno pericolose in caso di sovradosaggio. Nonostante ciò, i barbiturici sono ancora utilizzati in anestesia generale, per l’ epilessia, per il trattamento di emicrania acuta e (dove legale) per il suicidio assistito e l’eutanasia.

Storia dei barbiturici e del loro utilizzo

Adolf von Baeyer, nel 1863, sintetizzò per la prima volta l’acido barbiturico a partire dall’urea e dall’acido malonico. Il nome deriva dalla moglie di von Baeyer, che si chiamava Barbara, più il suffisso che ricordava la derivazione dall’urea.

Nel 1903 Emil Hermann Fischer e Joseph von Mering prepararono il barbital, il primo vero e proprio barbiturico, che fu commercializzato con il nome di Veronal, derivante dalla trasformazione dell’acido dietil-barbiturico.

Nel 1912 fu introdotto sul mercato un nuovo barbiturico ad attività sedativo-ipnotico, il fenobarbital con il nome commerciale di Luminal.

Il dottor Willcox, negli anni Venti in Gran Bretagna scatenò la battaglia contro i barbiturici, poiché provocavano diversi effetti collaterali dannosi per la salute e fino al 1918, in Inghilterra, l’acquisto e la vendita di questi farmaci non erano regolamentati da nessuna prescrizione medica.

Nel 1964, negli Stati Uniti, una grossa fetta di popolazione assumeva barbiturico per dormire o come tranquillanti e sedativi. Nel 1960, la Commissione per gli stupefacenti dell’ONU raccomandò che i barbiturici fossero assoggettati all’obbligo della prescrizione medica e nel 1971, a seguito della Convenzione di Vienna, furono introdotti nell’elenco dei prodotti ad azione stupefacente.

In Italia la Legge 685/1975 regolamentava la produzione e la fabbricazione dei barbiturici e ne vietava la libera vendita.

Attualmente, la prescrizione di barbiturico è limitata e si favoriscono a essi le Benzodiazepine che danno gli stessi risultati ma con minori effetti collaterali.

Forma dei barbiturici

I Barbiturici si trovano sotto forma di pastiglie, capsule con gel, e solitamente si assumono per via orale. In rari casi, però, è possibile assumerli per via iniettiva, malgrado questa modalità d’assunzione risulti estremamente pericolosa poiché ha effetti gravissimi sul sistema circolatorio ed aumenta sensibilmente il rischio di overdose.

Meccanismo d’azione dei barbiturici

I barbiturici esercitano un’azione deprimente, ipnotica e narcotica, sul sistema nervoso centrale, inibendo l’attività de neuroni, della muscolatura liscia, della muscolatura scheletrica e quella del miocardio.

I barbiturici agiscono aumentando il segnale del GABA, neurotrasmettitore inibitorio del cervello, attivando una cascata di segnali inibitori, con conseguente aumento della risposta inibitoria GABA-ergica. Essi, dunque, si legano a un particolare sito di legame presente sul recettore per il GABA, il sito utilizzato anche dalla picrotossina, fitotossina estratta dalla pianta rampicante Anamirta cocculus, avente proprietà convulsivanti ed eccitatorie sul centro del respiro e sul centro vasomotorio del cervello e, per questo, può essere utilizzata come rimedio nell’intossicazione acuta da barbiturici.

Classificazione ed effetti dei barbiturici

I barbiturici si classificano in base alla durata d’azione, ottenendo di conseguenza barbiturici a durata d’azione ultrabreve (20 minuti circa), come il tiopental; a durata d’azione breve (3-4 ore), come il pentobarbital e il secobarbital; a durata d’azione intermedia (4-6 ore come l’amobarbital e il butabarbital; ad azione prolungata (6-12 ore), come il primidone e il fenobarbital. I barbiturici producono principalmente due effetti: riducono il ritmo cardiaco e la respirazione, con conseguente diminuzione della pressione arteriosa. Elevate dosi di barbiturico portano sonnolenza e torpore.

Effetti desiderati e indesiderati

Dal punto di vista terapeutico alcuni barbiturici sono usati per il trattamento di alcune forme di epilessia comprendenti le crisi parziali e le crisi tonico-cloniche generalizzate.

I barbiturici, insieme alle benzodiazepine e ai calcioantagonisti, se assunti accidentalmente o deliberatamente prima dell’arresto cardiaco, riducono il metabolismo e il fabbisogno di ossigeno del cervello, aumentando le probabilità di sopravvivenza senza grave encefalopatia anossica.

L’intossicazione, invece, da barbiturico può causare convulsioni, delirio e allucinazioni. Alcuni effetti, però, sono prettamente soggettivi e possono essere: depressione, spossatezza e violenti cambi di umore. Inoltre, essendo vasodilatatori, possono provocare la perdita di calore corporeo, rallentamento del metabolismo con conseguente rischio di crisi di freddo.

Il consumo prolungato determina l’insorgenza di uno stato di tolleranza e di dipendenza, per questo possono indurre tremore, atassia, confusionale mentale, alterazioni della capacità di giudizio, incapacità di concentrarsi, vuoti di memoria e crisi respiratorie e polmonari.

La sindrome d’astinenza da Barbiturici è considerata più intensa e duratura di quella provocata dall’ eroina, e si manifesta a distanza di otto-sedici ore dall’ultima assunzione. Gli effetti principali della crisi di astinenza sono: l’insonnia, l’ansia, le vertigini, la nausea e le convulsioni; dopo il secondo giorno si manifestano delirio con allucinazioni; al terzo giorno possono insorgere profonde alterazioni della psiche, come episodi di paranoia e schizofrenia. La forma più grave di una crisi di astinenza da Barbiturico è uno stato psicotico e psicomotorio paragonabile all’astinenza da alcol, noto con il termine di delirium tremens.

I Barbiturici possono provocare un’overdose con possibili conseguenze fatali e la morte sopraggiunge per arresto cardio-respiratorio per assunzione di quantitativi superiori alla dose terapeutica consentita di quindici o venti volte.

I barbiturici possono provocare danni al fegato e ai reni in seguito a un uso prolungato. Di conseguenza, ad alte dosi in combinazione con un miorilassante, sono usati per praticare l’eutanasia.

I Barbiturici in quanto depressori del Sistema Nervoso Centrale non possono essere assunti insieme ad altre sostanze, come alcolici, benzodiazepine, eroina e oppiacei e tranquillanti.

I barbiturici se somministrati a dosi molto basse provocano effetti paradosso, quali ipereccitazione e agitazione.

 

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

Sigmund Freud University - Milano - LOGORUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

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