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Rimuginio: teoria e terapia del pensiero ripetitivo – Presentazione del libro a Genova

Presenta il dott. Gabriele Caselli, psicologo e psicoterapeuta, direttore della scuola di specializzazione Psicoterapia e Scienze Cognitive di Genova

Di Gabriele Caselli, Sandra Sassaroli

Pubblicato il 10 Nov. 2017

Aggiornato il 08 Dic. 2017 13:39

“Il problema non è cosa penso ma quanto ci rimugino sopra”

 

Tutti abbiamo esperienza di rimuginio. In termini tecnici è considerato uno stile di pensiero negativo, analitico, ripetitivo che negli ultimi decenni ha mostrato di avere un impatto fondamentale nel sostenere molti disturbi psicologici. È il cuore pulsante di molti disturbi d’ansia e della depressione.

Rimuginare significa preoccuparsi delle cose negative che possono accadere ma anche riflettere continuamente sui propri errori, sulle cause, sulle implicazioni, su ciò che desideriamo e non abbiamo, sulle ingiustizie subite, sul nostro malessere, la nostra sfortuna, ciò che non ci va a genio di noi stessi e degli altri.

Il rimuginio cattura la nostra attenzione. Ci chiude nella nostra mente. Ci isola nei pensieri e ci tiene lontano da ciò che ci circonda. Ci assorbe e mantiene salienti per noi informazioni e contenuti spiacevoli. Il rimuginio impedisce di dimenticare. Il rimuginio impedisce di andare oltre un brutto pensiero o una sensazione spiacevole, soprattutto quando i pazienti faticano a smettere di rimuginare una volta che iniziano.

Da dieci anni ormai mi occupo di rimuginio, come ricercatore e come clinico. Si è trattato di un lungo viaggio nato dapprima come naturale curiosità: “Perché le persone restano a pensare così a lungo su ciò che fa loro male? Cosa li spinge a questo macabro sodalizio con una prigione di pensieri ricorrenti e astratti?”.

La mia fortuna è stata quella di aver conosciuto maestri e colleghi come Sandra Sassaroli, Giovanni Ruggiero, Marcantonio Spada e Adrian Wells con i quali ho condiviso un lungo viaggio di scoperta delle caratteristiche del rimuginio, delle sue facce variegate e soprattutto dei meccanismi psicologici che lo accendono e lo mantengono attivo nel tempo.

Questo testo vede la luce dopo un lungo lavoro di ricerca e ricapitola i risultati teorici, empirici e clinici della letteratura internazionale e del percorso sperimentale di noi autori. Abbiamo voluto offrire nelle sue sezioni sia un impianto teorico chiaro ed esaustivo sui processi cognitivi di base e sul sistema di conoscenze implicita che li sorregge e che noi chiamiamo metacognizione, e su tecniche e strategie che i colleghi terapeuti possono adottare per mutare il modo in cui controlliamo il nostro funzionamento mentale.

Gabriele Caselli


GENOVA - Presentazione RIMUGINIO - ScuolaLa Scuola Psicoterapia e Scienze Cognitive di Genova è lieta di invitarvi alla giornata evento del 17 novembre 2017 per la presentazione del libro “Rimuginio: teoria e terapia dell’intervento” di Caselli, Ruggiero e Sassaroli, edito da Raffaello Cortina. 

 

Presenta il libro il dott. Gabriele Caselli, psicologo e psicoterapeuta, direttore della scuola di specializzazione Psicoterapia e Scienze Cognitive di Genova, Vicedirettore Bachelor Psicologia, della “Sigmund Freud University” sede di Milano. Dopo la presentazione del libro, sarà effettuata la presentazione della Scuola, riconosciuta dal MIUR con decreto del 21 settembre 2017.

 

La partecipazione è gratuita ma è richiesta l’iscrizione all’evento: [email protected]

SCARICA LA LOCANDINA

 


Rimuginio: teoria e terapia dell’intervento – Prefazione di Sandra Sassaroli

Rimuginio. Teoria e terapia del pensiero ripetitivo Caselli, Ruggiero, Sassaroli, 2017 – Recensione del libroQuesto libro è un testo importante e innovativo in Italia, almeno a nostro giudizio. Esso s’incardina nella storia del nostro gruppo di ricerca ed è allo stesso tempo impreziosito e reso necessario dall’esperienza di Gabriele Caselli nel mondo scientifico internazionale. Vale la pena di raccontarne la storia.

Il mio interesse per il pensiero ripetitivo nasce nei primi anni ‘90 quando, trasferitami a Milano ed entrata in contatto con un uno straordinario clinico e psichiatra come Marco Crosina, che operava come primario del reparto di psichiatria donne a Ville Turro, e discutendo con lui e Franco del Corno di problematiche dei disturbi alimentari si ragionava sulle difficoltà a motivare queste pazienti al trattamento. Era evidente che la motivazione per queste pazienti fosse un problema cruciale, era anche evidente che era ostacolata da un’ininterrotto impegno della mente di queste pazienti nei pensieri angosciosi sul controllo dell’alimentazione. Quell’impegno si chiamava rimuginio, e cominciammo a occuparci di questo fenomeno, ancora poco conosciuto nel mondo clinico italiano.

Io avevo da poco conosciuto Giovanni Maria Ruggiero, uno psichiatra interessato alla ricerca in ambito cognitivo che negli anni è diventato una figura fondamentale nel nostro gruppo di scuole, sia come direttore che come responsabile di importanti aree di ricerca, e mi trovai a operare con pazienti con disturbi alimentari sempre poco convinte a impegnarsi nel trattamento. Il paradigma imperante all’inizio degli anni ’90 nel cognitivismo clinico italiano era il modello costruttivista di Guidano, che tendeva a considerare le pazienti bulimiche come delle pazienti con problematiche legate soprattutto all’area della definizione del sé. Su questo modello, che assorbii direttamente a Roma, città da dove provenivo e dove il cognitivismo clinico italiano aveva il suo centro culturale, nutrivo dei dubbi. Il trasferimento a Milano favorì l’incontro con altri punti di vista.

In quel modello, tutto incentrato sulle strutture di personalità del sé, nessun accenno veniva fatto alle funzioni mentali, tra le quali ricadevano gli aspetti rimuginativi. E le tecniche di intervento erano tutte focalizzate alla costruzione narrativa di una più precisa e coerente definizione del sé senza alcuna attenzione alla gestione di un sintomo così invasivo e invalidante.

Non vi era ancora una consapevolezza che queste pazienti necessitassero di interventi specifici nell’ambito dei sintomi da un lato e delle credenze e dei processi, dal perfezionismo al rimuginio. Con le prime pazienti cominciammo a focalizzarci sul rimuginio che finalmente avevamo studiato, nella versione di Tom Borkovec che di questo fenomeno era stato il primo e più famoso ricercatore.

Non esisteva alcuno studio correlazionale che correlava il rimuginio ai disturbi alimentari. Con una certa fierezza ricordo che il primo fu il nostro, che arrivò dopo alcuni anni (Sassaroli & Ruggiero, 2005).

Il percorso come si vede è partito da un punto di vista non del tutto ortodosso. I primi studi sul rimuginio degli anni ‘90 si riferiscono soprattutto al disturbo ansioso. La nostra idea fu di applicarlo ai disturbi alimentari confermandone la presenza, individuandone la funzione e correlandolo a varie credenze e processi, man mano che il nostro gruppo di ricerca cresceva.

Inoltre esistevano già dai primi anni ’90 degli studi sulla ruminazione, processo simile al rimuginio ma presente in persone depresse (Nolen-Hoeksema & Morrow, 1991; Just & Alloy, 1997). Erano vulnerabili alla depressione e alla ricaduta coloro che in momenti di tristezza o davanti ai problemi della vita reagivano con un pensiero analitico estremamente elaborato: cercavano di riflettere, capire le cause, analizzare il proprio disagio. Ed ecco nascere gli studi sul pensiero ripetitivo applicato a temi di fallimento e d’inadeguatezza personale.

Nel 2010 la ricerca sui processi di pensiero ripetitivo si è arricchita con l’incontro e la collaborazione con Gabriele Caselli. La sua provenienza era più di area comportamentale che cognitiva. Questo approccio conserva una maggiore consapevolezza dell’attività della mente come insieme di funzioni e non di strutture statiche, come il sé. Caselli aveva poi capito che la vecchia vocazione funzionalista del comportamentismo poteva rinascere aggiornata nella nuova corrente della metacognizione, il cui maggiore esponente, Adrian Wells, era il più importante studioso del rimuginio dopo Borkovec. Grazie alle sue competenze di ricercatore prima e di clinico poi ha orientato il nostro gruppo di ricerca verso l’integrazione con gli studi di Wells sul rimuginio. La ricerca di Wells è di grande potenza scientifica, anche perché si tratta di uno dei rari paradigmi clinici basati su un nucleo scientifico di base forte invece che essere innestato sulle sole intuizioni cliniche.

Il testo che oggi presentiamo ricapitola i risultati teorici, empirici e clinici di questo percorso. Esso ha un impianto teorico e scientifico indiscutibile, ma vuole anche essere un manuale pratico, a uso dei clinici, che insegni a intervenire sugli scopi, le meta-credenze che orientano il rimuginio e la ruminazione e sugli aspetti attentivi che lo mantengono nel tempo.

Le tecniche che vengono presentate in questo volume non sono tecniche nuove. Molte di queste derivano da approcci cognitivi e comportamentali riviste entro una prospettiva metacognitiva e focalizzata sul rimuginio. Gli interventi sulla modifica delle meta-credenze si basano sui principi e sulle strategie della Terapia Metacognitiva di Adrian Wells a cui rimandiamo per una descrizione completa ed esaustiva di come possono essere attuati secondo protocolli specifici per alcune patologie (Wells, 2008). Il nostro obiettivo è quello di aiutare i clinici a distinguere le diverse forme di rimuginio e fornire una linea di intervento generale, applicabile con pazienti complessi, quadri misti ansioso-depressivi, disturbi di personalità, comorbilità o altri quadri psicopatologici.

L’organizzazione del libro

I primi 4 capitoli curano la parte storica e teorica, impostano, spiegano e articolano il discorso della regolazione cognitiva come funzione naturale dei sistemi umani e le modalità con cui certe strategie di regolazione cognitiva come il rimuginio possono svilupparsi e generare eccessiva sofferenza psicologica.

I capitoli 5-9 trattano le diverse forme di pensiero ripetitivo da una prospettiva clinica e psicopatologica: dal rimuginio ansioso e desiderante alla ruminazione depressiva e rabbiosa, nonché il loro rapporto con le intrusioni mentali e le strategie di soppressione ed evitamento.

La terza parte del libro, capitoli 10-16, spiega in modo esauriente e analitico il trattamento del pensiero ripetitivo, fornendo una linea strategica che permetta al clinico di muoversi tra le diverse tappe dell’intervento. Queste spiegazioni ovviamente non sostituiscono un apprendimento approfondito ed esperienziale, ma consentono di padroneggiare le tecniche di base e orientarsi per comprendere le preferenze personali nel metterle in atto.

Oggi il nostro gruppo di ricerca è impegnato nello sviluppare un approccio ai disturbi psicologici che sia guidato da evidence-based theory, in cui gli interventi di tipo evolutivo si possano curare con la terapia cognitivo-comportamentale classica e con i nuovi modelli di intervento di tipo processuale e metacognitivo entro una cornice teorica coerente, stabile e basata sull’evidenza. La sfida è impegnativa e ci impegnerà negli anni a venire.

Sandra Sassaroli

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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Nel nuovo libro di Caselli, Ruggiero e Sassaroli sono illustrati nel dettaglio concettualizzazione e trattamento del rimuginio secondo un modello integrato

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