expand_lessAPRI WIDGET

Il cervello ci protegge dai brutti ricordi e pensieri

Uno studio ha dimostrato che esiste un meccanismo a livello cerebrale che sopprime il recupero di memorie intrusive e spontanee.

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 21 Nov. 2017

Aggiornato il 15 Gen. 2018 12:28

Uno studio di Schmitz, Correia e Anderson, pubblicato recentemente su Nature Communications, ha identificato una “chiave chimica”, all’interno dell’ippocampo, che consente di sopprimere pensieri intrusivi e memorie spontanee, aiutando così a far luce sui meccanismi di alcuni disturbi tra cui  l’ansia patologica, il PTSD, la depressione e la schizofrenia, nei quali spesso si esperiscono pensieri persistenti e intrusivi negativi, anche sotto forma di rimuginio, ruminazione e allucinazioni.

 

Il rimuginio: quando i pensieri e le memorie negative affiorano alla mente

Nel corso della propria esistenza infatti capita di frequente di avere a che fare con pensieri automatici legati a memorie, immagini o preoccupazioni. Quando questo succede, il pensiero legato ad un evento accaduto viene recuperato e focalizza la nostra attenzione su quell’evento, che lo si voglia oppure no, in modo spontaneo. Quando i pensieri e le memorie spontanee sono a contenuto negativo o traumatico, affiorano alla mente e possono assumere la forma di rimuginio pervasivo e persistente, di ruminazione su ciò che è accaduto di negativo in passato, riportandoci con la mente all’episodio accaduto e intensificando il malessere personale.

Pertanto diventa centrale per il benessere dell’individuo la capacità di controllare i propri processi di pensiero e di sopprimere il recupero spontaneo di memorie negative e dolorose.

Quando queste abilità di controllo del pensiero falliscono, si verificano alcuni dei sintomi più invalidanti dei disturbi d’ansia, della depressione, del PTSD e della schizofrenia (Brewin, Gregory, Lipton & Burgess, 2010).

Il meccanismo cerebrale che sopprime le memorie negative

Il professor Anderson, dell’unità di scienze mediche e cognitive dell’università di Cambridge, autore dello studio, in particolare sottolinea la capacità dell’individuo di poter intervenire per evitare il recupero di memorie e pensieri con lo scopo di inibire anche un comportamento conseguente.

Gli autori dello studio hanno così ipotizzato che possa esistere un meccanismo simile, a livello cerebrale, che possa sopprimere il recupero di memorie interrompendo in questo modo pensieri spontanei a esse collegati.

Il meccanismo cerebrale di controllo inibitorio delle memorie non è infatti legato solo alla corteccia prefrontale che svolge un ruolo di “controllore esecutivo” dell’intero sistema ma, in questo studio, è stato associato anche all’attività degli interneuroni GABAergici dell’ippocampo, la sede della memoria.

Gli autori nel loro studio (Anderson et al., 2017), hanno utilizzato una procedura definita “Think/No-Think” con l’intento di mostrare come l’inibizione GABAergica a livello ippocampale sia collegata al circuito inibitorio prefrontale con lo scopo di interrompere il recupero di memorie non volute e sopprimere così la comparsa di pensieri automatici.

Il compito sperimentale consisteva nel chiedere ai  soggetti di imparare l’associazione di coppia di parole legate da un significato comune come ad esempio “Muschio/Nord”, o di una coppia di parole scollegate tra loro come “insetto/strada”.

In un secondo momento ai soggetti veniva chiesto di rievocare la coppia di parole associate se una delle due parole in coppia era verde o di sopprimere l’associazione se invece era rossa: ad esempio, il soggetto, a cui veniva mostrato la parola “insetto” in rosso, doveva interrompere il pensiero che avrebbe associato “strada” ad “insetto”.

Usando una combinazione tra risonanza magnatica funzionale (fMRI) e la spettroscopia a risonanza magnetica, i ricercatori sono stati in grado di osservare ciò che stava accadendo nel cervello dei soggetti a cui veniva chiesto di inibire oppure di non sopprimere i loro pensieri.

L’ausilio della spettroscopia ha permesso di misurare l’attività dei neurotrasmettitori e non solo l’attività delle regioni cerebrali come la maggior parte degli studi fMRI.

Lo studio di Anderson e colleghi (2017) ha mostrato come l’inibizione dei pensieri intrusivi e automatici sia legata al neurotrasmettitore GABA, la cui aumentata concentrazione all’interno dell’ippocampo predice l’abilità del soggetto di sopprimere il processo di recupero della memoria e di conseguenza di evitare che si presentino pensieri nella mente.

Le ricerche neuroscientifiche  precedenti (Milard, 2002), si sono focalizzate soprattutto sull’approfondimento del ruolo della corteccia prefrontale, da sempre considerato il “centro di comando” del cervello, nella regolazione top-down dei circuiti cerebrali legati alla memoria, al controllo motorio e nella modulazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (Calhoon & Tye, 2015).

Tuttavia questo studio ha evidenziato come il quadro sia incompleto: infatti pare che l’inibizione delle memorie e dei pensieri automatici avvenga a livello delle cellule ippocampali che ricevono comandi dalla corteccia prefrontale facendo sì che questi siano implementati al meglio.

L’attività GABAergica degli interneuroni ippocampali infatti potrebbe giocare un ruolo importante nell’abilitare la corteccia prefrontale, rendendo la soppressione di pensieri intrusivi e automatici ancora più efficace (Anderson, 2017).

Questi meccanismi inibitori del neurotrasmettitore GABA nei confronti dei pensieri e delle memorie automatiche, mostrati nello studio di Anderson e colleghi (2017), sono stati evidenziati su 30 soggetti non patologici.

I ricercatori, tuttavia, sottolineano come sia possibile che nei soggetti patologici, con una diminuita attività delle cellule ippocampali GABA, sia più difficile modulare la comparsa di memorie e pensieri spontanei, come si verifica ad esempio nella schizofrenia.

Infatti, tale studio potrebbe spiegare le grandi questioni ancora aperte legate alla schizofrenia nella quale si è riscontrata un’iperattività ippocampale che correla con la presenza di sintomi intrusivi e pervasivi come le allucinazioni.

Tale iperattività delle cellule GABA dell’ippocampo potrebbe rendere maggiormente difficoltoso il loro controllo mnemonico da parte della corteccia prefrontale: l’ippocampo pertanto fallirebbe nell’inibire pensieri e memorie che tornerebbero nella mente dei soggetti affetti da schizofrenia, sotto forma di allucinazioni.

Un’elevata attività dell’ippocampo, dovuta a influenze sia genetiche che ambientali ancora da stabilire correttamente, potrebbe essere la chiave di lettura per molte patologie caratterizzate da una patologica inabilità al controllo di memorie e pensieri non voluti, intrusivi e spesso con contenuto negativo come il disturbo da Stress Post-traumatico, i disturbi d’ansia, il disturbo depressivo persistente.

Nonostante lo studio non passi in disamina i trattamenti che si possono mettere in atto alla luce di questa scoperta, tuttavia Anderson e colleghi ritengono che i risultati possano far luce sui meccanismi ancora non del tutto conosciuti che alimentano il rimuginio ansioso, la ruminazione e la presenza nei soggetti con PTSD di immagini e pensieri traumatici anche a distanza di anni dal trauma.

Utilizzare delle strategie per migliorare l’attività inibitoria delle cellule GABA dell’ippocampo, potrebbe aiutare molte persone a sopprimere il circolo vizioso dei pensieri intrusivi e diminuire di conseguenza il loro malessere e disagio psicofisico in quanto per loro sarebbe possibile interrompere il riaffiorare alla mente di ricordi e pensieri negativi.

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Brewin, C. R., Gregory, J. D., Lipton, M., & Burgess, N. (2010). Intrusive images in psychological disorders: characteristics, neural mechanisms, and treatment implications. Psychological review, 117(1), 210.
  • Calhoon, G. G., & Tye, K. M. (2015). Resolving the neural circuits of anxiety. Nature neuroscience, 18(10), 1394-1404.
  • Milad, M. R., & Quirk, G. J. (2002). Neurons in medial prefrontal cortex signal memory for fear extinction. Nature, 420(6911), 70-74.
  • T. W. Schmitz, M. M. Correia, C. S. Ferreira, A. P. Prescot, M.C. Anderson. (2017)  Hippocampal GABA enables inhibitory control over unwanted thoughts. Nature Communications; 8 (1) DOI: 10.1038/s41467-017-00956-z
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Rimuginio: come ridurlo? Usa l'immaginazione! - Immagine: #51157505
Rimuginio: ridurlo attraverso l’immaginazione ed il pensiero visivo

Secondo una recente ricerca, per ridurre il rimuginio occorre utilizzare quello che i grandi rimuginatori non usano: l'immaginazione ed il pensiero visivo

ARTICOLI CORRELATI
Scrittura manuale o digitale: quale è meglio? – Psicologia Digitale

La scrittura manuale sembra aver lasciato il passo a quella digitale, più veloce e immediata. Ma qual è la differenza a livello cognitivo?

È vero che svegliarsi presto migliora le nostre capacità cognitive?

Un recente studio ha indagato la relazione tra la durata del sonno, la qualità del cronotipo e il loro impatto sulle performance cognitive

cancel