Nelle corso delle due giornate di formazione sul trattamento dei disturbi del comportamento alimentare in relazione al trauma, la dott.ssa Natalia Seijo ha alternato la spiegazione di contenuti teorici, la trasmissione di elementi di pratica e di strumenti terapeutici e la visione e discussione di casi clinici esemplificativi.
Di Valentina Congedo
“Il trattamento della Dissociazione Traumatica. I molti volti e i molti sintomi della traumatizzazione. Riconoscimento clinico ed intervento” è un corso di formazione pratica avanzata organizzato da Area Trauma e dal Centro Clinico Crocetta. Si è svolto a Torino a partire dal 21 gennaio 2017 e ha offerto cinque preziosi week end di approfondimento teorico e pratico tenuti da esperti di trauma e dissociazione.
Il master si è concluso nel fine settimana del 9 e il 10 settembre con il seminario “Trauma e alimentazione: il nesso nascosto nel cibo” , con la partecipazione della Dott.ssa Natalia Seijo, psicoterapeuta specializzata in psicosomatica e nel trattamento dei disturbi alimentari, dei traumi complessi e della dissociazione traumatica, EMDR Europe Supervisor, terapeuta e trainer sensorimotor.
Nelle corso delle due giornate di formazione, la dott.ssa Seijo ha alternato la spiegazione di contenuti teorici, la trasmissione di elementi di pratica e di strumenti terapeutici e la visione/discussione di casi clinici esemplificativi.
L’atmosfera accogliente ha permesso agli uditori di fare domande di approfondimento o di rapido confronto sui propri pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare. Le tematiche del trauma e della dissociazione nei disturbi alimentari sono stati affrontate con efficacia e con la semplicità che deriva da una grande professionalità, fatta di preparazione ed esperienza e che contrasta con la difficoltà e la fatica del lavoro psicoterapeutico. La vitalità e l’energia della dott.ssa Natalia Seijo e della sua collaboratrice possono essere “strumenti” ulteriori per combattere l’alone mortifero e autodistruttivo che accompagna i disturbi del comportamento alimentare.
Un rapporto disturbato con il cibo è pericoloso, perchè sembra prevalere sull’istinto primario dell’essere umano, quello di sopravvivere; considerare il proprio corpo come un nemico o come l’arena in cui si combatte una sanguinosa battaglia tra parti del Sè, è angosciante. Eppure è ciò che accade nel mondo interno delle persone che soffrono di un disturbo alimentare con aspetti dissociativi.
Per comprendere come si struttura una personalità con queste difficoltà, è necessario indagare molto indietro nel tempo, agli albori della storia di vita. Natalia Seijo ha ribadito diverse volte, nel corso delle due giornate, che il disturbo alimentare non ha esordio quando si manifestano i sintomi, ma molto tempo prima. Durante l’infanzia, la persona struttura un sistema psichico che sarà il teatro di un disturbo alimentare conclamato o meno, o che una situazione o una fase di vita stressante potrà far precipitare in sintomi stabili o discontinui. La platea ha sentito la dott.ssa Seijo che paragonava ripetutamente il mondo interno di un individuo a un carciofo, composto di strati, strati e strati. Il trattamento ideale delle persona con DCA è quello che procede dagli strati più esterni, ossia dai sintomi, a quelli più profondi, con il giusto ritmo. La psicoeducazione e un’alimentazione almeno minima sono la condizione necessaria ma non sufficiente di un trattamento terapeutico efficace.
L’attaccamento e la diagnosi di disturbo alimentare
Nell’assessment psicodiagnostico, la raccolta dell’anamnesi deve iniziare dalla storia di attaccamento verso i principali caregiver, al fine di individuare il tipo di attaccamento del paziente.
La storia di attaccamento determina la strutturazione di una base sicura (Bowlby, 1973), ossia di un insieme di risorse interne, strategie o processi utili ad autoregolarsi, far fronte al dolore e calmarsi. In età precoce, la base sicura di un bambino sono i suoi caregiver; successivamente, la base sicura sarà costituita dalla loro interiorizzazione, ossia dall’aver fatto proprie le loro modalità di rispondere ai suoi bisogni.
Da adulti, l’attivazione della rappresentazione interna della base sicura può avvenire attraverso il richiamo di pensieri, immagini e comportamenti confortanti. Nella persona che soffre di un disturbo del comportamento alimentare, si è strutturata una strategia disfunzionale di rassicurazione attraverso il cibo; la relazione con il cibo, in diverse modalità, è usata come risorsa per attivare la base sicura e calmarsi.
Gli stili di attaccamento in relazione ai disturbi alimentari
L’esame dello stile di attaccamento rivela che esso è frequentemente di tipo insicuro. L’articolazione tra i criteri diagnostici del DSM5, il tipo di attaccamento e il profilo di personalità permette di fare la corretta diagnosi di disturbo del comportamento alimentare.
Natalia Seijo ha affermato che i terapeuti che voglio occuparsi di persone che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare, devono conoscere i concetti di trauma e dissociazione. Durante l’assessment, se emerge un attaccamento disorganizzato, è probabile che nell’eziopatogenesi giochino un ruolo fondamentale il trauma e le difese dissociative.
Nella storia precoce di relazione di un individuo, la base che crea un attaccamento disorganizzato è caotica, frequentemente minacciosa e spaventosa, a tratti amorevole ma in modo imprevedibile; nonostante ciò, essa resta la base “sicura”, poiché è necessaria per sopravvivere. Questa modalità di attaccamento ha come risultato la dissociazione del mondo interno. La sopravvivenza emotiva dipende dalla divisione interna, come specchio della dissociazione interna alla figura di attaccamento.
Nei disturbi del comportamento alimentare, la dissociazione può essere presente a diversi livelli: è una difesa naturale che si attiva rapidamente quando la persona si sente in pericolo; può essere funzionale in un episodio traumatico circoscritto, ma non se si cronicizza come principale o più frequente meccanismo di protezione. In tali casi al disturbo alimentare si associa un disturbo dissociativo dell’identità, in cui una parte del mondo interno ha un disturbo alimentare.
Se non correttamente diagnosticato, il grado di dissociazione può generare problemi nel trattamento terapeutico.
La divisione del mondo interno nei pazienti con disturbo del comportamento alimentare
Nella sua esperienza clinica, Natalia Seijo ha individuato parti di personalità ricorrenti nel mondo interno delle persone con un disturbo del comportamento alimentare con aspetti dissociativi. Spesso, queste persone non hanno vissuto l’infanzia, sono state trattate come piccoli adulti fin da quando hanno memoria; sono state forzate ad assumersi responsabilità che non spettavano a loro. Il mondo interno ha dovuto usare la dissociazione per crescere più rapidamente in una parte e uno sviluppo accelerato non può essere salutare. La bambina non scompare, ma resta in una parte, come bloccata nel tempo.
La bambina che non è mai stata
La dott.ssa Seijo chiama la parte precocemente adultizzata “La bambina che non è mai stata”: è quella parte che cresce troppo velocemente e che affronta tutte le richieste provenienti dall’ambiente.
È la parte più danneggiata che genera più difese. Contiene il dolore e la frustrazione per aver dovuto imparare a fare le cose da sola. Ha imparato ad autoregolarsi e autocontrollarsi attraverso il cibo. È la parte dominante nel mondo interno delle persone con anoressia nervosa.
È una parte controllante, sfiduciata, spesso alimentata dalla comorbilità con un disturbo ossessivo di personalità e un disturbo dell’immagine corporea.
La bambina che non ha potuto crescere
La parte infantile che rimane bloccata nel tempo è chiamata “La bambina che non ha potuto crescere”. La raccolta anamnestica svolta con la famiglia lascia emergere l’immagine di un bambino o una bambina precoce, con comportamenti non appropriati all’età. Ha sviluppato la convinzione che “si ha bisogno di essere malati per ottenere attenzione” e attraverso il cibo cerca di essere vista. È la parte dominante nel mondo interno di chi soffre di bulimia. Ha appreso che il cibo è il miglior modo per compensare rabbia, tristezza e frustrazione col cibo. La vita emotiva è disregolata e spesso si riscontrano comportamenti impulsivi.
La critica patologica
La “critica patologica” è il primo aspetto del Sè con con cui Natalia Seijo consiglia di lavorare nel trattamento dei DCA; è una parte aggressiva, spesso associata alla “Bambina che non è mai stata”.
Nella storia di vita del paziente, “la critica patologica” ha avuto una funzione utile, quella creare uno schermo protettivo agli attacchi e al disprezzo proveniente dal mondo esterno. Però essa blocca l’autostima del paziente e filtra la realtà attraverso una prospettiva negativa.
Il sè rifiutato
Un’altra parte identificata è il “Sè rifiutato”: essa è la parte del mondo interno che contiene la distorsione dell’immagine corporea, quell’immagine di Sè che la persona non vuole tornare a essere mai più.
Il sè nascosto
Una delle ultime parti a cui si può accedere nel lavoro terapeutico è il “Sè nascosto”: protegge il sistema interno non mostrandosi, perché farlo, in passato, è stato pericoloso. È una parte che somatizza ciò che non può esprimere in altro modo. Si sviluppa presto nella vita; le emozioni dominanti in essa sono paura, umiliazione e vergogna.
Il sè cicciottello
Il “Sè cicciottello” è la parte dissociativa che si mostra più spesso nel binge eating e nell’iperfagia; è collegata al sovrappeso, diventa impressa nel sistema interno e, anche se la persona dimagrisce, continua a esistere ed è resistente al cambiamento.
Trauma e alimentazione: linee guida sulla terapia
Come linee guida per la terapia, Natalia Seijo afferma che il lavoro sul “Sè rifiutato” è l’ultima parte della terapia. Prima bisogna aver calmato “La critica patologica”, poi “La bambina che non è mai stata”, successivamente “La bambina che non è mai cresciuta” permettendole di evolvere e integrandola nel sé adulto. Lavorando con il “Sè rifiutato”, emergerà anche il “Sè nascosto”.
Il terapeuta deve riconoscere il significato che il paziente dà al proprio disturbo alimentare, così come rispettare la struttura dissociativa che lo ha mantenuto.
Questa organizzazione psichica è il modo in cui il paziente è stato capace di dare a ogni parte del sè qualcosa che esso richiedeva senza entrare in un conflitto insopportabile. È stata funzionale alla sopravvivenza. Per essere una figura di attaccamento sostitutiva, il terapeuta deve essere comprensivo e compassionevole rispetto a questo. Per essere d’aiuto, dovrà essere validante rispetto all’esperienza di un paziente che ha sviluppato un rapporto disfunzionale col cibo, e aiutarlo a trovare una strategia stabile alternativa di attivazione delle sicurezza interna.