Oltre ai trattamenti psicoterapeutici, esistono quelli farmacologici e quelli che agiscono sui network neurali (Bajbouj, & Padberg, 2014), come la stimolazione magnetica transcranica (TMS). Rispetto a questi ultimi, l’idea è quella di indagare la fisiopatologia dei disturbi d’ ansia per comprendere i meccanismi neurali che facilitano l’estinzione della risposta di paura a seguito dell’esposizione allo stimolo ansiogeno.
La stimolazione magnetica transcranica per il trattamento dei disturbi d’ansia
I disturbi d’ansia rappresentano una delle più diffuse tra le patologie mentali e a volte può debilitare i pazienti al punto da ostacolare la loro vita quotidiana. Evidenze dimostrano che il trattamento più idoneo per tali disturbi è la terapia cognitivo – comportamentale (CBT).
Oltre ai trattamenti psicoterapeutici, però, esistono quelli farmacologici e quelli che agiscono sui network neurali (Bajbouj, & Padberg, 2014), come la stimolazione magnetica transcranica (TMS). Rispetto a questi ultimi, l’idea è quella di indagare la fisiopatologia dei disturbi d’ansia per comprendere i meccanismi neurali che facilitano l’estinzione della risposta di paura a seguito dell’esposizione allo stimolo ansiogeno (Vervliet, Craske, & Hermans, 2013).
Da ricerche effettuate sia su animali che su umani emerge che un’area rilevante per l’estinzione della risposta a uno stimolo condizionato, quindi anche per disapprendere l’ansia, è la corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC) (Guhn, Dresler, Hahn, Muhlberger, Strohle, Deckert, et al., 2012).
Uno studio recente, effettuato dal dipartimento di psicologia clinica dell’università di Wurzburg, ha cercato di aumentare l’efficacia della terapia cognitivo – comportamentale per i disturbi d’ansia combinandola con l’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica. Come sappiamo, l’ansia può essere legata a svariate situazioni ma i ricercatori si sono soffermati sull’acrofobia (paura per le altezze elevate) di 39 soggetti. Il metodo di ricerca consisteva nella stimolazione della vmPFC attraverso stimolazione magnetica transcranica per 20 minuti durante una terapia di tipo espositivo in una realtà virtuale (VRET). La realtà virtuale consentiva di elicitare le stesse risposte di quella reale, poiché le persone avvertivano comunque la paura, nonostante sapessero che non erano effettivamente in pericolo.
I risultati della ricerca hanno dimostrato che la stimolazione del lobo frontale consente di inibire la paura contribuendo ad ampliare i dati riguardanti i processi di estinzione dell’apprendimento non solo in soggetti sani ma anche in quelli fobici. Dunque, combinando la stimolazione magnetica transcranica con una terapia espositiva e cognitivo comportamentale, i pazienti fobici migliorano più facilmente e velocemente. Gli sviluppi futuri di tale studio potrebbero riguardare la validazione di questo intervento per altre forme di ansia, come la fobia sociale, il disturbo d’attacco di panico o quello d’ansia generalizzata.