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I servizi psichiatrici di diagnosi e cura tra criticità e innovazione – Report dal corso di Palermo, 13 luglio 2017

Il 13 luglio a Palermo si è tenuto un corso sui limiti e le possibilità di miglioramento delle strutture psichiatriche di cura di SPDC.

Di Angela Ganci

Pubblicato il 22 Ago. 2017

Diagnosi, intervento precoce, in particolare per il contrasto dei comportamenti aggressivi, integrazione di farmacologia e psicoterapia, criticità e strategie di miglioramento dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC), reparti psichiatrici attivi negli ospedali generali, affermatisi come la più durevole struttura dei Dipartimenti di Salute Mentale. Questi i temi centrali del corso di aggiornamento tenutosi a Palermo il 13 luglio scorso presso la sezione di psichiatria del Dipartimento di Biomedicina sperimentale e neuroscienze cliniche dell’Università di Palermo, diretto dal professor Daniele La Barbera.

 

I limiti e le innovazioni delle strutture psichiatriche di SPDC

L’idea da cui origina il presente corso è quella di chiarire funzioni proprie, limiti e possibilità di miglioramento dei SPDC, in virtù della presenza di protocolli nazionali comuni, di una vera e propria rete nazionale, soprattutto in relazione ad alcune emergenze riscontrabili nelle acuzie, come i comportamenti aggressivi e suicidari, con risvolti di tipo giuridico-forensi” commenta Antonio Francomano, cultore di materia e docente presso l’Università di Palermo.

Lungo il corso, che si è snodato tra sessioni mattutine e pomeridiane, argomenti cardine sono stati la diagnosi e la cura dell’esordio psicotico, l’individuazione di fattori di rischio, delle terapie farmacologiche e psicoterapeutiche più efficaci, in particolare sul versante della riabilitazione cognitiva, il tutto calibrato all’interno della struttura specifica dell’SPDC.

Riguardo ai fattori di rischio genetico è bene precisare che non esiste un gene della psicosi, piuttosto numerosi geni, ognuno dei quali conferisce un rischio aggiuntivo – spiega Emi Biondi, Responsabile SPDC Ospedali Riuniti di Bergamo e Presidente Coordinamento Nazionale SPDC. Esistono fattori di rischio perinatali come l’ipossia alla nascita, e altresì fattori legati all’uso di stupefacenti (per esempio la cannabis aumenta di tre volte il rischio di sviluppare disturbi psicotici, l’anfetamina è in grado di produrre sintomi positivi come i deliri, mentre l’LSD induce sia sintomatologia positiva che negativa, come l’apatia). Bisogna considerare altresì l’esperienza migratoria, possibile fattore scatenante di episodi psicotici dovuti allo stress”.

Report - I servizi psichiatrici di diagnosi e cura tra criticità e innovazione, Palermo

Si tratta di problematiche di natura cognitiva, affettiva e sociale, patologie invalidanti poiché investono l’ambito cognitivo, emotivo e relazionale da cui l’urgenza di interventi precoci centrati sulla combinazione di terapie psicologiche e di tipo farmacologico.

Ogni episodio di malattia è una sorta di infarto neurologico, ecco perché riuscire a seguire fin da subito gli episodi psicotici è importante per attutirne il decorso. I farmaci sono raccomandati fin dai primi esordi psicotici, soprattutto gli antipsicotici a rilascio prolungato, utili nei casi di scarsa compliance nei pazienti affetti da schizofrenia, in combinazione con interventi di carattere riabilitativo e psicosociale” – continua Biondi.
Interventi di routine, la cui efficacia, anzi la cui stessa praticabilità, si scontra con criticità di carattere organizzativo dei SPDC relative ai cosiddetti ricoveri impropri.

La filosofia dei SPDC è l’accoglienza, garantita dalla presenza di spazi per le attività psico-socio-educative e da un clima di reparto che promuove la riduzione degli agiti violenti. Noi intendiamo i SPDC non solo come spazi di contenimento farmacologico d’urgenza, ma come spazi di ricostruzione, di crescita e di riacquisizione di Sé e delle sue parti, nonché della capacità di stabilire sane relazioni sociali. E’ importante ricordare che la destinazione d’uso di un SPDC è quella di occuparsi dell’emergenza su pazienti bipolari e psicotici. Questa naturale funzione subisce però dei rallentamenti per la presenza in circa il 30% dei casi (almeno cinque su quindici posti letto) di altre tipologie di pazienti come minori o autori di reato – chiarisce Francesco Chimenz, Responsabile SPDC Ospedale di Taormina ASP Messina – Occuparsi di pazienti psicotici e bipolari significa lavorare su due aspetti specifici: da un lato la frequenza dei comportamenti violenti, più elevata nei pazienti bipolari, dall’altra la gestione del rischio suicidario. Sotto il primo aspetto una strategia relazionale molto utile adoperata dall’équipe di un SPDC è il talk down, strategia volta ad abbassare i toni del soggetto che esprime aggressività; nel secondo caso è importante tenere in osservazione il paziente, in seguito a un tentato suicidio, a un mancato suicidio o alla sola ideazione suicidaria, e dopo le dimissioni orientarlo e seguirlo attraverso i presidi territoriali”.

Le strategie più adeguate per la riabilitazione cognitiva nelle strutture di SPDC

Sulla riabilitazione cognitiva presenta infine la sua dettagliata relazione il professor Francomano, argomentando le strategie più idonee, sia sul versante cognitivo che socio-relazionale.

Solo il 27% dei pazienti schizofrenici non presenta problemi di cognitività. In quest’ambito dobbiamo considerare tre domini, ovvero la metacognizione, la consapevolezza delle proprie abilità cognitive, la neurocognitività, l’abilità di percepire e processare le informazioni, e la cognizione sociale, la capacità di percepire e interpretare il comportamento altrui, che implica la percezione delle emozioni altrui e il mettersi nei panni degli altri”.

Ecco che la riabilitazione cognitiva mira alla precocità degli interventi che riducono il deterioramento delle funzioni psichiche di memoria e attenzione e migliorano il funzionamento sociale, aspetto influenzato dalla cognizione, al fine di garantire al paziente con schizofrenia il mantenimento delle relazioni interpersonali e una vita autonoma. “E’ fondamentale una buona diagnosi e un tempestivo intervento. Infatti ciò che si perde nei primi cinque anni di malattia non si recupera più. La diagnosi di una compromissione cognitiva beneficia del Brief assessment of Cognition in Schizofrenia, una batteria di test per lo studio delle principali funzioni cognitive come attenzione, memoria di lavoro, velocità di processamento e funzioni esecutive così come del Global Assessment of Functioning (GAF) per la valutazione generale del funzionamento sociale, occupazionale e psicologico. Riguardo le tecniche di riabilitazione cognitiva da citare è la Cognitive Remediation Therapy (CRT) consistente in un programma di training cognitivo strutturato e costituito da tre moduli elaborati per lo sviluppo di funzioni quali flessibilità cognitiva, memoria di lavoro e pianificazione. L’obiettivo è di indurre la persona a sviluppare strategie proprie per risolvere i problemi, con il supporto di personale addestrato a guidare il soggetto nella formulazione di una risposta adeguata alle richieste dell’ambiente. Importanza assumono poi gli interventi psicoeducazionali, che guidano il soggetto alla miglior comprensione della malattia, al riconoscimento dei segnali precoci di crisi e al contenimento dell’emotività espressa intrafamiliare. Per incidere positivamente sul funzionamento sociale si utilizza infine il Social Skills Training, programma che aiuta a incrementare le abilità nelle relazioni interpersonali al fine di ritardare, o addirittura ridurre, la probabilità di ricaduta nei pazienti schizofrenici”.

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Angela Ganci
Angela Ganci

Psicologia & Psicoterapeuta, Ricercatrice, Giornalista Pubblicista.

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