Diffidare, sospettare, immaginare trame malevole ai nostri danni. E poi leggere le azioni degli altri come segno di un’intenzione di sottometterci, umiliarci. Starci male, sentirsi come una zanzara spiaccicata e poi ribellarsi, contrattaccare se possibile. L’essenza della paranoia è questa.
Un articolo di Giancarlo Dimaggio pubblicato su La Lettura de Il Corriere della Sera del 4 giugno 2017
“Cos’è la paranoia?” chiesi a un perverso discografico. “La paranoia è solo la realtà su una scala più sottile”, mi rispose Philo Gant in Strange Days. Il film mi insegnò un’altra massima: “Il punto non è se sei paranoico… il punto è se sei abbastanza paranoico”.
Diffidare, sospettare, immaginare trame malevole ai nostri danni. E poi leggere le azioni degli altri come segno di un’intenzione di sottometterci, umiliarci. Starci male, sentirsi come una zanzara spiaccicata e poi ribellarsi, contrattaccare se possibile. L’essenza della paranoia è questa. Nasce come un meccanismo protettivo utile, necessario: chi ci garantisce che il sorriso dello straniero che bussa alla porta sia reale e non un’infida maschera? Ma in presenza di una tendenza cronica a sentirsi vulnerabile, diventa un modo di vedere il mondo. Per una lumaca senza guscio il cielo è fatto di tacchi minacciosi. La distanza che separa diffidenza e paranoia è quanto ci percepiamo vulnerabili. Non stupisca che il più grande specialista di tutti i tempi sia stato Stalin. Il potere non lo ha mai reso sicuro, nota Leonardo Tondo in “Qualcuno ce l’ha con me”. Non sono i milioni di omicidi che ha commissionato per paura a colpirmi, ma che abbia preso il suicidio della seconda moglie come un’offesa personale, un’umiliazione pubblica.
Il paranoico soffre. Gli somiglia per diffidenza e attribuzione di cattive intenzioni il complottista, disegnato da Rob Brotherton in “Menti sospettose”, che però non sta male, piuttosto si compiace del suo smascherare trame oscure, contro le quali, naturalmente, può solo proclamare un supponente: “Non mi fanno fesso”. Le lobby dei vaccini, i Savi di Sion, il Nuovo Ordine Mondiale.
Mi concedo una personale forma di complottismo: sono convinto che un élite di plutocrati incompetenti decida le sorti del mondo seduta, una volta all’anno, a un ristorante di una spiaggia di Antigua durante una pantagruelica cena dei cretini.