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Un enzima metabolico capace di influenzare i ricordi

Uno studio ha dimostrato come esista un enzima metabolico in grado di attivare o disattivare i geni quando vengono creati nuovi ricordi.

Di Filomena Propato

Pubblicato il 13 Giu. 2017

Aggiornato il 03 Lug. 2019 12:12

I ricercatori della Scuola di medicina di Perelman dell’Università della Pennsylvania hanno scoperto, nel cervello del topo, che un enzima metabolico chiave agisce direttamente dall’interno del nucleo dei neuroni per attivare o disattivare i geni quando vengono creati nuovi ricordi.

 

Cosa avviene nel cervello quando si creano nuovi ricordi

Comprendere come i ricordi si formano, vengono recuperati e, alla fine, come sbiadiscono col tempo è oggetto di studio da molti anni. In un recente studio è stato scoperto, nel cervello del topo, che un importante enzima lavora direttamente all’interno del nucleo dei neuroni per attivare o disattivare i geni quando vengono creati nuovi ricordi. I ricercatori ipotizzano che la registrazione di un nuovo ricordo e la memorizzazione di uno vecchio implichino lo sviluppo di proteine nello spazio, o la creazione di nuove sinapsi, dove un neurone incontra un altro neurone. Ma la formazione di questi ricordi richiede anche un’espressione genica nuova nel nucleo cellulare, dove il DNA viene immagazzinato e i geni vengono decodificati per stabilire le funzioni specifiche delle cellule.

Recentemente, i ricercatori della Scuola di medicina di Perelman dell’Università della Pennsylvania hanno scoperto, nel cervello del topo, che un enzima metabolico chiave agisce direttamente dall’interno del nucleo dei neuroni per attivare o disattivare i geni quando vengono creati nuovi ricordi. Questo enzima, chiamato acetil-CoA sintetasi 2 (ACSS2), alimenta un’intera macchina di espressione genica in loco nel nucleo delle cellule nervose per attivare i geni chiave della memoria dopo l’apprendimento.

L’enzima acetil-CoA sintetasi 2 e la compromissione della memoria nei disturbi neurodegenerativi

Questo studio fornisce un nuovo target per i disturbi neuropsichiatrici, come l’ansia e la depressione, in cui i meccanismi neuroepigenetici sono fondamentali. L’ipotesi è che ACSS2 possa avere un ruolo nella compromissione della memoria nei disturbi neurodegenerativi.
La formazione delle memorie prevede la ristrutturazione delle sinapsi, che si basa sull’espressione coordinata di un gruppo di geni della memoria. L’aggiunta di un gruppo chimico, un processo chiamato acetilazione, su punti specifici del genoma nei neuroni, destabilizza la struttura del DNA interferendo con la “lettura” dei geni coinvolti nella formazione della memoria.

I meccanismi epigenetici aiutano a capire maggiormente come l’aggiunta o la sottrazione di gruppi chimici, che influenzano l’espressione genica, siano essenziali nella regolazione delle diverse funzioni neuronali. In questo studio, il team di Penn ha scoperto che l’enzima metabolico acetil-CoA sintetasi 2 si lega ai geni della memoria nei neuroni per regolare direttamente e alimentare la loro acetilazione, che in ultima analisi regola la memoria spaziale nei topi.

I ricercatori hanno trovato che in un modello di coltura cellulare neuronale, l’ACSS2 aumenta nei nuclei dei neuroni differenziali e localizza i “geni neuronali upregolated” in prossimità dei siti ad elevata acetilazione istonica. Allo stesso tempo, una riduzione di ACSS2 riduce l’acetilazione e i livelli di acetil-CoA nel nucleo con conseguente diminuzione dell’espressione dei geni della memoria.

Successivamente, lo studio ha evidenziato che se l’espressione ACSS2 degli animali era bloccata, la memoria a lungo termine era compromessa, come dimostrato dall’inabilità dei topi di ricercare degli oggetti che erano stati collocati in una camera. Infatti, in un trial di due giorni, questi topi non sono andati alla ricerca dell’oggetto spostato il secondo giorno, mentre i topi del gruppo di controllo lo hanno fatto. Questo perché, senza ACSS2, i topi non avevano a disposizione alcun path molecolare per coinvolgere i geni della memoria affinché potessero memorizzare la posizione degli oggetti. A sua volta, questa diminuzione dell’ACSS2, in regioni cerebrali specifiche, compromette la “lettura” dei geni fondamentali implicati nella formazione delle nuove memorie o per l’aggiornamento di quelle vecchie.

Gli autori sperano di poter applicare in futuro questa nuova scoperta sulla memoria per impedire la formazione di ricordi traumatici, o addirittura per cancellarli, in persone che soffrono di disturbi post-traumatici, bloccando l’ACSS2 nella regione del cervello che elabora la memoria a lungo termine, l’ippocampo.

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