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L’arte di essere fragili: come Leopardi può salvarti la vita di Alessandro D’Avenia (2016) – Recensione

In “L’arte di essere fragili” Alessandro D’Avenia stabilisce uno scambio epistolare con il poeta Giacomo Leopardi rivalutandone la sua figura.

Di Costanza Valentini

Pubblicato il 09 Giu. 2017

Aggiornato il 16 Ott. 2017 11:21

In “L’arte di essere fragili” l’autore Alessandro D’Avenia intesse un ipotetico scambio epistolare con il poeta Giacomo Leopardi (1798-1837) rivalutandone la sua figura “spesso liquidata e ricordata come pessimista e sfortunata”, sebbene a suo avviso dimostri attraverso le varie lettere e citazioni quanto invece Leopardi fosse “affamato di vita e di infinito”. Il testo è suddiviso nelle seguenti sezioni: adolescenza (o l’arte di sperare), maturità (o l’arte di morire), riparazione (o l’arte di essere fragili), morire (o l’arte di rinascere).

 

L’arte di essere fragili: uno scambio epistolare con Giacomo Leopardi

Alessandro D’Avenia, giovane scrittore e insegnante di Lettere, fin dal suo esordio letterario si è rivolto principalmente ad un pubblico giovane, bloccato in quella età di mezzo caotica che è l’adolescenza. Con i suoi libri ha cercato di intessere un dialogo con loro partendo dall’ascolto dei loro principali bisogni inespressi e inappagati, aiutandoli a ritrovare un senso ed una direzione nella loro vita. Questa volta, tuttavia, il libro può essere apprezzato anche da un lettore più maturo, sebbene l’interlocutore principale continui ad essere l’adolescente in quanto futuro adulto.

In “L’arte di essere fragili” l’autore intesse un ipotetico scambio epistolare con il poeta Giacomo Leopardi (1798-1837) rivalutandone la sua figura “spesso liquidata e ricordata come pessimista e sfortunata”, sebbene a suo avviso dimostri attraverso le varie lettere e citazioni quanto invece Leopardi fosse “affamato di vita e di infinito”. Il testo è suddiviso nelle seguenti sezioni: adolescenza (o l’arte di sperare), maturità (o l’arte di morire), riparazione (o l’arte di essere fragili), morire (o l’arte di rinascere).

L’autore, in un primo momento, mette in risalto il desiderio del giovane Leopardi di esplorare il mondo esterno, di andare oltre i limiti della “siepe” e di una famiglia controllante, “rapito” da una sorta di “innamoramento” della natura attraverso cui comprende la propria vocazione e il proprio scopo ultimo, ossia realizzarsi attraverso la letteratura, componendo scritti colmi di questo “rapimento”. La vita, però, molto spesso non asseconda le nostre aspirazioni ma, anzi, pone degli ostacoli (nel caso di Leopardi l’ impossibilità in un primo momento di allontanarsi dalla famiglia di origine, l’amore negato più volte, la malattia che lo priva del suo unico scopo di leggere e scrivere). Davanti a ciò, l’adulto mette da parte i propri sogni ma quello che dovrebbe fare è, invece, accettare i limiti per realizzare nuovi “rapimenti” che vadano oltre ai limiti stessi o che ne riattribuiscano un senso. Per questo motivo, secondo Alessandro D’Avenia, Leopardi non è pessimista: a suo avviso è invece un uomo che, scontrandosi con gli ostacoli, ha fatto diventare i suoi scopi irraggiungibili e i limiti della vita ulteriori nuovi scopi di lirica e poesia, di ampliamento della conoscenza. Il canto della solitudine e della natura malvagia nascono proprio dalla riattribuzione di senso rispetto agli eventi negativi che hanno costellato la sua vita.

L’arte di essere fragili, la lettura cognitivista del libro

Emerge una possibilità di lettura del testo in termini cognitivisti, con elementi propri della scopistica e dei movimenti cosiddetti di “terza ondata” del cognitivismo.

Gli scopi costituiscono il sistema motivazionale dell’individuo, orientandone il comportamento e le scelte in base al proprio sistema di valori. Occorre avere degli scopi, senza non siamo definiti come persona. E’ altrettanto importante riuscire a marcare emotivamente i propri desideri. Gli scopi sono infatti strettamente interconnessi alle emozioni, che hanno la funzione di segnalare a noi stessi e agli altri dove ci collochiamo rispetto all’obiettivo finale che ci siamo posti. Emozioni positive segnalano che ci stiamo avvicinando all’obiettivo, viceversa emozioni di tristezza o invidia segnalano che ne siamo lontani. Una marcatura “positiva” di un desiderio è ciò che è alla base del “rapimento” descritto nel testo dall’autore, che sprona i giovani a riconoscerlo e a identificarlo in modo da comprendere quale possa essere il loro scopo terminale o passione nel corso della vita adulta.

Ma la sofferenza psicologica nasce spesso proprio dal continuare a cercare di raggiungere scopi irraggiungibili. Una soluzione a questa impasse giunge dal movimento di “terza ondata” del cognitivismo che sottolinea l’importanza della accettazione, che è un concetto ben diverso dal condividere e subire passivamente quanto stiamo vivendo. Accettare significa capire che non c’è possibilità di azione, sentire l’emozione di dolore e di impotenza che ne scaturisce per poi, in un secondo momento, riuscire però a guardare oltre, trovando nuovi significati di vita [“Malinconia è vedere l’enorme fragilità del mondo e non scappare ma chinarsi a riparare senza stancarsi; scorgere che sempre, sempre, qualcosa manca, e in quel vuoto sentirsi spinti non verso il nulla, ma verso la creazione”].

Questa è l’arte di essere fragili propria della età della maturità, l’arte di accettare ciò che non si può cambiare senza esserne sottomessi. L’arte di continuare a fare poesia della e nella sofferenza [“C’è ancora qualcosa da scoprire, una luce in mezzo alle tenebre, non fosse altro che la luce dei tuoi versi…non hai trasformato il nulla in nulla ma in bellezza”].

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • D’Avenia, A. (2016). L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita. Mondandori.
  • Ruggiero, G. M., & Sassaroli, S. (2013). Il colloquio in psicoterapia cognitiva. Raffaello cortina editore.
  • Lorenzini, R., & Sassaroli, S. (2000). La mente prigioniera: strategie di terapia cognitiva. R. Cortina.
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