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Gli antidepressivi hanno lo stesso effetto su tutti?

Per poter scegliere l'antidepressivo giusto per ciascun paziente è opportuno considerare variabili come il genere, il peso e il profilo sintomatologico.

Di Carmen Campana

Pubblicato il 16 Mag. 2017

Aggiornato il 03 Ott. 2018 10:48

Attualmente, nel campo della psichiatria si assiste ad un rinnovato interesse ad identificare i fattori clinici e biologici che aiutino gli psichiatri a scegliere il trattamento migliore per ogni paziente depresso. Tale obiettivo è fermamente perseguito da Leanne Williams (2017), co-autore di una nuova interessante ricerca.

 

Come scegliere l’antidepressivo giusto

L’efficacia degli antidepressivi è inconfutabile, ma selezionare quello più adatto ad ogni paziente può essere un processo caratterizzato da “prove ed errori”. Infatti, può accadere che si debbano assumere diversi farmaci prima di trovare quello giusto. Un approccio psichiatrico che consideri in modo complementare variabili diverse, come genere, indice di massa corporea (IMC) e profilo sintomatologico del paziente, potrebbe rivelarsi più preciso ed adeguato a delineare un trattamento ‘pensato su misura’ per ciascun paziente. Personalizzare il trattamento consentirebbe di giungere più facilmente al miglioramento sintomatologico del paziente.

Attualmente, nel campo della psichiatria si assiste ad un rinnovato interesse ad identificare i fattori clinici e biologici che aiutino gli psichiatri a scegliere il trattamento migliore per ogni paziente depresso.

La ricerca: quali sono i possibili fattori predittivi del grado di remissione della depressione

Tale obiettivo è fermamente perseguito da Leanne Williams (2017), co-autore di una nuova interessante ricerca. L’ipotesi è che l’obesità (alto IMC) e il sesso, insieme, siano i fattori predittivi del grado di remissione dei sintomi depressivi nei pazienti. I dati della ricerca sono stati raccolti su un campione clinico di 659 soggetti di età compresa tra i 18 e i 65 anni, attraverso la partecipazione allo studio internazionale per predire il trattamento ottimale per la depressione (iSPOT-D).

I partecipanti sono stati assegnati in modo randomizzato a tre gruppi sperimentali, in cui venivano somministrati per otto settimane tre tipi di farmaci antidepressivi: venlafaxina-XR, sertralina ed escitalopram. Per ciascun soggetto sono stati misurati peso e altezza e monitorati i cambiamenti nella gravità della sintomatologia attraverso la somministrazione, prima e dopo il trattamento, della scala self-report Hamilton Rating Scale. Alla fine del trattamento, i pazienti per i quali si riscontrava un miglioramento significativo a livello sintomatico erano definiti “in remissione”, viceversa per coloro che non riscontravano un miglioramento erano definiti “non in remissione”.

I risultati hanno mostrato che uomini e donne con un alto IMC, a differenza dei soggetti normopeso, mostravano remissione con maggiore frequenza se sottoposti a trattamento farmacologico con venlafaxina-XR (Fig.1). Nello specifico si assisteva alla riduzione dei sintomi fisici tipici della depressione, come disturbi del sonno, ansia somatizzata e appetito.

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Fig.1. Rappresentazione delle probabilità di remissione in funzione dell’indice di massa corporea e del tipo di farmaco somministrato. Immagine adattata da Green et al. (2017).

Inoltre, indipendentemente dal tipo di farmaco somministrato, le donne con sovrappeso mostravano miglioramenti sul versante sintomatologico cognitivo (Fig.2), a livello di senso di colpa e ideazione suicidaria.

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Fig.2. Illustrazione grafica delle probabilità di remissione in funzione dell’indice di massa corporea e del genere, indipendentemente dal tipo di farmaco somministrato. Immagine adattata da Green et al. (2017).

Queste evidenze consentirebbero agli psichiatri di abbracciare un’ottica di trattamento farmacologico su misura, reso possibile soprattutto nella prima valutazione, in cui si acquisiscono informazioni su peso, altezza e quadro sintomatologico del paziente.

Promotrice di questa posizione è Erin Green (2017), la quale sostiene che, nonostante il bisogno di replicare ed ampliare i dati, quelli raccolti attraverso la ricerca presentata siano validi per un primo cambiamento all’approccio clinico con il paziente, mancando attualmente indicatori e algoritmi specifici che guidino la scelta del trattamento per pazienti sia depressi che obesi.

Tale modalità di cura mira a rendere la farmacoterapia più precisa e senza costi aggiuntivi, semplicemente prendendo in considerazione fattori già disponibili nel colloquio anamnestico. Tale linea di ricerca, dunque, invita a ridefinire la valutazione del paziente, includendo variabili tra loro complementari che possano essere predittive di un outcome positivo.

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