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La Comunicazione Mediata da Computer e la Self-Disclosure, costrutto importante nella psicoterapia faccia a faccia e on-line

La Comunicazione Mediata da Computer può davvero garantire una comunicazione autentica tra persone e facilitare dei momenti di self-disclosure?

Di Guest

Pubblicato il 13 Apr. 2017

Considerando la rilevanza della Self-Disclosure nella comunicazione Face to Face come elemento fondamentale per iniziare, sviluppare e mantenere le relazioni e, considerando la repentina diffusione della Comunicazione Mediata da Computer, alcuni ricercatori hanno indagato la variazione della Self-Disclosure anche nella comunicazione online.

Tommaso Ciulli – OPEN SCHOOL Scuola Psicoterapia Cognitiva di Firenze

 

Dalla loro nascita ad oggi, le tecnologie di comunicazione via Internet hanno registrato un’espansione senza precedenti. Per le nuove generazioni la comunicazione mediata dal computer rappresenta una modalità comune e consueta di comunicare. Come rilevato da Erich e Rhonda (2000), Internet ha determinato un forte impatto nei modelli di comunicazione interpersonale, facilitando inoltre le amicizie e le relazioni romantiche. La diffusione della Comunicazione Mediata dal Computer (CMC) come modalità abituale di comunicare pone numerosi interrogativi su come queste tecnologie siano in grado di modificare la comunicazione (Corlianò, 2010).

La comunicazione mediata dal computer viene definita come un processo attraverso il quale le persone creano, scambiano e ricevono le informazioni utilizzando i sistemi di telecomunicazione che facilitano la codifica, la trasmissione e la decodifica dei messaggi (December, 1996).

Dal momento che Internet è divenuto un luogo importante per l’interazione sociale (D’Amico, 1998), diversi ricercatori in ambito psicologico hanno studiato le diverse applicazioni e possibilità legate alla comunicazione mediata dal computer via Internet, suddividendole in due principali categorie; in base alla capacità del mezzo utilizzato di permettere lo scambio comunicativo in tempi diversi (comunicazione asincrona) oppure nello stesso tempo (comunicazione sincrona). La comunicazione asincrona comprende: E-Mail, mailing-list e newsgroup; quella sincrona racchiude gli Istant Messaging (IM), le Internet Relay Chat (IRC) o le web-conference (la comunicazione via webcam).

 

Comunicazione mediata dal computer: le tecnologie al servizio della psicologia

Come affermato da Skitka e Sargis (2006), le tecnologie introdotte con Internet possono essere usate come un laboratorio di psicologia, possono essere manipolate molte variabili e molti indizi visivi e uditivi, possiamo scomporre l’interazione sociale nelle sue componenti base.

Nei primi anni ‘90 le ricerche scientifiche hanno analizzato diversi aspetti: la diversità tra le interazioni online nei differenti ambienti digitali, le differenze nelle interazioni faccia a faccia (FtF) e quelle online, gli effetti sulla vita quotidiana prodotti dall’uso prolungato della comunicazione mediata dal computer o le differenze etnografiche nell’uso della comunicazione mediata dal computer.

Le prime ricerche si sono concentrate sull’influenza che queste tecnologie hanno portato negli ambienti lavorativi\aziendali, primi veri luoghi di crescita della comunicazione mediata dal computer, definite task-oriented (Tosoni, 2004). Queste prime indagini si focalizzavano sulle conseguenze sociologiche dell’introduzione della comunicazione mediata dal computer in strutture organizzative preesistenti. Questi modelli si concentravano sulle caratteristiche fisiche del mezzo e della sua capacità\ricchezza di trasmettere più o meno informazioni. Alcuni ricercatori hanno direzionato la loro attenzione sulle varie componenti della comunicazione offline e sulle possibili differenze tra la comunicazione mediata dal computer e quella faccia a faccia (FtF). Come affermano Derlega, Winstead, Wong e Greenspam (1987), due fenomeni presenti nella comunicazione risultano essere molto importanti e rilevabili all’interno di ogni relazione, ovvero, la Self-Disclosure e la Self-Presentation.

 

La Self-Disclosure

La Self-Disclosure e la Self-Presentation sono componenti importanti della comunicazione, sono costrutti molto legati fra di loro ma non intercambiabili (Schlenker, 1986; Johnson, 1981). Goffman (1959) descrive la Self-Presentation come il processo di gestione delle informazioni personali, la selezione di ciò che riportiamo di noi all’esterno, mentre Wheeless e Grotz (1976), definiscono la Self-Disclosure come “ogni messaggio riguardo se stessi che una persona comunica ad un’altra”; Archer (1980) fornisce una definizione della Self- Disclosure molto simile e la identifica come l’azione di rivelare informazioni personali, pensieri e sentimenti ad altri soggetti. Pertanto, la Self-Presentation implicherebbe una selezione delle informazioni riguardanti se stessi divulgate all’esterno, mentre, stando alle definizioni di Self-Disclosure, non vi sarebbe in essa alcuna selezione delle informazioni.

Tra i due fenomeni quello più facilmente identificabile e osservabile è la Self- Disclosure, infatti, Jourard (1971) afferma come per identificare tale aspetto sia necessario solamente rilevare la quantità di informazioni personali espressa nella relazione.

Nella vita di tutti i giorni la Self-Disclosure risulta essere molto importante per le sue implicazioni all’interno di ogni relazione sia essa con un individuo o un gruppo di persone. È importante all’interno di semplici interazioni con gli amici, con i famigliari o con gli estranei, e, soprattutto, all’interno di quelle relazioni dove l’esprimere sé stesso è determinante come nel percorso psicoterapeutico.

Permette la nascita e lo sviluppo delle relazioni (Gibbs, Ellison, & Heino, 2006), ne influenza il percorso e può trasformarne il significato (Derlega, Metts, Petronio, & Margulis, 1993). Alcune ricerche, che hanno studiato le relazioni intime tra le persone, hanno riportato come una maggiore Self-Disclosure da parte di entrambi i partner accresca l’esperienza di intimità ed essi riportino una maggiore soddisfazione nel rapporto (Laurenceau, Barrett, & Pietromonaco, 1998; Reis & Shaver, 1988). È stata considerata come una componente rilevante all’interno delle relazioni genitori-figli (Papini & Farmer, 1990). La Self-Disclosure è stata anche associata ad una maggiore autostima, ad un maggiore benessere generale e psicologico (Kernis, 2003; Kernis & Goldman, 2006), inoltre, le persone sane tendono a riportare una Self-Disclosure con più dettagli di tipo positivo che negativo (Wheeless & Grotz, 1976).

Il passaggio dallo studio della Self-Disclosure nella vita di tutti i giorni, allo studio di essa nella Comunicazione Mediata da Computer è stato breve; considerando la rilevanza della Self- Disclosure nella comunicazione Face to Face come elemento fondamentale per iniziare, sviluppare e mantenere le relazioni e, considerando la repentina diffusione della Comunicazione Mediata da Computer, alcuni ricercatori hanno indagato la variazione della Self-Disclosure anche nella comunicazione online.

 

La Self-Disclosure online: i modelli

I dati raccolti dalle ricerche hanno portato alla formulazione di modelli interpretativi volti a spiegare le variazioni tra la Self-Disclosure nella comunicazione Face to Face e nella Comunicazione Mediata da Computer.

Sproull e Kiesler (1985) hanno proposto la teoria RSC, Reduced Social Cues, secondo i quali la Comunicazione Mediata da Computer impedirebbe alle persone impegnate nell’interazione di includere tutte quelle informazioni che si agganciano alla comunicazione verbale (quali il tono di voce, gli indizi visivi, il linguaggio del corpo, l’aspetto,  la mimica, la prossemica) presenti invece nella comunicazione Faccia a Faccia (FtF), con la conseguenza, secondo tale teoria, di un generale appiattimento sociale e di una minore Self-Disclosure nella Comunicazione Mediata da Computer rispetto alla FtF.

Altri autori come Lea e Spears (1992) hanno sviluppato un modello diverso da quello proposto da Sproull e Kiesler (1985). Secondo il modello SIDE (Social Identity DE-individuation di Lea e Spears), tutti gli indizi che riguardano l’identità sociale non vengono filtrati dalla comunicazione mediata, ma passano attraverso le conoscenze pregresse delle persone che hanno un’interazione al computer, oppure, tramite indicatori inclusi nei messaggi come le intestazioni e le firme elettroniche. Proprio perché la Comunicazione Mediata da Computer, al contrario di quanto postulato dalla RSC, permette il passaggio di certi indicatori sociali nonostante la scarsa larghezza di banda che è comunque intrinseca al mezzo, la Comunicazione Mediata da Computer non equalizza gli attori, non avverrebbe un appiattimento sociale della comunicazione ed una minore Self-Disclosure. Inoltre, Lea e Spears (1992) hanno rilevato che tutte le informazioni che fanno parte della comunicazione non verbale e che non possono essere direttamente trasmesse tramite E-Mail, vengono in realtà “tradotte” e inserite nel testo tramite l’impiego di emoticon o di un particolare stile di scrittura permettendo così la Self-Disclosure nella Comunicazione Mediata da Computer.

Walther (1992) propone un altro modello in grado, secondo l’autore, di spiegare quali siano le dinamiche che permettono o limitano la Self-Disclosure nella Comunicazione Mediata da Computer. Il suo approccio denominato SIP (Social Information Processing) al contrario del modello SIDE (Lea & Spears, 1992) si distanzia molto dagli approcci basati sugli indizi filtrati, introducendo due variabili indipendenti fondamentali, ovvero, le aspettative di future interazioni e il fattore temporale. Per quanto riguarda la prima variabile, le aspettative di futura interazione, che in genere non venivano considerate negli esperimenti di laboratorio delle precedenti ricerche sulla Comunicazione Mediata da Computer, risulterebbero, secondo invece il modello SIP, determinanti nella disponibilità dei soggetti ad aprirsi maggiormente, a ricercare maggiori informazioni l’uno dell’altro, a comportarsi a in maniera più amichevole e a cooperare nelle negoziazioni. In riferimento alla seconda variabile, l’ipotesi dei ricercatori è che, comunicando al computer, i tempi per l’espressione di comportamenti relazionali e per poter rivelare la propria identità, sono ovviamente più lunghi, ecco perché nel modello SIP viene presa in considerazione la variabile temporale.

Secondo tale approccio la Comunicazione Mediata da Computer non sarebbe meno efficace della comunicazione faccia a faccia dal punto di vista dell’interazione sociale (come teorizzato e rilevato dal modello RSC), ma solo meno efficiente a causa delle caratteristiche tecniche del computer, tra le quali: la riduzione di canali simbolici (che secondo il modello SIP, tende all’irrilevanza via via che i soggetti prendono confidenza con i nuovi strumenti) e la lentezza della digitazione che amplia il tempo degli scambi comunicativi rispetto all’interazione faccia a faccia.

Tale approccio critica direttamente i dati ottenuti dalle ricerche utilizzano il modello RSC sulla impersonalità della comunicazione, ritenendo che esse non tengono conto in modo adeguato dei tempi necessari per la Self-Disclosure. Le ipotesi dei ricercatori è stata supportata da ricerche condotte su persone geograficamente distanti, le quali cooperavano in gruppi di lavoro per diverse settimane e con molto tempo a disposizione per entrare in contatto con la tecnologia impiegata e per potersi aprire (Tosoni, 2004).

Non solo, come riportato da Walther (1992), le persone sono motivate ad adattarsi ai pochi indizi che la Comunicazione Mediata da Computer consente di trasmettere al fine di favorire la  formazione di buone impressioni nel desiderio di sviluppare rapporti interpersonali, come ad esempio rilevato nelle ricerche condotte da Cummings, Butler, e Kraut, (2002) e Wellman, Haase, Witte, e Hampton (2001), in cui le persone coinvolte potevano manipolare i due tipi di comunicazione mediata da computer (sincrona e asincrona) per soddisfare obiettivi differenti.

Successivamente alla volontà dei ricercatori di strutturare un modello univoco in grado di spiegare le variazioni rilevate nella Comunicazione Mediata da Computer rispetto alla FtF della Self- Disclosure ed alla difficoltà riscontrata nel raggiungere tale obiettivo, alcuni di essi hanno cercato di rilevare le differenze della Self-Disclosure tra Comunicazione Mediata da Computer e FtF considerando altre variabili.

In una serie di esperimenti, Bargh, McKenna e Fitzsimmons (2002) hanno trovato che gli studenti erano più facilitati nella loro Self-Disclosure in Internet che di persona (FtF). Alcuni ricercatori hanno trovato che la Comunicazione Mediata da Computer faciliterebbe lo scambio emotivo, empatico e favorirebbe una maggiore Self-Disclosure tra persone con problemi di salute, disabilità o persone con un basso livello di sostegno reale (Braithwaite, Waldron, & Finn, 1999; Maloney-Krichmar & Preece, 2005; Rice & Love, 1987; Turner, Grube, & Meyers, 2001). Altri autori Wellman et. al. (2001) rilevano che coloro che sono classificati come utenti regolari di internet non usano l’E-Mail come sostituto dell’interazione FtF, ma piuttosto come mezzo per mantenere e sviluppare le relazioni con persone distanti o per aiutare le persone che hanno già una relazione a sentirsi vicine tra di loro (Vetere et al., 2005). Parks e Floyd (1996), hanno rilevato come il processo di Self-Disclosure delle persone fosse in qualche modo accelerato all’interno della Comunicazione Mediata da Computer, e di come le persone arrivassero a parlare di dettagli molto intimi solo dopo aver scambiato due E-Mail. Bonebrake (2002), Cooper e Sportolari (1997) riportano che le persone forniscono volontariamente online informazioni su se stesse che in una simile interazione FtF non avrebbero mai fornito.

Joinson (2004) nella sua ricerca su tre gruppi di discussione diversi, ovvero, FtF, Comunicazione Mediata da Computer con indizi visivi (registrazione video) e Comunicazione Mediata da Computer in completo anonimato visivo, riportò gli stessi risultati, una maggiore Self-Disclosure nelle condizioni Comunicazione Mediata da Computer rispetto a FtF e una maggiore apertura nella condizione di completo anonimato visivo rispetto a quella registrata con video.

Bargh et. al. (2002), Tidwell e Walther (2002), riportano che la Comunicazione Mediata da Computer stimolerebbe una maggiore Self-Disclosure rispetto alla FtF. Quello che emerge dalle ricerche, sembra ripercorrere quanto ipotizzato da Rubin (1975) e Derlega e Chaikin (1977), secondo i quali le persone siano più facilitate ad aprirsi agli estranei su Internet, come nel fenomeno “dell’estraneo sul treno”, cioè, come gli individui rivelano informazioni ad uno sconosciuto sul treno che non rivelerebbero ad amici, colleghi o parenti, poiché in tal caso potrebbero intercorrere nei rischi sopra elencati. Così in rete, nella Comunicazione Mediata da Computer, l’anonimato presente potrebbe garantire ai loro utilizzatori una qualche sorta di difesa dalle loro preoccupazioni e paure di critiche sociali (McKenna, Green, & Gleason, 2002).

Secondo un’altra ipotesi, livelli più alti di Self-Disclosure online rispetto alla FtF, dipenderebbero da una maggiore esperienza nell’uso della Comunicazione Mediata da Computer: infatti le persone che utilizzano maggiormente tali mezzi di comunicazione, benché siano a conoscenza delle varie problematiche legate alla privacy, per una forte convinzione che la loro comunicazione non possa essere intercettata, non permetterebbero a tali preoccupazioni di alterare la loro Self-Disclosure (Frye & Dornisch, 2010). Secondo lo studio di Lai-yee Ma e Leung (2006), un uso frequente del programma ICQ (software di instant messaging) sarebbe, per esempio, correlato positivamente a livelli più alti di Self-Disclosure, in termini di ore per giorno e giorni alla settimana. Suggerendo che chi usa maggiormente un software di IM, in questo caso ICQ, è portato ad aprirsi e rivelare più dettagli intimi di chi lo usa meno frequentemente. Inoltre, nello stesso studio emerge come persone con un livello di educazione più alto abbiano una maggiore Self- Disclosure online.

Nel caso dei SNS (Social Network Site, ad esempio Facebook) è stato rilevato che tali ambienti rafforzano la Self-Disclosure attraverso la gratificazione sociale, come un alto numero di amici e stretti legami (Park, Kee, & Valenzuela, 2009); cosi potrebbe essere anche per la Comunicazione Mediata da Computer, dove una maggiore apertura personale potrebbe dipendere dai possibili benefici ad essa connessi (Laurenceau et al., 1998; Reis & Shaver, 1988). Alcuni studi come ad esempio quello di Taddei, Contena e Grana (2010), evidenziano l’assenza di differenze significative nella Self-Disclosure tra la Comunicazione Mediata da Computer e FtF, sottolineando invece un effetto di “riscaldamento” per cui una prima esposizione ad un interazione via Comunicazione Mediata da Computer, comporta un aumento della Self-Disclosure in una successiva interazione via FtF. Come espresso da Moghaddam (2002) ci sono altri fattori oltre la Self-Disclosure rintracciabili all’interno di una relazione che ne permettono la sua formazione ed il suo mantenimento. Secondo il ricercatore, la Simpatia sarebbe un fattore molto importante nello studio dei fenomeni sociali.

 

Le caratteristiche personali dell’individuo nella Comunicazione Mediata da Computer

Studi recenti hanno indagato come certe caratteristiche dei soggetti possono condizionare la comunicazione stessa o se l’esistenza di relazioni tra l’uso di Internet e tali caratteristiche (Qin, Yusen, Zao, & Ruogu, 2010). Emerge che con  il passare del tempo le persone siano entrate sempre più in confidenza con le nuove tecnologie, diventando così sempre più d’uso comune, non solo negli ambienti lavorativi ma anche nella propria cerchia familiare e amicale (Leung, 2002) tanto da portare le persone ad adattarsi ad esse (Walther, 1992), e che a loro volta abbiano adattato queste tecnologie (Cummings et al., 2002; Wellman et al., 2001; Lea & Spears, 1992), le quali sono usate più in base a caratteristiche personali, che in base ad effettive differenze dei mezzi di comunicazione (Leung, 2002).

Ad esempio, Joinson (2004) riporta che quando le possibilità di rifiuto sono più elevate le persone scelgono di usare l’E-Mail per comunicare rispetto alla FtF e che questo comportamento sembra legato all’autostima delle persone; tanto più è bassa l’autostima, tanto più le persone useranno la Comunicazione Mediata da Computer; al contrario, tanto più è alta la loro autostima, tanto più preferiranno una conversazione FtF. Aspetti interessanti e da considerare all’interno di in una relazione psicoterapeutica soprattutto per quei soggetti per i quali il rifiuto o il giudizio possono essere temi rilevanti a tal punto da condizionare la scelta nel richiedere o usufruire di un percorso psicoterapeutico tradizionale in caso di bisogno.

Per quanto concerne la Timidezza, emerge come offline le persone timide mettono in atto comportamenti di ritiro sociale (Cheek & Buss, 1981; Jones et al., 1986) e quindi, potrebbero esprimere livelli di Self-Disclosure più bassi di coloro che non sono timidi; secondo Mckenna et al. (2002) la Comunicazione Mediata da Computer potrebbe facilitare comportamenti sociali nelle persone che riportano alti livelli di ansia sociale.

Come indicato da Guadagno, Okdie e Eno (2008), molte sono state le ricerche presenti nella letteratura scientifica che hanno indagato gli aspetti psicologici delle persone che utilizzano Internet, come ad esempio la personalità dei soggetti (Amichai-Hamburger & Ben-Artzi, 2003; Amichai-Hamburger & Ben-Artzi, 2000; Leung, 2002; Scealy, Philips, & Stevenson, 2002). Come spiegano Pervin e John (1997) e Shaffer (2000), i tratti di personalità rientrano tra quelle caratteristiche di una persona che perdurano in maniera relativamente stabile durante tutta la vita, in un gran numero di situazioni e contesti diversi. Dato che Internet è diventato di largo uso e coinvolge tutti i ceti sociali, è divenuto logico studiarlo dalla prospettiva della personalità, tanto più che è un’attività generalmente libera, non obbligatoria e che quindi può riflettere motivazioni personali, valori, preferenze e altre caratteristiche dell’individuo (Landers e Lounsbury, 2006).

Inoltre, da un punto di vista di sviluppo individuale, la personalità ha una rilevanza maggiore rispetto ad altre variabili che sono state messe in relazione con l’uso di Internet, tra cui gli atteggiamenti nei confronti di internet (Lavin, Marvin, McLarney, Nola, & Scott, 1999),  l’esperienza nell’uso del PC (Blair, O’Neil, & Price, 1999), il supporto sociale (Shaw & Gant, 2002), gli stili di vita (Ho & Lee, 2001), il supporto nelle informazioni (Scull, 1999), l’ansietà nell’uso del PC (Chua, Chen, &  Wong, 1999), l’autostima (Armstrong, Philips, & Saling, 2000) e altri stati affettivi correlati all’uso del computer (Coffin & MacIntyre, 1999; Landers & Lounsbury, 2006).

Riferendosi al modello dei Big-Five di McCrae e Costa (1992), nel caso delle dimensioni di personalità sembrerebbe che alti livelli di Amicalità siano correlati con la comunicazione all’interno di Facebook e quindi una possibile maggiore Self-Disclosure (Seidman, 2013). Per la dimensione Coscienziosità emerge come essa sembrerebbe correlata negativamente con la Self-Disclosure online (Seidman, 2013; Landers & Lounsbury, 2006). L’Apertura Mentale risulta essere correlata con una maggiore Self-Disclosure nella Comunicazione Mediata da Computer (Guadagno et. al., 2008; Amichai-Hamburger & Vinitzky, 2010), mentre Seidman (2013) non rileva nessuna associazione. Il Nevroticismo risulta essere correlato positivamente con alti livelli di Self-Disclosure (Seidman, 2013; Correa et al., 2010; Amichai-Hamburger & Ben-Artzi, 2000; Ehrenberg et al., 2008). Persone con alti livelli di Estroversione riportano tendenzialmente una maggiore Self- Disclosure nella Comunicazione Mediata da Computer (Muscanell & Guadagno, 2012).

 

Conclusioni: Comunicazione Mediata da Computer e psicoterapia

Come esposto da alcuni autori, internet ha creato e crea un’alternativa alla psicoterapia faccia a faccia e molti psicoterapeuti utilizzano le opportunità offerte da questi strumenti nel loro lavoro (Amichai-Hamburger et. al, 2014).

Specialmente la CBT (Terapia Cognitiva-Comportamentale) sta puntando molto nella ricerca sulle terapie online (Barak, Hen, Boniel-Nissim, & Shapira 2008; Speck et al., 2007). In una review di Amichai-Hamburger e colleghi del 2014, vengono elencati tutti gli studi a favore e contro la possibilità di integrare, alternare o sostituire la terapia FtF con quella Mediata da Computer e altri tipi di e-therapy.

Diversi sono i punti discussi, uno tra questi la capacità della Comunicazione Mediata da Computer di far passare quei segnali verbali e non verbali molto importanti nella relazione terapeutica, per questo è stato dato molto spazio in questo articolo a quei modelli che hanno cercato di determinare se effettivamente la Comunicazione Mediata da Computer favorisca o meno la trasmissione di questi segnali.

Molte sono le ricerche che hanno verificato l’efficacia delle psicoterapie online (Amichai-Hamburger et al., 2014). Alla luce di ciò, dei risultati raggiunti, dalle opportunità che Internet e la Comunicazione Mediata da Computer offrono e potrebbero offrire per la psicoterapia e considerando che in Italia rispetto ad altri paesi, le linee guida tracciate dall’Ordine nazionale degli psicologi tendono a essere comprensibilmente e in maniera precauzionale più restrittive nell’adozione della Comunicazione Mediata da Computer nella psicoterapia, risulta di primaria importanza continuare la ricerca in tal senso considerando anche gli aspetti strutturali e tecnologici della rete ed anche culturali specifici del nostro paese.

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