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Ansia da prestazione musicale: i fattori che incidono sull’ansia dei musicisti

I musicisti possono sperimentare l'ansia da prestazione musicale e vi sono diverse variabili che possono influire sui livelli di ansia sperimentati.

Di Guest, Jacopo De Angelis

Pubblicato il 09 Mar. 2017

Aggiornato il 05 Lug. 2019 12:23

L’ansia da prestazione musicale Music performance Anxiety – è un fenomeno complesso determinato da fattori personali e contestuali che interagiscono dinamicamente tra loro, producendo una pluralità di manifestazioni somatico-comportamentali e vissuti ansiogeni estremamente soggettivi (Kenny, 2011).

Dott.ssa Sarah Ferrando, Dott.ssa Giulia Perasso, Dott. Jacopo De Angelis

 

Ansia da prestazione musicale: in cosa consiste

L’ ansia da prestazione musicale può essere disposta lungo un continuum, che va da una semplice e basilare forma di arousal, in grado di mobilitare le risorse psicofisiche per preparare l’organismo a sostenere al meglio la performance, ad una forma ansiosa più grave con veri e propri attacchi di panico (Hansell & Damour, 2007). In questo caso può conseguire la sospensione di ogni attività concertistica, con grande sofferenza interiore, senso di alienazione e sconfitta per il musicista.

Il fenomeno è caratterizzato da una reazione multidimensionale, somatica, cognitiva e comportamentale, dovuta ad un’iperattivazione del sistema nervoso automatico nel contesto di una performance in presenza del pubblico (Wilson & Roland, 2002). Per questo motivo il DSM – Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM V, 2013) – categorizza l’ ansia da prestazione musicale come un sottotipo di fobia sociale, senza dedicare una specifica sezione a questa particolare declinazione sintomatologica.

L’ ansia da prestazione musicale presenta inoltre un decorso e una severità sintomatologica del tutto soggettiva, imponendo al soggetto una presa di coscienza profonda delle proprie vulnerabilità ed un’interpretazione più autentica e matura dei propri vissuti. Il musicista viene cioè stimolato a sviluppare nuove e funzionali strategie di coping e di regolazione delle emozioni.

Il linguaggio musicale, inoltre, è connotato immaginativamente ed emotivamente. Presenta cioè un contenuto simbolico ed emotivo, che può consentire al musicista l’immedesimazione immediata e inconscia con il suo ritmo, generando una connessione profonda denominata esperienza del “flow musicale” (Wrigley & Emmerson, 2013), che può essere considerata antitesi rispetto alla fenomenologia dell’ ansia da prestazione musicale.

 

Le variabili dell’ansia per la prestazione musicale

Nell’ambito della performance sportiva, la ricerca ha guardato alla comparazione tra ansia da performance in sport di squadra e individuali (Zamani & Morandi, 2009) ed approfondito il rapporto tra ansia e competizione (Horikawa & Yagi, 2012; Parnabas & Mahamood, 2010). Cosa sappiamo invece della performance musicale in connessione col fenomeno ansioso? Dalla letteratura scientifica, si può ricavare una prima panoramica delle variabili indagate con differenti metodologie, laddove, il principale strumento ad oggi utilizzato risulta essere il Kenny Music Performance and Anxiety Inventory – K-MPAI- (Kenny, David & Oates, 2004) e la sua versione per adolescenti, il Music Performance Anxiety Inventory – Adolescents -MPAI-A- (Osborne & Kenny, 2005).

  • Parametri fisiologici. Gruzelier e collaboratori (2013) utilizzando il monitoraggio dei parametri fisiologici che riflettono la variabilità della frequenza cardiaca (HRV), hanno misurato la risposta fisiologica di una pianista professionista durante la performance. Le condizioni di alto e basso stress sono state manipolate incrociando la presenza o assenza del pubblico, con diversi gradi di difficoltà esecutiva del brano. I risultati mostrano come i livelli di stress fluttuino in relazione alla maggior richiesta cognitiva e tecnica del programma, e alla valutazione dell’audience.
  • Difficoltà del compito e genere musicale suonato. Un altro aspetto indagato dalle ricerche sull’ ansia da prestazione musicale è il livello di difficoltà e stress causato dalle richieste del compito e, andando più nello specifico dal margine di improvvisazione consentito, insito nel genere musicale suonato. Nussek e collaboratori (2015) hanno ottenuto risultati interessanti riguardo al possibile sviluppo e decorso dell’ ansia da prestazione musicale. Misurando i livelli dell’ansia in musicisti classici e pop di differenti età, a confronto, i livelli di ansia da prestazione musicale sono risultati più alti per musicisti classici tra i 7 e i 16 anni, rispetto a musicisti più anziani. Per i musicisti pop, gli effetti sono risultati invertiti. Vellers e collaboratori (2015) hanno indagato, invece, l’effetto del genere musicale (rock classico, occidentale, cristiana contemporanea e rock metal) sulla frequenza cardiaca, osservando una correlazione tra aumento dei battiti e massa corporea, tipo di strumento e predominante componente ritmica nella musica, supportando l’ipotesi di un differente impatto cognitivo e somatico del genere musicale.
  • Presenza dell’audience. Quanto può influire la presenza del pubblico sulla performance del musicista in termini di ansia? Uno studio di Shoda e collaboratori (2015) ha indagato se gli artisti riescano a offrire risultati performativi migliori in presenza del pubblico, se sperimentino cioè un effetto facilitante in termini di esposizione sociale. Analizzando i parametri interpretativi della durata ed espressione dinamica nella registrazione di un brano pianistico, rispettivamente con e senza audience, la presenza del pubblico risulta alzare il livello qualitativo ed emotivo dell’esecuzione. Nello stesso tempo, però, l’audience induce i pianisti a ridurre il livello di individualità nelle scelte interpretative per evitare i rischi, preferendo variazioni espressive più contenute. Questo studio risulta essere in linea con la teoria pulsionale di Zajonc (1965), secondo la quale la presenza fisica di membri della propria specie provoca un incremento psicofisiologico che stimola l’attivazione di modelli abituali di comportamento e risposte dominanti. Se funzionali, porta all’effetto di facilitazione sociale, se disfunzionale a quello di inibizione. Inoltre, la presenza sociale favorisce l’esecuzione di compiti più semplici ostacolando invece i compiti complessi. Questo dato potrebbe spiegare la scelta dei pianisti dell’esperimento di Shoda di rinunciare agli aspetti più estremi delle loro scelte interpretative.
  • Attaccamento. Kenny e Holmes (2015) hanno indagato come traumi relazionali dovuti a pattern di attaccamento disfunzionali trovino espressione attraverso sintomi che sottostanno alle più severe forme di ansia per la prestazione musicale (dissociazione, depersonalizzazione, frammentazione del pensiero, sovraccarico cognitivo, somatizzazioni). Kenny ha suddiviso tali sintomatologie in tre sottotipi di ansia per la prestazione musicale: focalizzata, associata ad attacchi di panico e depressione, e quella con fobia sociale. In senso lato, nella genesi dell’ ansia per la prestazione musicale, l’ipereccitazione fisiologica attira l’attenzione del musicista verso le proprie percezioni interne sottraendola sia all’espressività emozionale che alla gestione della performance, compromettendo il processo esecutivo e comunicativo.
  • Personalità. Il rapporto tra personalità dei musicisti e ansia da performance musicale è stato studiato da Patston e Osborne (2015). Gli autori hanno indagato la relazione tra ansia per la prestazione musicale e perfezionismo in età scolare tra studenti di musica, rilevando che esiste una forte e stabile correlazione tra ansia da prestazione musicale e perfezionismo (soprattutto relativo agli errori esecutivi e alle aspettative genitoriali) nella fascia compresa tra 10 e 17 anni, destinata ad aumentare con l’età e l’esperienza, specialmente nel genere femminile, in cui si è registrato un incremento più rapido e intenso.

In conclusione, la natura multidimensionale dell’ ansia per la prestazione musicale, costrutto relativamente recente poiché definito ed operazionalizzato soltanto nel 2002 (Wilson & Roland, 2002), incoraggia svariate future direzioni nell’ambito della ricerca, che considerino variabili cognitive, percettive, descrittive, esperienziali e di personalità.

Il disagio relativo a questa fenomenologia è infatti diffuso e comune a numerosi talenti del panorama musicale contemporaneo e non, quali per esempio Luciano Pavarotti, Ella Fitzgerald, Enrico Caruso, Barbra Streisand, Leopold Godovsky, Artur Rubinstein, Brian Wilson, Vladimir Horovitz, Sergei Rachmaninoff, Glenn Gould e persino Fryderyk Chopin.

In una lettera a Liszt, infatti, quest’ultimo descriveva così il proprio vissuto di ansia da performance musicale:

“Non sono fatto per i concerti. La folla mi fa paura, mi sento paralizzato da quegli sguardi curiosi, ammutolito da quei visi estranei. Dare concerti invece è affare vostro perché se non vincete il vostro pubblico avete tanta forza d’accopparlo.”

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association, Ed. it. Massimo Biondi (a cura di), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014.
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  • Hansell, J. H., & Damour, L. K. (2007). Abnormal psychology. Wiley Global Education.
  • Horikawa M., & Yagi A. (2012) The Relationships among Trait Anxiety, State Anxiety and the Goal Performance of Penalty Shoot-Out by University Soccer Players. PLoS ONE 7(4): e35727.
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  • Shoda, H., & Adachi, M. (2014). Why live recording sounds better: a case study of Schumann's Träumerei. Frontiers in psychology, 5.
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