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Mi ci hanno mandata. Ovvero un approccio possibile alla psicoterapia – Recensione del libro

Mi ci hanno mandata è un libro che presenta una tipica situazione in cui una paziente arriva in terapia perché mandata dalla famiglia.

Di Elena Mannelli

Pubblicato il 02 Feb. 2017

Il libro “ Mi ci hanno mandata, ovvero un approccio possibile alla psicoterapia” è il nuovo romanzo della Psicologa Psicoterapeuta Flavia Cavalero.

 

Mi ci hanno mandata: introduzione

Il taglio ironico, il linguaggio diretto e la voce narrante in prima persona che facilita l’identificazione con Maria, la protagonista, rendono la lettura senza dubbio consigliata e gradevole. Poche ore e le 112 pagine del libro diviso in piccoli capitoli, quasi paragrafi, volano velocemente via.

Edito da CIESSE Edizioni e con la prefazione del Presidente dell’Ordine del Piemonte Alessandro Lombardo, il romanzo racconta l’approccio alla psicoterapia dagli occhi della paziente e seguono lo sviluppo e la crescita di Maria accompagnandola nel percorso con l’analista (rogersiana) Sara.

 

Mi ci hanno mandata: la trama

Maria è una donna di 45 anni che vive un momento di vita difficile. In realtà, inizialmente più per gli altri che per se stessa.
Come comunica senza giri di parole il titolo, Maria va controvoglia in terapia spinta (mandata) dal marito e dalla sorella sempre più preoccupati (e stanchi).

La prospettiva all’inizio è completamente egosintonica.
I problemi della donna sono ascrivibili all’eccessivo carico di lavoro, agli altri, allo stress, e a tutto quello che spesso, pazienti con qualche sbavatura nell’asse II, riportano come fonte dei propri problemi.
Qualsiasi cosa, ma non certo loro che non hanno bisogno di una psicoterapia! La messa in discussione è più un obiettivo di terapia che un inizio.

Il romanzo è il diario della protagonista, che tiene su consiglio della Psicoterapeuta e che mostra, con lo scorrere delle pagine, quello che avviene, non tanto e non solo a livello di crescita della paziente stessa (evidente), ma soprattutto la crescita della relazione tra paziente e terapeuta. Ed è proprio questo l’aspetto originale del libro “una relazione affettiva, ma non amicale”.

 

Mi ci hanno mandata: i retroscena della psicoterapia

Evidentemente la lettura del libro da parte di una psicocosa (come Maria chiama la terapeuta) risulta particolarmente interessante perché svela il “dietro le quinte” (plausibile e verosimile) della mente del paziente che non emerge necessariamente, per educazione o compiacenza, nel palco della seduta.
Allo stesso modo è una buona lettura anche per chi sta dall’altra parte, per sfatare false credenze sulla psicologia e sulla psicoterapia e mostra come le paure, le domande, i pregiudizi siano molto più simili per tutti di quanto possiamo immaginare.

I primi passi sono segnati da un atteggiamento un pò ostile di Maria nei confronti di Sara (si ipotizzano tratti narcisistici) e divertenti speculazioni riguardo alle regole del setting.
Maria si pone domande che è facile pensare tanti pazienti si possano fare all’ingresso dello studio.
L’uso del Lei o del Tu, perché non c’è il lettino, chiedere o non chiedere dove la terapeuta trascorrerà le vacanze, ricevere la notizia (con le conseguenti emozioni) che la terapeuta va in vacanza, quando si può telefonare e quando no, la possibilità di sforare per 10 minuti per comunicare una cosa importante, fare o non fare il regalo a Natale, personalizzare lo studio durante le feste, fare un favore alla terapeuta stessa, chi è la terapeuta nella sua vita privata.

Passo dopo passo si snoda la relazione tra le due che, come citano i migliori manuali sull’argomento, si comincerà a fondare sull’autenticità della terapeuta, sulla costruzione di un linguaggio comune (esplicitato nel testo), sul percepire l’assenza di giudizio e cominciare ad umanizzare la figura della terapeuta che da “strizzacervelli” si conquista l’appellativo di “Sara”.

Alleanza terapeutica: un presupposto imprescindibile per la terapia

Il filo del romanzo è pertanto la costruzione di un’alleanza terapeutica. Sara chiarirà le regole iniziali in modo impeccabile, ma le parole arriveranno ad essere comprese non come sfida ma come modo di poter aiutare durante il percorso stesso di terapia.
Emerge chiaramente come mano a mano la figura di Sara viene sempre più mentalizzata anche tra una seduta e l’altra e in tal senso crescono di conseguenza le facoltà metacognitive di Maria.
Allo stesso modo emergono, quasi come fossero involontari, proprio perché il punto di vista non è di Sara e della sua tecnica, ma di Maria, i maggiori interventi che fanno breccia proprio lì, nella relazione.
Il fatto di essere pensata, di esistere nella mente della sua psicologa è l’elemento che mette in moto il cambiamento.

Maria sentirà molte emozioni, anche ambivalenti, per Sara, passo passo nel percorso di terapia, dalla diffidenza, all’esigenza di parlarle per più di un’ora alla settimana, alla sensazione che la terapia sia lunga e poco pratica sino al bisogno di un silenzioso abbraccio di un contesto sicuro e validante che le permetta l’espressione delle sue emozioni negative, in modo spontaneo e autentico.
E Sara con timing da professionista lascerà cadere in alternanza interventi tecnici sulla relazione e pezzi di propria umanità come è normale che avvenga.

Un consiglio di una lettura senza dubbio per pazienti potenziali che vogliano avvicinarsi alla terapia e provare a capire cosa sia davvero e per gli “psicocosi”come ottimo esercizio di decentramento e provare a star seduto nella sedia di fronte nei panni del cliente.

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SCRITTO DA
Elena Mannelli
Elena Mannelli

Psicologa Cognitivo-Comportamentale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Flavia Cavalero (2016). Mi ci hanno mandata. Ovvero un approccio possibile alla psicoterapia. Ciesse Edizioni.
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