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Significato narcisistico del tema del Doppio: una relazione con la rappresentazione filmica

Il tema del Doppio nel cinema ha assunto diverse forme: dall' uomo-macchina ai gemelli buono e cattivo. Filo conduttore è la visione narcisistica del Doppio

Di Manuela Agostini

Pubblicato il 19 Gen. 2017

La rappresentazione del tema del Doppio nel cinema ha destato molto interesse tra i critici oltre che per l’esame, dal punto di vista psicoanalitico, dei personaggi, anche per la storia e l’eventuale analisi biografica e psichica del regista/sceneggiatore.

 

 

Tra tutti i film di seguito citati, sarà possibile trovare degli elementi comuni:

  1. I meccanismi basilari di difesa che attraverso la scissione e la proiezione producono il Doppio ed eludono l’angoscia. All’origine ci sono desideri illeciti, sensi di colpa inconfessati, conflitti insanabili, le parti non realizzate di sé, i lati rinnegati e sconfessati.
  2. Il vertice dell’angoscia è sempre il ritorno del rimosso; quando le parti scisse si riaffacciano alla coscienza e il Doppio pretende la reintegrazione nell’Io.

Come già accennato, non comuni ma a parer mio interessanti da analizzare e osservare, sono gli aspetti della costituzione psichica e le affinità personologiche o biografiche che talvolta si possono trovare tra gli autori delle opere ed i protagonisti delle stesse.

I primi film sul tema del Doppio si ispiravano ad opere letterarie che trattassero questa nuova e affascinante tematica: ecco quindi Der Student von Prag (Lo studente di Praga, 1913) di Stellan Rye, tratto dal testo di H. H. Ewers; Le feu Mathias Pascal (Il fu Mattia Pascal 1926) di Marcel L’Herbier, tratto da Pirandello; le innumerevoli versioni del Dr Jekyll e Mr Hyde; stesso discorso vale per il Frankenstein di Mary Shelley, anche qui decine di versioni e di cui la più fedele sembra senza dubbio Il Mary Shelley’s Frankenstein (1994) di Kenneth Branagh. Altre trasposizioni letterarie da menzionare sono Partner (1968) di Bernardo Bertolucci, ispirato a Il sosia di Dostoevskij; Blade Runner (1982) di Ridley Scott, tratto da Philip K. Dick e The Dead Zone (La zona morta, 1983) di David Cronenberg, tratto dall’opera omonima di Stephen King.

Ovviamente l’horror e il thriller hanno usufruito molto del tema del Doppio. Alfred Hitchcock, ad esempio, ha realizzato opere come Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) e Psyco (1960), in cui il Doppio rappresenta il vuoto, il buco nero, da cui tutti i personaggi fuggono ma verso il quale tutti sembrano attratti, la voragine in cui essi corrono sempre il rischio di precipitare.

Nella cinematografia americana, il Doppio si presenta come persecutore e manifesta anche la sua attitudine magnetica (il classico fascino del Male) anche se, alla fine, dovrà soccombere per far tornare tutto come era prima e per assicurare il classico lieto fine; invece nelle tradizioni del tema del Doppio propriamente europee, il riflesso è la figura persecutrice per eccellenza, e che dopo varie vicissitudini, conduce il protagonista alla morte.

Per una maggiore comprensione, vediamo ora di suddividere questo affascinante e complesso genere in determinate categorie.

 

Il tema del doppio e la doppia identità

Molto popolare è il tema della doppia identità: il tema dell’identità segreta eroica e di quella pubblica banale. E’ il caso di Zorro, Superman, Batman, Spiderman, de L’uomo ombra e di Cat Woman, in cui spesso si compensa con la megalomania dell’immagine eroica, le ansie e le frustrazioni della mediocrità di quella privata; la doppia identità è una prerogativa obbligata di tutte le spie come La primula rossa, James Bond e La Talpa; talvolta a complicare le cose, ci sono le spie affette da amnesia, che conducono una vita tranquilla senza sospettare del loro turbolento passato come Matt Damon che perde e ritrova la memoria nella saga dedicata a Jason Bourne (The Bourne Identity, 2002; The Bourne Supremacy, 2004 e The Bourne Ultimatum, 2007) e Geena Davis, al contempo madre amorosa e spietata killer in Spy (1996).

Interessante è l’intersezione che nasce tra il tema del Doppio e il tema del travestitismo per cui abbiamo anche le doppie identità di genere sessuale: Tootsie (1982) di Sidney Pollack , con un Dustin Hoffman travestito da donna; Mrs Doubtfire (1993) con Robin Williams nei panni di una simpatica governante alquanto bizzarra e Victor Victoria (1982) di Blake Edwards con una Julie Andrews travestita da uomo. Rientra in questo filone, ovviamente con tratti più interessanti e dai toni più drammatici, anche M. Butterfly (1993) di David Cronenberg.

 

Il tema del doppio tra umano- animale e umano- macchina

Il tema del Doppio si può declinare tra umano e angelico, come il delizioso angelo di mezza età de It’s a Wonderful Life (La vita è meravigliosa, 1946) di Frank Capra, o come l’arcangelo mangione e ubriacone, che perde le piume, interpretato alla perfezione da John Travolta in Michael (1996); oppure tra umano e demoniaco, come accadde a suo tempo in Rosemary’s baby (1968) di Roman Polanskj e più recentemente in The Devil’s Advocate (L’avvocato del diavolo, 1997), con un Al Pacino perfettamente a suo agio nel ruolo del titolo. Ci sono anche i Doppi costituiti da umano e animale: Wolf (Wolf – La Belva è fuori, 1994) di M. Nichols e The Fly (La Mosca, 1986) di D. Cronenberg rappresentano, attraverso vere e proprie metamorfosi fisiche (da uomo a lupo e da uomo a mosca), la violenza e la sofferenza indotte da crisi esistenziali.

Abbiamo poi i Doppi post-moderni composti da uomo e macchina: Blade Runner di Ridley Scott, Robocop (1987) di Paul Verhoeven, Terminator (1984) e il più recente Avatar (2009) entrambi di James Cameron. L’immagine cinematografica dell’armatura, corpo lucente e raddoppiato che potenzia, speciale incarnazione di una figura che incarna il tema del Doppio, misteriosa e ambigua, ha attraversato la storia della Settima Arte. Un Doppio-risorsa, quindi, che dà nuove energie e che garantisce nuova forza. Il Doppio in realtà si rivela come l’Io nascosto, coperto, mascherato e illusoriamente protetto. Tra superficie corporea e superficie metallica il confine si annulla. In particolare in Blade Runner il tema del replicante propone la tematica dell’identificazione condizionata da introiezioni imitative e, in definitiva, dalla clonazione, dove l’illusione dell’autogenerazione esprime l’ideale di un’autosufficienza assoluta.

 

Il tema del Doppio nella rappresentazione cinematografica della psicopatologia

L’incarnazione più naturale del tema del Doppio è sicuramente quella dei gemelli, nel classico cliché gemello buono/gemello cattivo: i due Leonardo Di Caprio in The Man in the Iron Mask (La maschera di ferro, 1998); Dead Ringers (Inseparabili, 1988) di David Cronenberg, in cui Jeremy Irons interpreta due gemelli ginecologi, entrambi perversi.

Il filone sicuramente più interessante, che ci riguarda da vicino, è però quello della messa in scena della psicopatologia, dove il modo nel quale viene di volta in volta raccontata la personalità dissociata o alternante, è rivelatore delle teorie dell’epoca.

Spesso il cinema ha raccontato storie di sofferenza mentale e di manifestazioni psicopatologiche come la schizofrenia. I contributi sono in questo senso numerosi e c’è solo l’imbarazzo della scelta. Il cinema di I. Bergman, F. Fellini, L. Bunuel, B. Bertolucci offre innumerevoli spunti in proposito. In particolare la schizofrenia viene proposta nelle diverse versioni cinematografiche de Lo strano caso del dottor Jekill e di Mr. Hyde, o in Dressed to Kill (Vestito per uccidere, 1980) di Brian De Palma in cui Michael Caine interpreta uno psichiatra travestito e assassino. A tal proposito, ricordiamo due film di C. Chabrol significativi, La Cérémonie (Il buio nella mente, 1995) e Merci pour le chocolat (Grazie per la cioccolata, 2000), che riescono a rappresentare la drammatica sofferenza di un’identità malata e i percorsi del mondo interiore, al quale bisogna guardare per comprendere atteggiamenti estremamente violenti e distruttivi, che altrimenti sarebbero inspiegabili.

In particolare nel secondo film la protagonista, interpretata da Isabelle Huppert, è una donna bella, elegante, che appare prevedibile e tranquilla. In realtà nasconde un misterioso abisso di male assoluto, un’identità fragile che non sopporta le frustrazioni e che uccide quando non può realizzare un suo desiderio. La storia racconta che lei è così perché ha vissuto un trauma, di cui si era liberata solo escludendo parti di sé problematiche, rinunciando all’aggressività, all’ambivalenza, al conflitto. Solo apparentemente sana, nasconde in realtà un Io impoverito e vulnerabile, incapace di vivere i conflitti, la competizione, le perdite, senza frantumarsi o agire pericolosamente.

Entrambi i film rappresentano la complessità dell’identità e riflettono sulla possibile esistenza di zone psichiche svuotate, apparentemente inattive, non evidenti, ma potenzialmente dannose e mortali. Essi producono un senso di sorpresa e di spaesamento emotivo nello spettatore, spiazzato dallo svelamento di aspetti insospettabili dell’identità dei protagonisti, in cui si era inizialmente identificato e da cui poi deve prendere le distanze.

 

Il narcisismo nel Doppio

Perché associamo al tema del Doppio, un significato narcisitico? Le rappresentazioni del motivo del doppio nei diversi ambiti analizzati, in alcuni casi pongono in risalto la concezione freudiana della predisposizione narcisistica alla paranoia, ed indicano nel proprio io, il principale persecutore contro cui si rivolge il meccanismo di difesa.

La scissione psichica crea il doppio” il quale a sua volta costituisce “una proiezione del conflitto interiore” e la cui creazione porta con sé una liberazione interiore, seppur a prezzo della paura dell’incontro con il “doppio”. Uccidere/sconfiggere o in altri casi accettare questa figura è il prezzo da pagare per superare il conflitto.

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Manuela Agostini
Manuela Agostini

Dott.ssa in Psicologia della salute clinica e di comunità

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Metz C., Cinema e psicoanalisi, Marsilio, Venezia 2006
  • Musatti C., Cinema e psicologia, Cinestudio, Monza 1963
  • Musatti C., Scritti sul cinema, a cura di Dario F. Romano, Testo&Immagine, Torino 2000
  • Rank O., Il doppio. Il significato del sosia nella letteratura e nel folklore, Sugarco, Carnago 1994
  • Scandola A., L’immagine allo specchio: il cinema e la metafora del doppio, Cierre, Verona 1997
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