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Il doppio legame delle donne: perché ci sono meno donne in posizione di leadership?

E' stato dimostrato come la scarsa presenza di donne leader e di potere possa essere ricondotta all'influenza esercitata da stereotipi e pregiudizi.

Di Claudio Nuzzo

Pubblicato il 16 Nov. 2016

Secondo la psicologa sociale Alice Eagly, il ruolo di genere femminile include lo stereotipo che le donne sono belle, gentili e compassionevoli; tuttavia, una posizione di leadership richiede la capacità di prendere decisioni difficili, di essere molto assertivi nel portare avanti un’idea, la capacità di licenziare per giusta causa, etc. Per questo, quando parliamo di donne che occupano posizioni di potere, inconsciamente facciamo collidere aspetti profondamente antitetici che la nostra cultura di riferimento ha impresso in noi.

 

L’avvicinarsi delle elezioni americane che vedono contrapposti i due leader Hillary Clinton e Donald Trump, ripropone l’annosa questione di come sono percepite le donne “al potere”. Consideriamo, ad esempio, che meno di 1 membro su 5 al Congresso americano è donna. Anche la Fortune 500 – celebre classifica delle 500 maggiori imprese americane, redatta sulla base del loro fatturato – conta meno di 1 amministratore delegato donna su 20.

Come si spiega la scarsità di donne in posizioni di top-leadership? C’entrano forse i pregiudizi, la mancanza di modelli di ruolo o semplicemente una mentalità arretrata? Certo. Le ricerche, tuttavia, stabiliscono che le donne americane sono intrappolate in un paradosso radicato nella loro cultura.

Per capire il valore di uno stereotipo, dobbiamo concentrarci sul concetto di metafora. L’uso di questa figura retorica, che implica una similitudine, un rapporto analogico tra un vocabolo che generalmente veicola un altro significato e un concetto, implica che differenti vocaboli elicitino differenti concetti. In parole povere, le parole che utilizziamo per le nostre metafore influenzano ciò che ci rappresentiamo nella mente, esponendoci a pericolosi misunderstanding. Per questo è centrale il loro ruolo nell’ innescare i pregiudizi e, più in generale, nelle attribuzioni di significato date ai fenomeni della nostra realtà. In un’ottica costruttivista, infatti, la realtà assume il significato che gli diamo. Appunto “costruiamo” ciò che ci circonda.

 

Gender bias e double bind: un esempio dagli USA

La senatrice democratica americana Carol Moseley Braun, eletta nel 1992, è stata la prima donna afro-americana ad aver raggiunto tale traguardo politico e professionale. Nella sua corsa per il Senato, potremmo presumere che i pregiudizi razziali la abbiano ostacolata più del fatto di essere donna. Ma non è così.

La Braun afferma, infatti, che i cosiddetti gender bias (o pregiudizi di genere) hanno avuto un ruolo più profondo e centrale, rispetto a quelli razziali. Ad esempio, la senatrice ricorda una vignetta nella quale era ritratta come burattino nelle mani del manager della sua campagna, come se la sua persona fosse una diretta estensione del volere di altri. Sembrava, quindi, contasse poco la volontà, le idee e il carattere della senatrice stessa.
La Braun racconta un altro episodio, avvenuto al termine della sua campagna dove, mentre era impegnata in un appello di fronte al Senato, i suoi colleghi si limitavano ad osservarla come una donna intenta semplicemente a “strillare”. In poche parole il contenuto del suo discorso non era considerato degno di un reale ascolto.

La sua esperienza si ricollega a ciò che i ricercatori hanno chiamato “doppio legame” (double bind).
Questo concetto, introdotto per la prima volta nel mondo della psicologia da Bateson, indica una situazione di incongruenza tra due piani del discorso. Nel nostro caso, secondo la psicologa sociale Alice Eagly, il ruolo di genere femminile include lo stereotipo che le donne sono belle, gentili e compassionevoli; tuttavia, una posizione di leadership richiede la capacità di prendere decisioni difficili, di essere molto assertivi nel portare avanti un’idea, la capacità di licenziare per giusta causa, etc. Per questo, quando parliamo di donne che occupano posizioni di potere, inconsciamente facciamo collidere aspetti profondamente antitetici che la nostra cultura di riferimento ha impresso in noi.

Quindi cosa dovrebbe fare una donna? Essere gentile e amichevole, come i nostri stereotipi di genere femminile richiedono, oppure essere dura e decisa, come i nostri stereotipi sulla leadership impongono? Nel primo caso probabilmente avremmo una donna bella-ma-debole. Nel secondo, competente-ma-antipatica. E’ facile capire, perciò, come gli stereotipi intrappolino le donne che hanno desiderio di ricoprire ruoli di potere e responsabilità e come conducano, inevitabilmente, alla denigrazione qualora la donna in questione si distanzi da uno dei due poli sovracitati (i.e., la donna bella-ma-debole e la donna competente-ma-antipatica).

 

Lo studio

Quando osserviamo un capo di sesso femminile, come facciamo a sapere se stiamo realmente esaminando la realtà nel modo più oggettivo possibile o semplicemente ciò che vediamo è una distorsione prodotta dalle lenti dei nostri pregiudizi inconsci?

Madeline Heilman, professoressa di psicologia alla New York University si concentra sugli stereotipi di genere e sui pregiudizi, in particolare connessi alla leadership. In uno dei suoi studi, la Heilman ha chiesto a dei volontari di valutare un manager di alto livello che fa il suo ingresso in azienda. Ad alcuni era detto che il manager era un uomo, ad altri che era una donna. Dai risultati emergeva come i volontari tendessero ad attribuire più spesso qualità come l’ambizione e il potere al sesso maschile e molto meno di frequente a quello femminile.

Secondo la professoressa americana, il doppio legame nasce dal fatto che le nostre menti tendono ad allineare i nostri stereotipi di genere a quelli riguardanti la leadership. Abbiamo, infatti, concezioni ben precise di cosa comportino certi posti di lavoro e l’immagine che abbiamo generalmente delle donne spesso non ricalca le richieste intrinseche alle posizioni di potere.

Curiosamente, questi stereotipi non sono propri solo del sesso maschile, ma appartengono anche al mondo femminile, il che spiega perché la derisione nei confronti dei leader femminili proviene da entrambi i sessi (i.e., donne che malvedono altre donne). In aggiunta, i nostri sentimenti nei confronti di come gli uomini e le donne dovrebbero essere, sono spesso così chiari da indurci a provare antipatia quando una donna “oltrepassa la linea” e si ritrova in posizioni sociali che i nostri stereotipi non permetterebbero loro di ricoprire.

La buona notizia è che gli stereotipi sono direttamente collegati alla cultura, e che questa periodicamente cambia.

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