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Perché il cervello delle Anoressiche e delle Bulimiche è in grado di ignorare la fame?

Alcuni ricercatori hanno recentemente scoperto il meccanismo che consente al cervello delle Anoressiche e delle Bulimiche di ignorare lo stimolo della fame

Di Greta Lorini

Pubblicato il 21 Nov. 2016

I ricercatori dell’Università del Colorado presso l’Anschultz Medical Campus, guidati da Guido Frank, hanno scoperto il meccanismo neurale che consente al cervello delle Anoressiche e delle Bulimiche di ignorare lo stimolo della fame.

 

In uno studio pubblicato dalla rivista Translational Psychiatry, i ricercatori hanno dimostrato che i normali pattern cerebrali dell’appetito sono, in effetti, alterati e ribaltati in coloro che soffrono di disturbi alimentari.

I segnali cerebrali provenienti da altre aree possono far sì che il segnale ipotalamico venga ignorato, nonostante l’ipotalamo sia una regione cruciale per la regolazione dell’appetito, in quanto guida la motivazione ad alimentarsi.

Nel mondo scientifico e clinico noi lo chiamiamo “la mente domina la materia” (in lingua originale: “Mind Over Matter”) – ha affermato Guido Frank, autore principale dello studio e professore associato di psichiatria e neuroscienze presso la Scuola di Medicina dell’Università del Colorado – Ora, abbiamo un’evidenza fisiologica a sostegno di quest’idea.

Frank, esperto di disturbi del comportamento alimentare, si è avviato alla scoperta dell’organizzazione gerarchica che all’interno del cervello regola l’appetito e l’assunzione di cibo. L’obiettivo era quello di comprendere il meccanismo neurale che si cela dietro al fatto che alcune persone si nutrono quando hanno fame mentre altre non lo fanno.

 

Cosa succede nel cervello delle anoressiche e delle bulimiche: lo studio

Con l’ausilio di immagini di risonanza magnetica cerebrale, i ricercatori hanno esaminato la reazione del cervello in seguito all’assunzione di una soluzione zuccherata di 26 donne prive di un disturbo alimentare, 26 donne con diagnosi di anoressia nervosa e 25 con diagnosi di bulimia.

Il team ha scoperto che le partecipanti con un disturbo alimentare mostravano diffuse alterazioni nella struttura dei circuiti cerebrali di ricompensa del gusto e di regolazione dell’appetito.

Tali alterazioni sono state osservate non tanto a livello strutturale, quanto piuttosto a livello della sostanza bianca, fondamentale per coordinare la comunicazione tra le diverse parti del cervello. Sono emerse anche importanti differenze nel ruolo giocato dall’ipotalamo nei due diversi gruppi sperimentali.

 

I risultati

All’interno del gruppo privo di disturbi alimentari, le regioni cerebrali responsabili dell’assunzione di cibo ricevevano il loro segnale d’azione dall’ipotalamo; mentre nel cervello delle anoressiche e delle bulimiche il circuito ipotalamico era significativamente più debole e l’informazione viaggiava in direzione opposta, pertanto, si dirigeva dalla corteccia cingolata anteriore, che ha implicazioni a livello emozionale e può essere considerata il nostro “sistema di allarme”, verso l’ipotalamo.

Il risultato di questo ribaltamento, quindi, è la capacità del cervello delle anoressiche e delle bulimiche, grazie all’influenza top down cognitivo-emozionale del cingolo anteriore, di ignorare l’ipotalamo respingendo il segnale “mangia” e prolungando, inoltre, la restrizione alimentare.

 

Conclusioni

La regione dell’appetito nel cervello dovrebbe spingere ciascuno di noi ad alzarsi dalla sedia in cerca di qualcosa da mangiare – ha detto Frank – Ma nei pazienti che soffrono di anoressia nervosa o bulimia nervosa questo non avviene.

Secondo lo studio, gli esseri umani sono programmati fin dalla nascita per apprezzare il gusto dolce, ma chi soffre di un disturbo alimentare tendenzialmente inizia proprio con l’evitare cibi dolci per paura di ingrassare. Si potrebbe interpretare questo evitamento come un comportamento appreso e, più specificatamente, un condizionamento operante, dove l’aumento di peso rappresenta la punizione temuta che rafforza l’abitudine a non cibarsi.

Questo evitamento potrebbe, col tempo, alterare i circuiti cerebrali dell’appetito e della nutrizione. I ricercatori suggeriscono che la paura di mangiare certi cibi può influenzare i meccanismi di elaborazione cerebrale del circuito di ricompensa del gusto riducendo il potere dell’ipotalamo.

Grazie a questo studio, noi comprendiamo meglio a livello biologico come fanno coloro che soffrono di un disturbo alimentare ad ignorare la spinta a nutrirsi – ha detto Frank. – Prossimamente abbiamo bisogno, rivolgendoci ai bambini, di comprendere quando tutto questo inizia ad innescarsi.

 

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