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Salvador Dalì, il surrealista paranoico-critico

Dalì ha definito il suo metodo artistico paranoico-critico e i temi prediletti erano quelli psicanalitici dell'inconscio, del sogno e della sessualità.

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 14 Ott. 2016

Il Surrealismo era per Dalì l’occasione per far emergere il suo inconscio, secondo il principio dell’“automatismo psichico” teorizzato da André Breton, il padre del movimento. E alla sua particolare tecnica di automatismo, l’artista diede il nome di “metodo paranoico-critico”.

La biografia di Salvador Dalì

L’artista catalano Dalì (1904-1989) era solito dire che i genitori lo avevano chiamato Salvador, [blockquote style=”1″]perché era destinato a salvare la pittura minacciata di morte dall’arte astratta, dal surrealismo accademico, dal dadaismo e in genere da tutti gli ‘ismi’ anarchici.[/blockquote]

In realtà, i genitori lo chiamarono esattamente come il fratello maggiore morto alcuni anni prima a causa di una meningite e fu considerato dagli stessi come una reincarnazione di quel fratello mai conosciuto. La sua infanzia trascorse in una casa piena di foto di quel fratello morto, protetto sia dal padre, sia dalla madre, che temevano di perdere anche lui.

A sei anni voleva diventare ‘cuoca’ (usava il termine al femminile); a sette Napoleone; a dieci scopriva gli impressionisti; a diciotto iniziò gli studi all’Accademia di Belle Arti a Madrid ed andò a vivere nella Residencia de Estudiantes, dove conobbe, tra gli altri, lo scrittore Federico Garcia Lorca, con cui strinse un’intima amicizia. Ben presto quest’amicizia si trasformò in una passione amorosa da parte del poeta di Granada e la cosa turbò Dalì, che, ne “Les Passions selon Dalì” (1968) scrisse: [blockquote style=”1″]Quando Garcia Lorca tentò di possedermi, mi rifiutai a lui con orrore.[/blockquote]

Dall’inizio del 1927 l’artista catalano si trasferì a Parigi. Nell’autobiografia “La mia vita segreta” il pittore racconta:[blockquote style=”1″] Arrivai a Parigi….presi un taxi e domandai all’autista: ‘Conosce dei buoni bordelli?’. Se non tutti ne visitai un numero piuttosto impressionante e alcuni mi piacquero oltre misura.[/blockquote]

La personalità provocatoria e gli atteggiamenti stravaganti di Dalì, oltre alle sue opere piene di allusioni sessuali, incuriosirono il gruppo dei surrealisti parigini; conobbe René Magritte e sua moglie, Paul Éluard, (la guida intellettuale del movimento surrealista) e sua moglie Gala. Salvador rimase affascinato da Gala, i due, ben presto, divennero amanti e, successivamente, marito e moglie. E’ Dalì stesso a fornire la chiave interpretativa freudiana di questo grande amore, che dominerà la sua opera fino alla fine: [blockquote style=”1″]Era destinata ad essere la mia Gradiva (‘colei che avanza’), la mia vittoria, la mia donna. Ma per farlo, bisognava che mi guarisse. E mi guarì, grazie alla potenza indomabile e insondabile del suo amore, la cui profondità di pensiero e abilità pratica surclassavano i più ambiziosi metodi psicoanalitici.[/blockquote]

Il loro rapporto fu molto intenso e turbolento, vissero il matrimonio in maniera promiscua, la loro passione fu totale e surreale. [blockquote style=”1″]Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro. Ero l’incarnazione delle sue visioni oniriche e fantastiche…Ero letteralmente attratta dalle sue stranezze e stravaganze che non ebbi alcun dubbio di separarmi da mio marito. Lui aveva 11 anni meno di me. Ci sposammo tre anni dopo il primo incontro[/blockquote] – racconta Helena Diakonova, detta Gala.

Il rapporto di Dalì con il Surrealismo

Nel 1930 Salvador entrò ufficialmente a far parte del movimento surrealista e, nell’ambito del Surrealismo, fu l’artista che più di ogni altro riuscì a sviluppare saldi legami teorici con la psicoanalisi. Il Surrealismo era per Dalì l’occasione per far emergere il suo inconscio, secondo il principio dell’“automatismo psichico” teorizzato da André Breton, il padre del movimento. E alla sua particolare tecnica di automatismo, l’artista diede il nome di “metodo paranoico-critico”. Dalì definì la paranoia come [blockquote style=”1″]una malattia mentale cronica, la cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di persecuzione o di grandezza e ambizione.[/blockquote]

Il metodo paranoico critico e l’opera “La persistenza della memoria”

L’attività paranoico-critica venne definita dallo stesso pittore come [blockquote style=”1″]un metodo spontaneo di conoscenza irrazionale basato sull’associazione interpretativo-critica dei fenomeni deliranti. [/blockquote]

Come esempio di questo procedimento, vorrei considerare una delle opere più famose di Dalì, “La persistenza della Memoria” (più nota, forse, come il “quadro degli orologi molli”): si tratta di un dipinto del 1931, oggi conservato al Museum of Modern Art di New York. L’opera è incentrata sul concetto di tempo, rappresentato, appunto, dagli orologi. Dalì, in “La mia vita segreta” (1942), racconta in questo modo la genesi dell’opera: [blockquote style=”1″]E il giorno in cui decisi di dipingere degli orologi, li dipinsi molli. Ciò avvenne in una sera in cui ero stanco. Avevo l’emicrania, il che mi accade raramente. Volevamo andare al cinema con alcuni amici e all’ultimo momento decisi di restare a casa. Gala uscì con loro, mentre io mi coricai presto. Avevamo concluso la nostra cena con un camembert eccezionale e, allorché fui solo, rimasi ancora per un momento seduto a tavola pensando ai problemi che mi poneva il “supermolle” di questo formaggio. Mi alzai e mi recai nel mio studio, per gettare un ultimo sguardo al mio lavoro, come era mia abitudine. Il quadro a cui stavo lavorando raffigurava un paesaggio nei dintorni di Port Lligat, le cui rocce sembravano illuminate dalla luce trasparente del crepuscolo. In primo piano avevo dipinto un ulivo, dei rami tagliati e senza foglie. Questo paesaggio doveva servire di sfondo ad una nuova idea, ma quale? Cercavo un’immagine sorprendente, ma non riuscivo a trovarla. Spensi la luce, e uscii dalla stanza e in quel preciso momento “vidi” letteralmente la soluzione: due orologi molli, uno dei quali pietosamente appeso a un ramo dell’ulivo. Malgrado l’emicrania, preparai la mia tavolozza e mi misi all’opera. Due ore dopo, allorché Gala tornò dal cinema, il quadro, che sarebbe diventato una delle mie tele più famose, era finito…[/blockquote]

Gli orologi molli nacquero dunque da una suggestione provocata dal camembert, il formaggio francese che l’artista definisce “supermolle” e che spinge lo stesso a meditare “sul problema filosofico della ipermollezza posto da quel formaggio”. Secondo il metodo paranoico-critico seguito da Dalì, gli orologi molli sono il prodotto di una visione irrazionale e ci forniscono una nuova lettura del Tempo, diversa dal tempo meccanico. Il tempo meccanico è quello che scandisce i secondi, i minuti, le ore, (gli orologi duri), mentre gli orologi molli sono inseriti in un contesto in cui non accade nulla ed il tempo è come fermo. Il tempo, inteso come la successione meccanica di istanti, dunque, viene messo in crisi dalla memoria umana che, del tempo, ha una percezione poco razionale. In questo modo l’orologio, oggetto orribile che scandisce la successione dei minuti della vita dell’uomo, diventa molle come un camembert nel suo momento migliore, quando incomincia a colare.

La psicoanalisi nelle opere di Dalì

Dal metodo paranoico-critico derivarono tantissime opere di Salvador, tra cui le celebri: “Autoritratto molle con pancetta fritta” (1941) , “Ritratto di Picasso” (1947), L’aurora” (1948).
Paranoico-critico è anche “Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melograna, un attimo prima del risveglio” del 1944, il cui titolo è, di per sé, esplicativo. E’ un’opera, tra le tante, in cui è raffigurata la moglie dell’artista, Gala. L’ispirazione del quadro venne al pittore dalla puntura di un’ape mentre stava dormando. Provò dolore mentre dormiva e, in quel momento di incoscienza, provò delle sensazioni ingigantite e così l’istante della puntura è rappresentato dalla punta di una baionetta che sta per trafiggere il braccio della donna nuda, mentre il momento del dolore è rappresentato dalle tigri inferocite che fuoriescono dalla bocca di una pesca, che, a sua volta, sorge da un melograno. Dalì dichiarò più volte di voler immortalare la vita onirica, realizzando ciò che lui definì delle “fotografie dei sogni dipinte a mano”: con quest’opera l’artista fece qualcosa in più, ovvero riuscì ad illustrare magistralmente un meccanismo mentale indagato da Freud, cioè l’effetto che uno stimolo esterno, percepito durante il sonno, produce su ciò che stiamo sognando, a dimostrazione del fatto che nelle opere dell’artista catalano si ritrovano tutti i capisaldi della teoria freudiana: l’inconscio, il sogno, la sessualità.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Néret G. (2011). Salvador Dalì. La conquista dell’irrazionale. Taschen GmbH. Colonia.
  • Dalì S. La droga sono io. Traduttore Lo Porto T. (2010). Castelvecchi Editore. Roma.
  • Dalì S. La mia vita segreta. Traduttore Brin I. (2006). Abscondita. Milano.
  • Mattarella L., Aguer M. (2012). Dalì. Un artista, un genio. Skira Editore. Milano.
  • Dalì S. Pauwels L. (2004). Les passions selon Dalì. Éditions Denoël. Parigi.
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