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Cancro: gli effetti benefici dell’attività motoria

E' stato dimostrato come l'attività motoria sia durante le terapie mediche che in seguito abbia degli effetti benefici nei pazienti affetti dal cancro

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 21 Ott. 2016

Cancro: L’attività motoria ha un ruolo importante nell’ ambito delle patologie tumorali, sia durante i trattamenti terapeutici (chemioterapia, radioterapia, ecc.) che nel periodo successivo.

Abstract

L’azione positiva che l’attività fisica regolare esercita è ascrivibile a più fattori. Fra di essi, si possono citare: il miglioramento della qualità della vita; il lenire la stanchezza legata alla patologia tumorale; il miglioramento della forma fisica, provata da terapie estremamente aggressive; l’attenuazione della sintomatologia depressiva che, sovente, accompagna il paziente affetto da neoplasia; l’incremento della forza muscolare. In virtù di questi benefici, agli ammalati di cancro è consigliata un’attività motoria moderata di almeno 150 minuti alla settimana. Malgrado le sollecitazioni ricevute, solo un esiguo numero di pazienti oncologici cambia stile di vita. Ciò è causato dalla scarsa autoefficacia e dai fattori emozionali, che inficiano il desiderio di dedicarsi ad un’attività motoria.

Keywords: cancro, attività motoria, autoefficacia, fattori emozionali.

L’azione positiva dell’attività motoria sui pazienti affetti dal cancro

L’attività motoria ha un ruolo importante nell’ambito delle patologie tumorali, sia durante i trattamenti terapeutici (chemioterapia, radioterapia, ecc.) che nel periodo successivo, come rivela la ricerca di Fong e coll. (2012).

L’azione positiva che l’attività fisica regolare esercita è ascrivibile a più fattori. Fra di essi, si possono citare il miglioramento della qualità della vita (Mishra e coll., 2012); il lenire la stanchezza legata alla patologia tumorale (Cramp e Byron – Daniel, 2012); il miglioramento della forma fisica, provata da terapie estremamente aggressive (Jones e coll., 2011); l’attenuazione della sintomatologia depressiva che, sovente, accompagna il paziente affetto da neoplasia (Craft e coll., 2012); l’incremento della forza muscolare (Stene e coll., 2013).

In virtù di questi benefici, agli ammalati di cancro è consigliata un’attività motoria moderata di almeno 150 minuti alla settimana (Schmitz e coll, 2010). Malgrado le sollecitazioni ricevute, solo un esiguo numero di pazienti oncologici cambia stile di vita, incrementando l’attività motoria settimanale (Blanchard e coll., 2008).

La psicologia di derivazione cognitivista ha cercato di capire le ragioni per le quali gli individui hanno difficoltà a cambiare i propri comportamenti più nocivi per sostituirli con altri più salutari. Un posto di rilievo nell’ambito delle teorie cognitive lo occupano i costrutti social – cognitivi, elaborati da Bandura (1986). All’interno di tali teorizzazioni, un paradigma importante è rappresentato dall’autoefficacia, intendendo con essa la convinzione relativa alle proprie capacità di portare a compimento una certa prestazione, perché si è in grado di eseguire tutte le azioni necessarie per raggiungere l’obiettivo prefissato (Bandura,1986). Alla luce di questa teoria, è stato ipotizzato che gli ammalati di cancro abbiano una scarsa autoefficacia, che inficia la loro capacità di seguire un programma regolare di attività motoria. È stato ipotizzato, inoltre, che alla base di questa scarsa propensione verso l’attività fisica potrebbe esserci la debolezza che questi pazienti avvertono e che è uno dei sintomi principali del cancro (Blaney e coll., 2013).

Un ruolo importante nel mantenimento di uno stile di vita attivo lo rivestono i fattori emozionali, come dimostra una recente ricerca di Lewis e coll. (2015).

Uno studio (Ungar, Wiskemann e Sieverding, 2016) compiuto dai ricercatori dell’Università di Heidelberg e del Centro Nazionale per le Malattie Tumorali di Heidelberg, in Germania, ha voluto capire per quale ragione i pazienti oncologici non seguono un programma di attività fisica regolare, malgrado siano a conoscenza dei benefici dell’attività motoria per la loro condizione. Per indagare questo aspetto sono stati reclutati 72 pazienti, fra le persone che erano in cura presso la Divisione di Oncologia Medica del Centro Nazionale per le Malattie Tumorali di Heidelberg. Essi erano per il 52% donne, con un’età media di 55 anni, per lo più ammalati di cancro al seno, al colon – retto e alla prostata. Il 33% aveva metastasi e il 37% al momento della ricerca era sottoposto a chemioterapia. I pazienti sono stati scelti perché presentavano un’attività fisica settimanale inferiore a 150 minuti. Nel conteggio delle ore di attività motoria sono stati considerati il pendolarismo, i lavori domestici, l’attività motorio – sportiva fatta nel tempo libero e l’attività fisica svolta nell’ambito del proprio lavoro.

Con i pazienti, nell’ambito del progetto MOTIVACTION (intervento motivazionale per incrementare l’attività fisica nei pazienti oncologici), sono stati programmati due incontri. Nel primo si sono utilizzate delle tecniche di counseling, che avevano lo scopo di convincerli a cambiare stile di vita. Nel corso dell’incontro è stato dato un opuscolo da leggere a casa, nel quale erano illustrate tutte le tecniche per cambiare i propri comportamenti. Inoltre, erano suggeriti degli esercizi di ginnastica da fare in ambiente domestico ed erano forniti dei piccoli attrezzi ginnici. Ogni paziente era tenuto a compilare un diario relativo all’attività fisica intrapresa.

Nel secondo incontro si insegnavano le tecniche utili per rilassarsi (respirazione addominale, rilassamento muscolare frazionato) e per fronteggiare lo stress. A casa, in più, i pazienti dovevano leggere un opuscolo, dove erano illustrate le tecniche per gestire al meglio lo stress, un CD per rilassarsi e un diario per registrare i progressi nella gestione dello stress.

Sono state fatte due valutazioni degli effetti degli interventi a distanza di 4 settimane e 10 settimane. La ricerca ha stabilito che nel cambiamento dello stile di vita, ovvero nell’intraprendere un’attività fisica regolare, un ruolo chiave lo rivestono sia l’autoefficacia che i fattori emozionali, come il piacere di dedicarsi ad un’attività motoria.

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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