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Conoscere la simulazione di patologia mentale: “la più fine simulazione è servirsi bene della verità”

A cosa serve riconoscere la simulazione di patologia mentale? Chi è il simulatore? Vi sono strumenti che aiutano il clinico ad identificare un simulatore?

Di Cinzia Borrello

Pubblicato il 21 Set. 2016

Aggiornato il 07 Gen. 2019 11:29

Non è da tutti e per tutti la simulazione di patologia mentale. Facile sembrerebbe agli occhi di chi non conosce le sottigliezze della psicopatologia: entrare nel ruolo di paziente con malattia mentale presuppone una conoscenza totale di ciò che si vuol simulare.

Cinzia Borrello – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi, San Benedetto del Tronto

 

 

È pressoché impossibile fingere d’amare se non si è già molto prossimi a essere innamorati, o almeno se non si ama in qualche modo; bisogna infatti aver lo spirito e i pensieri dell’amore per questa finzione, altrimenti come mai se ne potrebbe parlare?

Anonimo, Discorso sulle passioni d’amore, XVII sex. (attribuito a Blaise Pascal)

 

Presupposto indispensabile per un tentativo di simulazione è proprio ciò che l’autore citato mette in evidenza: saper fingere è una virtù. Non è da tutti e per tutti la simulazione di patologia mentale. Facile sembrerebbe agli occhi di chi non conosce le sottigliezze della psicopatologia. Simulare un mal di pancia potrebbe essere alla mercé di molti, ma entrare nel ruolo di paziente con malattia mentale presuppone una conoscenza totale di ciò che si vuol simulare.

In ambito clinico il tentativo di smascherare un simulatore potrebbe non essere di alcuna utilità; cardine dell’efficacia di una terapia dovrebbe essere infatti l’alleanza terapeutica, l’eliminazione di ogni forma di pregiudizio, l’essere acritici e l’aver un rapporto di fiducia con il paziente. Quando però si affaccia il dubbio di simulazione di patologia mentale, il clinico si deve dare la possibilità di riuscire a svelare l’inganno.

 

 

Perché smascherare una simulazione di patologia mentale?

A cosa serve riconoscere i meccanismi messi in atto dal simulatore? Chi è il simulatore? Da che motivazione è mosso? Quali atteggiamenti inducono il dubbio nel clinico? Come svelare una malattia simulata? Vi sono strumenti che possono aiutare il clinico ad identificare un simulatore?

Si cercherà qui di rispondere alle molteplici domande.

Nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders 5 (DSM5) così come nella passata edizione, la simulazione di patologia mentale viene inclusa fra le condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica. Non vi è quindi diagnosi di simulazione ma una definizione della condizione, al fine di poterne tener conto.

Il manuale definisce simulazione come

La presentazione o produzione volontaria di sintomi psichici o fisici esagerati. I sintomi sono prodotti per perseguire uno scopo che è riconoscibile attraverso la comprensione della situazione dell’individuo piuttosto che attraverso la sua psicologia.

La ‘produzione volontaria’ la si descrive in quanto il simulatore rende palesi sintomi che in realtà non vi sono o che vi sono in misura lieve; mostra ciò che in realtà non sente o tenta di far credere ad altri cose o fatti che in realtà non esistono. I sintomi sono, quindi, per lo più inesistenti o lievi e vengono proposti e/o esagerati.

Il concetto ‘per seguire uno scopo’ sta ad indicare che il simulatore segue incentivi esterni come ad esempio, evitare il servizio militare, il lavoro, ottenere risarcimenti finanziari, evitare procedimenti penali, oppure ottenere farmaci; in generale di trarre vantaggi sul piano giuridico-forense. Vi è quindi  da parte di chi è valutato un interesse ad ottenere un certo risultato (Fornari, 2008).

Molteplici sono i contesti in cui vengono rese probabili condotte di simulazione di patologia mentale: penale (valutazione della capacità di intendere e di volere); civile (valutazione sul danno della persona e/o valutazione sulle capacità di provvedere a se stesso); previdenziale (valutazione sulla capacità lavorativa, invalidità, accompagnamento); canonico (valutazione sulla maturità psicoaffettiva) (Stracciari, Bianchi, Sartori 2010).

Il meccanismo di simulazione di malattia viene molto spesso rilevato in ambito forense in quanto il periziato non ha vincoli dati dal contratto terapeutico. L’obiettivo della valutazione non si esaurisce con la promozione della salute, ma la condizione mentale e la situazione soggettiva vengono valutati in funzione all’atto rilevante dal punto di vista giuridico. Spesso accade infatti, che l’inviante è la figura dell’avvocato.

 

 

Quando sospettare una simulazione di patologia mentale

La simulazione dovrebbe esser sospettata quando vi è un contesto medico-legale di presentazione dei sintomi, quando ai reperti obiettivi non vi è corrispondenza con lo stress e/o la compromissione lamentata dal soggetto, quando manca la collaborazione alla valutazione diagnostica e nell’accettare il percorso terapeutico e, infine, quando vi è presenza di un disturbo Antisociale di Personalità. Ulteriori caratteristiche che porterebbero il clinico a mettere in dubbio la sintomatologia del paziente, potrebbero essere la presentazione idilliaca del funzionamento premorboso oppure l’incapacità selettiva delle sole attività lavorative (Ferracuti et al., 2007).

Constatato che la più fine simulazione è servirsi bene della verità, Fornari (2008) propone alcune sottigliezze che potrebbero mettere ulteriormente in allerta il clinico. Il simulatore di patologia potrebbe imitare solamente i singoli sintomi, non legati da una correlazione patologica, così come potrebbe esibire dei disturbi che solitamente il soggetto realmente malato tende a negare. Potrebbe proporre incoerenza e incostanza nella presentazione dei sintomi e/o descrivere in maniera scientificamente esatta deliri e allucinazioni. Il simulatore potrebbe presentare una refrattarietà ai trattamenti psico-farmacologici e psicoterapeutici, resistere così ad una terapia che generalmente attenua i sintomi in soggetti affetti da patologie reali. Inoltre sono possibili emissioni di comportamenti puerili, drammatizzazione, variazioni dell’umore di tipo infantile e ricerca della figura materna; simulando così regressioni o stati di ritardo mentale. Infine molto frequente è la prodigiosa guarigione correlata all’andamento del processo penale, questo però rischia di essere un indicazione post-processo, e probabilmente il simulatore avrà già raggiunto il suo obiettivo.

 

 

L’importanza della diagnosi differenziale

Non essendoci una diagnosi di simulazione di patologia mentale non esiste un comportamento che possa essere definito come tipico del simulatore; il soggetto va osservato attentamente per porre attenzione a tutti  gli aspetti sopra citati e quanti altri possano mettere in dubbio la veridicità del sintomo proposto.

Centrale nell’identificazione della condotta di simulazione risulta essere il lavoro sulla diagnosi differenziale. Per parlare di Simulazione di patologia mentale bisogna quindi escludere diverse condizioni, tra le quali vi sono il disturbo di conversione e disturbo somatoforme, il disturbo dissociativo, il disturbo fittizio, la sindrome di Münchhausen , la sindrome di Münchhausen per procura e la sindrome di Ganser.

La produzione intenzionale di una sintomatologia vi è sia nella Simulazione che nel Disturbo Fittizio. Ciò che li differenzia è lo scopo che muove le diverse condizioni: nel disturbo Fittizio vi è il bisogno intrapsichico di mantenere il ruolo di malato con il fine di ricevere la cura e l’attenzione da parte di una persona cara. Allo stesso modo, a differenza della sindrome di Münchhausen, disturbo psichiatrico in cui le persone colpite fingono la malattia o un trauma psicologico per attirare attenzione e simpatia verso di sé, la simulazione è mossa da incentivi esterni. Ciò che differenzia invece il disturbo Somatoforme e di Conversione dalla condotta simulativa è la produzione non intenzionale del ventaglio di sintomi fisici. Nella sindrome di Ganser infine, vi è una reazione isterica basata su una motivazione inconscia del soggetto ad evitare la responsabilità, sforzandosi di apparire infermo di mente; la componente intenzionale, determinante all’inizio, finisce con il lasciare il posto a confusione e/o ad uno stato crepuscolare.

Tra i criteri che possono essere seguiti per distinguere la simulazione di patologia mentale da forme psicopatologiche che condividono alcune caratteristiche con la simulazione stessa, vi sono la produzione intenzionale di contro alla produzione inconsapevole e il vantaggio esterno e/o materiale di contro al vantaggio intrapsichico puro. La condotta di simulazione si propone quindi in un quadrante dove il vantaggio esterno e/o materiale si interseca con la produzione intenzionale del ventaglio di sintomi.

Conoscere i segnali di simulazione di patologia mentale è utile per il clinico per porsi in una posizione tale da non suggerire esso stesso i sintomi che potrebbero essere poi simulati. Inoltre conoscerne le caratteristiche è utile ad evitare di essere coinvolti in meccanismi di manipolazione e a migliorare la valutazione clinica per il riconoscimento ed il trattamento della simulazione della malattia mentale.

Hurst (1940) indicava due sole condizioni che danno la certezza di una avvenuta simulazione. Una di queste due condizioni è il cogliere il simulatore durante l’atto di esercitare la funzione psichica che aveva dichiarato essere menomata. La seconda condizione è quella in cui il simulatore ammette esso stesso di star simulando una patologia ai fini di un incentivo esterno. Da questo si evince la rarità di detenzione di simulazione. Comunque sia, nonostante vi siano situazioni in cui alcuni esperti preparano i propri assistiti prima di una valutazione psicodiagnostica, suggerendo le risposte più adeguate al raggiungimento del beneficio atteso e rendendo così più ostica l’individuazione della simulazione, vi sono molteplici condizioni insite nella valutazione stessa che permettono al clinico la detenzione della simulazione.

 

 

Gli strumenti di valutazione della simulazione di patologia mentale

Tra i diversi strumenti a disposizione dei clinici vi sono alcuni strumenti psicodiagnostici e reattivi di personalità, comunemente utilizzati, che presentano caratteristiche peculiari tali da aiutare la detenzione della simulazione di patologia mentale. In questa sede ne prenderemo in considerazione alcuni tra cui il questionario di personalità multiscala MMPI-2, la SIRS (Structured Interview of Reported Symptoms), il test Rorschach, il Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS), e  un esempio di test inserito in batterie di test neuropsicologici, il Test of Memory Malingering (TOMM).

L’MMPI-2 fornisce indicazioni sulla personalità del soggetto e su quanto il suo profilo corrisponda con diversi quadri nosografici psichiatrici. Peculiari del questionario sono le scale di validità che verificano l’attendibilità nella compilazione dello stesso e la presenza di atteggiamenti di dissimulazione o di simulazione.  Ad esempio l’indice F-K ricavato dalla differenza fra il punteggio grezzo alla scala F e alla scala K ha una provata capacità di individuare la simulazione.

La SIRS è lo strumento di riferimento per la valutazione della simulazione a carattere psichiatrico. Viene composta in modo da poter rilevare molteplici stili di risposta associati alla simulazione e permettere di classificare un quadro come finzione o descrizione onesta, e verifica inoltre la presenza di altri stili problematici di risposta  (Stracciari, Bianchi, Sartori 2010).

Per quanto riguarda il test Rorschach, si è osservato che con un adeguato addestramento il soggetto è in grado di simulare una condizione non reale; basterebbe infatti affermare di vedere ciò che non si vede realmente per alterare la validità del test. I simulatori vengono comunque smascherati in base a punteggi quali il rifiuto di produzione della risposta alla presentazione di una tavola, fallimento nel riportare le risposte più frequenti, bassa percentuale di forme buone, numerose risposte bizzarre o strane, confabulazioni accuratamente costruite e forti incongruenze o dislivelli di rendimento (Netter,Viglione, 1994; Gacono, Barton Evans, 2008).

Nel test WAIS, attraverso l’analisi della dispersione, è possibile rilevare la simulazione di patologia. Ad esempio soggetti simulatori di depressione presentano solitamente un basso rendimento in tutte le prove, mentre i soggetti affetti realmente da tale sintomatologia presentano un rendimento alto nelle prove verbali, mostrando invece un cedimento nelle prove di performance (Pajardi, 2006). Rispetto al QI si potrebbe cadere in inganno pronunciando una facile deduzione secondo cui un soggetto che ottiene un QI basso non è in grado di simulare. E’ sì reale come deduzione, in quanto la simulazione presuppone un buon livello cognitivo, ma risulta necessario tenere in considerazione anche il fatto secondo cui il QI basso può essere simulato.

In generale ciò che desta maggior interesse ai fini della detenzione di simulazione sono gli elementi quali: il punteggio al subtest Memoria di cifre il quale risulta scadente sia in caso di simulazione che in caso di pazienti neurologici, punteggi nella norma potrebbero indurre al dubbio; il punteggio inferiore a 7 nell’indice Memoria di cifre affidabile; infine un punteggio in grado di distorcere il protocollo è quello della differenza tra il punteggio al subtest Vocabolario e quello di Memoria di cifre, quando il punteggio del primo risulta di gran lunga superiore evidenzia il rischio di simulazione (Ferracuti, 2008).

Tra i test neuropsicologici specifici per la simulazione dei disturbi di memoria vi è il TOMM. Il test è formato da principalmente 3 fasi: la prova 1 dove avviene una prima presentazione e rispettiva memorizzazione degli stimoli target, con successiva prova di rievocazione con un’immagine distrattore; la prova 2 che prevede la medesima presentazione degli stimoli target, ma nella prova di rievocazione vi sono molteplici stimoli distrattori; infine abbiamo la prova 3, della rievocazione differita dopo circa 15 minuti.  Le prestazioni significativamente al di sotto del livello di scelta casuale indicano l’intenzionalità di produzione del sintomo; è bene tener conto che un punteggio molto basso è necessario per una diagnosi di simulazione. Un decremento significativo tra seconda e terza prova può essere interpretato come ulteriore conferma di simulazione.

Vi sono poi modalità di correlazione anatomo-clinica che consentono di individuare una simulazione tramite metodi di neuro immagine, in particolar modo quando vi esiste già la possibilità di oggettivare il correlato neurale della sintomatologia. Questo metodo confronta la sede lesionata con i sintomi accusati dal paziente, permettendo l’individuazione sia delle contraddizioni qualitative, quindi della sintomatologia inattesa rispetto a tale lesione, sia delle contraddizioni quantitative, quando i sintomi lamentati non presentano la stessa corrispondenza con la gravità della lesione.

Vi sono inoltre tecniche molto specifiche dell’ambito neuropsicologico, tra cui il Symptom Validity Testing (SVT)  il quale si pone lo scopo di attestare la veridicità del sintomo. Basato su una trappola matematica secondo la quale una prestazione significativamente inferiore a quella attesa da una prestazione casuale si può ottenere solo conoscendo le risposte e dando intenzionalmente la risposta errata. In test così proposti minore sarà il punteggio ottenuto e maggiore potrà essere l’accuratezza della diagnosi di simulazione di patologia mentale (Stracciari, Bianchi, Sartori 2010).

Come metodo finale, ma non di minor importanza, vi sarà l’occhio clinico dell’esperto nonché la competenza dello stesso messa in atto in sede di colloquio, confrontando i sintomi riportati con la propria conoscenza potrà individuare discordanze e svelare così il tentativo di simulazione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text Revision.Edizione Italiana: Masson, Milano.
  • Ferracuti, S., Parisi, L., & Coppotelli, A. (2007). Simulare la malattia mentale. Centro scientifico.
  • Ferracuti, Stefano, et al. (2008). I test mentali in psicologia giuridica e forense. Centro Scientifico Editore.
  • Gacono, C. B., Gacono, L. A., Evans, F. B., Gacono, C. B., Evans, F. B., Kaser-Boyd, N., & Gacono, L. A. (2008). The Rorschach and antisocial personality disorder. The handbook of forensic Rorschach assessment, 323-359.
  • Netter, B. E., & Viglione Jr, D. J. (1994). An empirical study of malingering schizophrenia on the Rorschach. Journal of Personality Assessment, 62(1), 45-57.
  • Pajardi, Daniela, Lucia Macrı̀, and Isabella Merzagora Betsos (2006). Guida alla valutazione del danno psichico. Giuffrè.
  • Stracciari, Andrea, Angelo Bianchi, and Giuseppe Sartori (2010). Neuropsicologia forense. Il mulino.
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