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Personalità ed empatia: la gradevolezza come principale predittore dei comportamenti prosociali

Secondo un nuovo studio, la gradevolezza risulterebbe essere la dimensione di personalità maggiormente associata alla propensione ad aiutare gli altri.

Di Chiara Ajelli

Pubblicato il 08 Set. 2016

Secondo numerose ricerche alcuni comportamenti prosociali, come ad esempio la volontà di aiutare gli altri, possono essere collegati a specifiche personalità. Sulla base di una nuova ricerca pubblicata dalla Society for Personality and Social Psychology, la gradevolezza risulta essere uno dei migliori predittori del comportamento prosociale.

 

 

Le motivazioni che stanno dietro il comportamento prosociale di una persona, come ad esempio aiutare un estraneo svenuto sulla strada o dedicare volontariamente del tempo a qualcuno che ha da poco perso i genitori, sono estremamente complesse. Le motivazioni che spingono le persone ad aiutare qualcuno solo in alcuni casi, o ad aiutare alcune persone escludendone altre, possono derivare da una miriade di ragioni.

Meara Habashi, l’autore principale dello studio discusso, spiega come per le persone sia comune sperimentare disagio nel vedere una vittima bisognosa di aiuto. Questo disagio può portare alcune persone a fuggire dal problema e ad evitare la vittima. L’angoscia che viene sperimentata dall’osservatore non sempre è causa di fuga e di blocco, spesso risulta essere un primo approccio empatico nei confronti della vittima, come poi la persona che la sperimenta deciderà di agire dipende dal tipo di personalità che la caratterizza.

Pertanto è possibile affermare che la correlazione tra empatia e personalità gioca un ruolo molto importante nella propensione ad aiutare altro.

Sulla base della precedente affermazione, Habashi e colleghi manipolando la variabile empatia hanno evidenziato che la gradevolezza è la dimensione della personalità che risulta essere maggiormente associata alla propensione ad aiutare in seguito a reazioni emotive scaturite da vittime bisognose di aiuto.

Lo studio si è ispirato al modello Big Five dei tratti di personalità. Come è già intuibile dal nome, il modello prevede 5 tratti di personalità: estroversione, gradevolezza, coscienziosità, nevrosi e apertura. Habashi e colleghi sulla base di questa teoria hanno sviluppato un modello con lo scopo di comprendere al meglio quali siano i legami tra i diversi tipi di personalità e i comportamenti prosociali.

Per giungere a questi risultati è stato necessario condurre diverse serie di esperimenti. Nella prima serie i partecipanti sono stati sottoposti all’esposizione di due racconti differenti. Il primo racconto è stato sottoposto per via radiofonica e raccontava di uno studente del college che aveva recentemente perso i genitori e che ora doveva prendersi cura dei suoi fratelli da solo. Il secondo racconto era stato direttamente comunicato dagli sperimentatori, i quali chiedevano ai partecipanti di immaginare di recarsi presso un amico, e durante il tragitto una persona si accascia a terra e non si muove più. Al termine di entrambi gli ascolti è stato chiesto ai partecipanti di valutare le loro emozioni prosociali, tra cui la preoccupazione empatica e l’angoscia, e di riferire come avrebbero o non avrebbero aiutato le vittime protagoniste dei racconti.

I risultati ottenuti hanno mostrato correlazioni tra l’empatia e i tratti di gradevolezza e nevrosi, tuttavia solo coloro che possedevano tratti elevati di gradevolezza avrebbero dedicato volontariamente del tempo alla vittima.

La seconda serie di esperimenti prevedeva uno studio in cui veniva indagata la volontà dei partecipanti di donare denaro ad una vittima.

Le analisi effettuate hanno riconfermato i risultati della serie precedente, aggiungendo però alcune informazioni per quanto concerne il tratto nevrosi. I partecipanti caratterizzati da questo tratto erano maggiormente concentrati su loro stessi, sia per quanto riguardava la possibilità di dedicare del tempo alla vittima, sia per quanto riguardava la possibilità di fare una piccola donazione.

Sulla base dei risultati ottenuti è possibile concludere che le persone che sono caratterizzate da un basso tratto di gradevolezza non sono necessariamente meno empatiche rispetto alle altre, ma semplicemente necessitano di maggiori stimoli prima di rispondere con preoccupazione empatica.

Per tanto Habashi conclude affermando che la propensione all’aiuto da parte di una persona è sia una questione di personalità, che una questione di contesto, in quanto la modalità con cui è strutturata la richiesta di aiuto gioca un ruolo molto importante.

È importante sottolineare che questo studio si è concentrato esclusivamente su un solo comportamento prosociale, ovvero aiutare uno sconosciuto. I comportamenti prosociali sono numerosi e possono ampiamente variare. Inoltre Habashi e colleghi sottolineano come questo esperimento sia stato svolto totalmente in un contesto di laboratorio, e che per tanto sarebbe necessario replicare lo studio in altri contesti. Inoltre la ricerca futura dovrebbe indagare la correlazione tra i tratti di personalità e tutti i comportamenti prosociali senza limitarsi esclusivamente ad uno di essi, come in questo caso.

 

 

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