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Conflitto lavoro-famiglia: un equilibrio difficile da realizzare

Molte teorie spiegano come tra mille difficoltà si possa creare un equilibrio tra la sfera familiare e quella professionale e come queste si influenzino. 

Di Veronica Nunziante

Pubblicato il 22 Lug. 2016

Aggiornato il 26 Ago. 2019 12:28

Oggi più che mai siamo tenuti ad interrogarci sul modo in cui la sfera lavorativa e quella familiare si influenzano a vicenda. Viviamo in un’epoca in cui il mercato del lavoro richiede costantemente flessibilità, mobilità e capacità di assumersi dei rischi. In che modo il soddisfacimento di queste richieste impatta sulla realtà familiare? E, al contrario, come la sfera familiare può facilitare o ostacolare la carriera del lavoratore?

 

Le teorie sulla relazione tra famiglia e lavoro

Molte teorie hanno cercato di fornire una risposta a questi interrogativi e Zedeck e Mosier (1990), nell’articolo Work in the Family and Employing Organization, ne hanno trattate alcune. Una delle ipotesi più accreditate è la teoria del travaso ed essa ritiene che tutto ciò che avviene in uno dei due ambiti finisca inevitabilmente per influenzare l’altro. Di conseguenza, ad esempio, se il lavoratore è felice a lavoro tenderà probabilmente ad essere felice anche a casa, mentre se la situazione lavorativa non è ottimale anche quella familiare potrebbe peggiorare. Questa assoluta assenza di confini potrebbe determinare una diffusione dello stress lavorativo anche in ambito familiare (e viceversa), incrementando ulteriormente la portata delle difficoltà incontrate.

La teoria della compensazione postula, invece, un “bilanciamento” dei bisogni frustrati in un’area con le soddisfazioni acquisite nell’altro ruolo. In questo senso una persona molto dedita al lavoro che trascura la propria vita personale per quella professionale molto probabilmente otterrà, in quest’ultima area, delle gratificazioni che bilanceranno le frustrazioni familiari.

La teoria della segmentazione ritiene invece, in modo piuttosto irrealistico, che l’individuo sia in grado di compartimentalizzare completamente le proprie esperienze nei due ambiti e che non ci sia alcuna relazione tra queste: secondo questa teoria ciò che accade in famiglia non ha nessun impatto sulla vita professionale del lavoratore, e viceversa.

In quarto luogo l’approccio strumentale considera ciò che accade in relazione ad un ruolo come un mezzo che può essere utilizzato per acquisire beni utili per l’altro ruolo. In questo senso il denaro guadagnato con il proprio ruolo professionale può contribuire alla realizzazione familiare, ad esempio mediante l’acquisto di una casa.

In conclusione Zedeck e Mosier citano la teoria del conflitto, la quale ritiene che ognuna delle due aree pone inevitabilmente delle richieste ed il soddisfacimento di tali richieste in uno dei due ambiti può richiedere molti sacrifici nell’altro ambito. In molte di queste teorie risalta la possibilità che ci siano forti correlazioni tra il ruolo lavorativo e quello familiare, sia in senso positivo, attraverso lo sviluppo di risorse, sia negativamente, tramite la produzione di problematiche più o meno gestibili.

 

I problemi familiari che possono influenzare la vita professionale

Morrison e Deacon (1993) hanno rilevato principalmente quattro problemi familiari che possono influenzare la vita professionale:
– Perdita del sostegno familiare, associata a scarsa energia da impiegare in ambito lavorativo, aggressività, depressione e difficoltà relazionali;
– Interferenza delle necessità familiari sul lavoro, correlata a burnout e minore impegno nello sviluppo delle proprie potenzialità;
– Frustrazione dei bisogni familiari con conseguente utilizzo del lavoro per il soddisfacimento degli stessi, legata a problemi d’autostima e sensi di colpa;
– Motivazione eterodiretta al lavoro, in cui le necessità familiari hanno la piena priorità rispetto a quelle professionali, e sarebbe associata a cattivi rapporti con i colleghi di lavoro e spreco di potenziale.

 

Le variabili delle due sfere da considerare

Cortini e Manuti (2008) ricordano come diverse evidenze empiriche hanno mostrato che ci sono numerose variabili in grado di mediare le due sfere di vita, come il numero dei figli, la presenza e l’aiuto offerto dai nonni, la presenza, nel nucleo familiare, di persone con disabilità, le caratteristiche personali del lavoratore e del partner, oltre che del luogo di lavoro (orari, contratto, stipendio) e del clima organizzativo che pervade tale luogo. Inoltre avrebbero un ruolo fondamentale anche le capacità di coping del lavoratore e del partner, ovvero quelle capacità d’adattamento che consentono di affrontare le situazioni stressanti.

 

Conclusioni

In conclusione si può affermare che i due ambiti appaiono più legati di quanto si pensi e che sarebbe necessario lavorare sullo sviluppo di condizioni che rendano tale coesistenza maggiormente vantaggiosa, ad esempio mediante l’incremento ed il miglioramento dei servizi all’infanzia, il quale aiuterebbe le donne nella loro realizzazione professionale, oppure attraverso un maggior coinvolgimento del sistema familiare nell’attività lavorativa della persona in modo tale da offrire ai familiari una migliore comprensione della situazione del lavoratore e, dunque, un maggiore sostegno.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cortini, M., Manuti, A. (2008). I valori tra vita lavorativa e vita extralavorativa: uno studio pilota su lavoratori manuali ed intellettuali. Rivista di Psicologia dell’Educazione e della Formazione, 10 ( 3), 5-35.
  • Gysbers N.C., Heppner M.J., Johnston J.A., (2002). L’orientamento professionale, OS Giunti, Firenze.
  • Morrison, D. E., & Deacon, D. A. (2003). Organizational consequences of family problems. In J. P. Kahn, A. M. Langlieb, J. P. Kahn, A. M.
  • Langlieb (Eds.) , Mental health and productivity in the workplace: A handbook for organizations and clinicians (pp. 254-275). San Francisco, CA, US: Jossey-Bass.
  • Zedeck, S., Mosier, K.L. (1990). Work in the Family and Employing Organization. The American Psychologist, 45 (2), 240-251.
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