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Carriera e famiglia: una conciliazione difficile

Lavorare senza sosta causa l'assenza dalle mura domestiche, con la conseguenza di non riuscire a godersi l'essere genitore. Eppure non bisogna scoraggiarsi.

Di Chiara Carlucci

Pubblicato il 10 Apr. 2015

Lavorare senza sosta comporta un’inevitabile assenza dalle mura domestiche, con la triste conseguenza di non riuscire a godersi il mestiere di genitore come si vorrebbe. Senza dimenticare che gli stessi figli crescerebbero beneficiando un po’ poco delle attenzioni materne e paterne.  Eppure tutte queste osservazioni non devono scoraggiare i giovani d’oggi, i quali sognano e sperano di poter raggiungere il giusto equilibrio nel prossimo futuro.

Osservando la società odierna e confrontandola con quella di circa una cinquantina di anni fa si giunge spontaneamente a fare delle evidenti considerazioni: se un tempo l’età media delle madri italiane alla nascita del primo figlio era circa intorno ai 25 anni, dagli anni ’60 in poi è stato possibile assistere ad un progressivo aumento di tale età. Al giorno d’oggi le donne diventano mamme sempre più frequentemente dopo i 30 anni, al punto tale che le persone restano sempre più stupite trovandosi di fronte ad una coppia di genitori che hanno passato da poco la ventina. Eppure è un dato di fatto che dopo i 20 anni si è perfettamente degli adulti e presumibilmente si posseggono anche le competenze e le responsabilità tali per costruire una famiglia.

A ciò si va ad aggiungere, sempre facendo un confronto con le precedenti generazioni, anche un aumento dei laureati italiani, di giovani che desiderano affermarsi nell’ambito lavorativo, che si oppongono all’idea di adattarsi ad un lavoro che non gli piace solo al fine di allontanarsi dalla casa materna e rendersi autonomi economicamente. Considerando anche il fatto che gli innumerevoli periodi di crisi economica a cui siamo abituati ad assistere hanno contribuito a ridurre i posti di lavoro, con un conseguente aumento della precarietà. 

In merito a ciò salta all’occhio un’altra cosa rilevante: una riduzione di incarichi nel settore pubblico. Basti pensare alla sfera ospedaliera. I concorsi nelle asl sono diminuiti notevolmente negli ultimi anni, o meglio si è potuto constatare una diminuzione dei contratti a tempo indeterminato in favore di contratti a progetto o borse di studio. Questo non fa altro che incrementare l’ottica di una continua precarietà, che non consente il programmarsi di un lineare progetto di vita (Engelmann e all, 2015).

Di conseguenza si evince una pinta nei giovani nell’impegnarsi un po’ di più negli studi (università o corsi di formazione) al fine di sentirsi maggiormente sicuri in vista di un’occupazione futura.

Le due cose (innalzamento di età genitoriale e instabilità lavorativa) sono tra loro collegate? Certo che sì!

Se diviene una priorità realizzarsi nell’ambito professionale, ciò comporta anche un grande coinvolgimento delle proprie forze e spese di tempo per raggiungere i risultati migliori e naturalmente, se si è stati abili ad arrivare all’apice del successo lavorativo, le conseguenti energie verranno utilizzate nel mantenersi stretto a sé ciò che si è conquistato con tanta fatica.

Tutto ciò è a discapito della famiglia. Iniziando a lavorare ad un’età sempre più avanzata anche i figli arrivano più tardi; conseguentemente si assiste con una frequenza sempre maggiore a famiglie poco numerose. Diviene infatti sempre più difficoltoso portare avanti una famiglia con più di due figli.
Un’ulteriore conseguenza a cui è possibile assistere negli ultimi anni è la riduzione delle famiglie unite da rito nuziale in favore delle convivenze e dei modelli alternativi di coppia informale (Bernardi 1999).

A risentire maggiormente di questa situazione sono le donne, per le quali negli ultimi anni si sono aperte innumerevoli strade considerate un tempo esclusivamente maschili, e nelle quali molte di loro hanno saputo efficacemente affermarsi, talvolta anche rimpiazzando i loro colleghi uomini. Ciò in qualche modo sfata quel luogo comune che vede la donna come casalinga e moglie perfetta in grado di occuparsi della famiglia a tempo pieno quasi come fosse questo il suo vero lavoro (Passerini, 2001).

Il crescente investimento delle donne nell’istruzione e la maggiore partecipazione al mercato del lavoro fa sì che le aspirazioni femminili in merito ai ruoli e alle posizioni professionali siano sempre più elevate, con un aumento delle responsabilità, incarichi e opportunità di carriera. Se da una parte questi cambiamenti sono fortemente positivi, dall’altra impongono alle madri di oggi il moltiplicarsi su più fronti, cercando di gestire il doppio lavoro, quello extradomestico e quello a casa (Fiori, Pinnelli, 2007).

Lavorare senza sosta comporta un’inevitabile assenza dalle mura domestiche, con la triste conseguenza di non riuscire a godersi il mestiere di genitore come si vorrebbe. Senza dimenticare che gli stessi figli crescerebbero beneficiando un po’ poco delle attenzioni materne e paterne.  Eppure tutte queste osservazioni non devono scoraggiare i giovani d’oggi, i quali sognano e sperano di poter raggiungere il giusto equilibrio nel prossimo futuro.

Essere dei professionisti affermati e allo stesso tempo dei buoni genitori non è impossibile e conciliare carriera e impegni familiari non è affatto un’utopia, sottolineando che delle recenti statistiche mettono in luce che molti soggetti, di cui molte donne, sono riusciti a farlo.

Ovviamente la perfezione non esiste e bisogna operare le giuste scelte.  Bisogna imparare ad abituarsi all’imperfezione. Un ottima soluzione, fino a pochi anni fa era rappresentata dai famosi nonni, i quali si occupavano con piacere dei loro nipoti, andandoli a prendere a scuola, preparando loro da mangiare e talvolta svolgendo anche delle piccole incombenze domestiche.

Ma purtroppo nell’ultimo periodo le riforme pensionistiche hanno costretto i nonni a lasciare il lavoro ad un’età sempre più avanzata, limitando così la possibilità di badare ai propri nipoti in modo esaustivo ed efficiente, senza tra l’altro dimenticare che non tutti hanno i nonni.

Se i servizi sociali sono carenti e distanti dalle problematiche reali, non ci si può permettere una baby sitter a tempo pieno e mancano i nonni su cui fare affidamento, conciliare posto di lavoro e figli diventa davvero complicato. Il lavoro part-time in parte facilità un po’ le cose, così come una grande risorsa è rappresentata da quei padri che riescono ad occuparsi delle faccende domestiche laddove le loro mogli non arrivano.

È ovvio che una carriera, per quanto modesta, è necessaria per portare avanti una famiglia e far crescere i bambini. Ma bisogna ricordasi che qualche piccola rinuncia è inevitabile se si vuole arrivare ad una buona conciliazione.

Saper accettare senza alcuno stress sia tempi frenetici sia i sacrifici che l’unione tra carriera e famiglia impone rappresenta sicuramente un grande successo e una grande gratificazione.

 

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