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Un modello cognitivo dei disturbi alimentari focalizzato sul controllo

Le credenze disfunzionali sul tema del controllo sono distorsioni cognitive rilevanti nei disturbi alimentari, pertanto saranno obiettivi della terapia

Di Sandra Sassaroli, Giovanni Maria Ruggiero, Francesca Fiore

Pubblicato il 10 Giu. 2016

Il nostro modello di trattamento dei disturbi alimentari focalizzato sul controllo non è una terapia nuova. Si tratta di una variante del trattamento cognitivo standard per i disturbi alimentari secondo la quale l’accertamento e il trattamento delle credenze sul controllo aumenterebbe la comprensione della psicopatologia dei disturbi alimentari e l’efficacia della terapia cognitiva.

MAGREZZA NON E’ BELLEZZA – I DISTURBI ALIMENTARI: Un modello cognitivo dei disturbi alimentari focalizzato sul controllo (Nr. 16)

 

Il modello originario della terapia cognitiva dei disturbi alimentari considera la bassa autostima e il perfezionismo patologico  come le principali distorsioni cognitive sottostanti il disturbo alimentare e gli obiettivi più importanti del trattamento psicologico (Fairburn et al. , 2003).  Lo scopo del lavoro cognitivo-comportamentale che critica e mette in discussione il perfezionismo patologico e la bassa autostima consiste nel diminuire sia il timore pervasivo dell’insuccesso da parte della persona, sia il focus sulla performance, e nel ridurre l’auto-criticismo che deriva dalla percezione negativa della sua prestazione.

Il nostro trattamento sostiene che anche le credenze disfunzionali e i processi sui temi del controllo siano tra le distorsioni cognitive rilevanti nei disturbi alimentari e, pertanto, devono essere aggiunte al perfezionismo patologico e alla bassa autostima come obiettivi della terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi alimentari.

Il concetto clinico della percezione ansiosa di mancanza di  controllo è applicabile ai disturbi alimentari. Infatti, la necessità dei soggetti con disturbi alimentari di percepire il controllo sulla propria vita è spostato sul controllo del cibo, del peso, e sulla forma del corpo, pena una pervasiva percezione di controllo insufficiente.  I soggetti con anoressia nervosa cercano spesso il controllo (Bruch 1973; Button, 1985) e la sensazione di controllo è sovente ottenuta con continui monitoraggi dell’alimentazione, del  peso e delle forme corporee. (Fairburn, Harrison, 2003; Slade, 1982).  La ricerca, inoltre, suggerisce che soggetti con disturbi alimentari ritengono sia possibile e obbligatorio esercitare un controllo assoluto sia su se stessi sia sulla realtà esterna (Sassaroli e coll.). Non si tratta della percezione ansiosa della mancanza di  controllo ma potrebbe rappresentare un desiderio attivo e ossessivo di aumentare il controllo (Moulding, Kyrios, 2006; Sassaro- li, Ruggiero, 2010).

 

Trattamento sul controllo nei disturbi alimentari: i cinque passi fondamentali

Per quanto riguarda il trattamento sul bisogno di controllo, il  terapeuta dovrebbe sviluppare una strategia che metta in discussione sia la credenza secondo cui il grado di controllo esercitato dal paziente è insufficiente (valutazione di controllo come insufficiente), sia la credenza in base alla quale solo il controllo assoluto è accettabile (desiderio e compulsione al controllo).  Questi i passi previsti dal trattamento sul controllo nei disturbi alimentari:

  • Passo 1: Valutazione della credenza sul controllo.

Noi assumiamo che in individui con disturbi alimentari, l’alimentazione disregolata e i comportamenti eliminatori rappresentino dei tentativi per ottenere un senso di controllo. Per questo motivo il terapeuta esplora il senso di controllo personale del paziente, la sua percezione di controllo sufficiente/ insufficiente, il desiderio di aumentare il controllo e la compulsione per un controllo assoluto. Il trattamento cognitivo della credenza sul controllo inizia con la valutazione di questa credenza. Il terapeuta chiede alla paziente di spiegare i comportamenti alimentari disfunzionali e  le emozioni associate in termini di pensiero. Il terapeuta incoraggia un atteggiamento critico nel paziente e chiarifica che ogni dato comportamento e/o emozione è preceduto da/o  corrisponde a un pensiero, che è una valutazione della situazione in termini di credenze e scopi. In questo modo il paziente può considerare e concepire i suoi comportamenti e le sue emozioni come azioni consapevoli e non più come impulsi incontrollabili. Noi crediamo che nei disturbi dell’alimentazione i comportamenti alimentari disfunzionali rappresentino un tentativo per raggiungere una sensazione di controllo  sugli eventi esterni, sugli altri, sul mondo e su di sé. All’inizio dell’intervista il terapeuta chiederà quali timori del paziente si potrebbero verificare nel caso in cui abbandonasse le sue  abitudini alimentari disfunzionali.

  • Passo 2: Valutazione della relazione tra il controllo dell’alimentazione, del peso e del cibo e la percezione del controllo generale sulla propria vita.

Il terapeuta valuta se questo senso di controllo coinvolge non solo l’alimentazione e il corpo, ma anche l’intero corso della vita della persona e se è presente un’assunzione consapevole  che associa l’alimentazione, il peso e/o le forme corporee con un senso di controllo sugli eventi esterni, sugli altri, sul mondo e su di sé.

  • Passo 3: Ristrutturare la credenza di un controllo insufficiente.

Fondamentalmente, la credenza del controllo è una credenza  ansiosa. Il paziente teme che il grado di controllo su di sé, sulle sue emozioni e sul mondo sia insufficiente. Il motivo per cui si valuta e si discute questa assunzione riguarda fondamentalmente la paura di perdere la percezione del controllo su di sé  e sulla realtà (Lehay, Holland, 2000). Così, noi dobbiamo ristrutturare tale paura mettendo in discussione:

  • Quanto è possibile tale perdita di controllo: quali prove e/o indizi il paziente porta per supportare la paura di perdita di controllo?
  • Se possibile, quanto è probabile?
  • Se probabile, tale perdita quanto potrebbe essere grave e insopportabile?
  • In che modo il paziente potrebbe rimediare a questa perdita di controllo?
  • In che modo il paziente potrebbe tollerare questa perdita  di controllo?

È importante discutere il rapporto tra il timore di perdere il controllo su di sé e sulla realtà e la paura di perdere il controllo sull’alimentazione, sul grasso e sul peso. Inoltre, il terapeuta prova a rendere il paziente consapevole di passati episodi di riduzione del controllo. L’obiettivo dell’intervento consiste nella decatastrofizzazione della perdita di controllo e di come è possibile sopportare un ridotto livello di controllo.

Il terapeuta guida il paziente a riconoscere che è possibile tollerare una parziale diminuzione del controllo, che tutti noi possediamo una serie di esperienze passate nella quale non avevamo il controllo assoluto ecc.  Alla fine il terapeuta incoraggia il paziente ad accettare una riduzione del controllo, a pensare che il timore di un controllo insufficiente può essere gestito. Il terapeuta, inoltre, incoraggia il paziente a mettere in discussione la credenza secondo cui il controllo sulla sua vita è insufficiente e a riconoscere che un livello parziale di controllo consente frequentemente un ragionevole grado di protezione personale e di sicurezza emotiva. 

Il terapeuta discute poi l’associazione tra la sensazione di controllo generale sulla propria  vita e il controllo del grasso e del peso.  Da ultimo, incoraggia il paziente ad aumentare la sua percezione di controllo visualizzando precedenti episodi di controllo e di successo. 

  • Passo 4:  Ristrutturazione del desiderio e della compulsione al controllo assoluto.

Il terapeuta incoraggia il paziente a mettere in discussione la sua rigida e dicotomica concezione di controllo. Secondo  le distorsioni cognitive del paziente, l’unica vera e accettabile forma di controllo è il controllo assoluto. Questo controllo estremo comprenderebbe non solo l’alimentazione e il peso ma anche se stesso e il mondo esterno. Il terapeuta elenca le aree al di fuori dell’alimentazione alle quali il paziente applica la sua compulsione al controllo e propone un progetto per diminuire i comportamenti di controllo in ciascuna area. Il terapeuta analizza e discute i sentimenti e le difficoltà incontrate dal paziente nello svolgimento del programma. Gli scopi finali sono una piccola riduzione del controllo esercitato e la capacità di giudicare sufficiente anche in un parziale livello di controllo. In sintesi, il terapeuta guida il paziente a pensare che è in grado di ottenere e tollerare un minore grado di controllo. Un altro passo terapeutico consiste nell’incoraggiare il paziente a pensare che è in grado di rinunciare al controllo assoluto  di almeno una cosa piccola. 

Un importante concetto riguarda il fatto che l’opposto del controllo assoluto non è la perdita di controllo tout court, bensì l’attiva rinuncia al controllo.  Il terapeuta guida il paziente a riconoscere che è possibile attuare e affrontare una parziale rinuncia al controllo, che ciascuno di noi ha avuto molte esperienze passate nelle quali non aveva un controllo totale, e così via.

Un altro importante intervento consiste nell’esplorazione e  valutazione dell’emozione legata al desiderio e alla rinuncia  di controllo assoluto.  È importante che il paziente capisca che cosa prova effettivamente in relazione alle sue idee di controllo assoluto.

La parte finale del trattamento riguarda l’attiva esposizione comportamentale a una situazione con controllo non assoluto. Durante la sessione, il terapeuta e il paziente decidono insieme un piano di attiva rinuncia al controllo.

In conclusione, le fasi del trattamento del desiderio di controllo assoluto sono:

  1. definizione di controllo assoluto;
  2. l’emozione sperimentata in situazioni di rinuncia di controllo;
  3. relazione tra controllo e autostima, successo e tolleranza;
  4. l’apprendimento di metodi che riducano attivamente il  controllo;
  5. l’apprendimento di metodi di cui si apprezzano i risultati anche se il controllo non è assoluto.
  • Passo 5:  Intervento comportamentale.

Il terapeuta guida il paziente a mettere in atto comportamenti  di non controllo, in riferimento non solo all’alimentazione e al cibo, ma anche ad altre aree della sua vita che presentano un  crescente coinvolgimento emotivo.

 

RUBRICA MAGREZZA NON E’ BELLEZZA – I DISTURBI ALIMENTARI

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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