Impotenza finanziaria: Neal Gabler, nell’articolo del The Atlantic Magazine in cui racconta la propria esperienza di fragilità economica, definisce l’insicurezza finanziaria come impotenza finanziaria perché assimilabile per molti versi all’impotenza sessuale, dato il disperato bisogno di tenerla nascosta, di fingere che vada tutto bene, e il sentimento di vergogna che l’accompagna.
Quante persone oggi appartenenti al ceto medio, se domani si trovassero a dover affrontare un imprevisto, potrebbero sborsare 500 euro senza problemi? Stando a quanto riportato da un articolo del The Atlantic Magazine, quasi la metà degli Americani avrebbe difficoltà a recuperare 400 dollari per pagare un’emergenza. Com’è possibile?
I fattori che incidono sulla possibilità di mettere da parte qualche risparmio sono molteplici. Sicuramente gioca un ruolo importante la crisi economica che stiamo attraversando, ma questo non è l’unico fattore.
Uno studio di Lusardi (2011) ha mostrato come il 65% degli Americani tra i 25 e i 65 anni sia un “illetterato finanziario”, cioè non sia in grado di processare le informazioni economiche per prendere decisioni informate riguardo a pianificazioni finanziarie, risparmi, debiti e pensioni. Noi italiani non siamo messi meglio, con il 63% di illetterati finanziari, quasi alla pari con il Brasile e peggio del Sud Africa. In un mondo in cui i prodotti finanziari diventano sempre più sofisticati offrendo maggiori opportunità di investimento, le persone non riescono a mantenersi aggiornate o addirittura non conoscono i principi base della finanza (anatocismo, diversificazione del rischio, effetti dell’inflazione…): l’“ignoranza finanziaria” dilaga e le conseguenze di pianificazioni o decisioni finanziarie errate, come non differenziare gli investimenti o investire in prodotti ad alto rischio per avere alti rendimenti, possono essere drammatiche (Banca Etruria docet).
Un altro fattore è rappresentato dalle scelte di vita “azzardate”, fatte senza prima ponderare accuratamente le conseguenze finanziarie – sia perché non conosciute sia perché (troppo) confidenti di poter riuscire ad affrontare eventuali avversità – come scegliere una professione con un basso tasso di occupazione o lasciare il proprio lavoro per dedicarsi all’accudimento dei figli, forti dello stipendio del partner.
Ci sono poi gli imprevisti della vita, come una malattia, un licenziamento in età avanzata e la difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro, o la perdita del coniuge, che possono influenzare negativamente le entrate finanziarie.
Questi sono solo alcuni dei fattori che possono determinare un’instabilità o precarietà finanziaria con conseguenze potenzialmente devastanti, non solo economiche, ma anche psicologiche.
Neal Gabler, nell’articolo del The Atlantic Magazine in cui racconta la propria esperienza di fragilità economica, definisce l’insicurezza finanziaria come “impotenza finanziaria” perché assimilabile per molti versi all’impotenza sessuale, dato il disperato bisogno di tenerla nascosta, di fingere che vada tutto bene, e il sentimento di vergogna che l’accompagna.
Ma come mai una persona che naviga in cattive acque dovrebbe provare vergogna per la propria situazione?
Uno dei fattori che influenzano la reazione emotiva delle persone di fronte alle difficoltà finanziarie è sicuramente l’attribuzione di colpa.
Se si tende ad attribuire la responsabilità a fattori esterni (“Piove! Governo ladro!”, già esclamavano i nostri avi mazziniani e, si sa, buon sangue non mente), l’emozione predominante sarà verosimilmente la rabbia, suscitata dalla percezione di essere stati danneggiati da chi ritenevamo responsabile per nostro conto.
Ma in un Paese come l’America, la cui mentalità riflette l’idea che tutti hanno le stesse opportunità e raggiungere o meno i propri obiettivi dipende dal singolo individuo, un Paese che distingue tra vincitori e perdenti, avere difficoltà finanziarie è vissuto come una colpa di cui si è personalmente responsabili e quindi fonte di vergogna e umiliazione, se non addirittura una forma di suicidio sociale. L’unica protezione, come afferma Gabler, è il silenzio.
Avere difficoltà finanziarie può essere, infatti, vissuto come uno stigma, aggravato dalla credenza che gli altri possano pensare che valiamo meno, e proprio per evitare lo stigma sociale si tende a nascondere i propri problemi economici e a isolarsi. La stigmatizzazione, gli sforzi per tenere nascosti agli occhi del mondo le proprie difficoltà e l’isolamento sociale, sembrano contribuire allo sviluppo di depressione, ansia e sofferenza emotiva (Keene et al., 2015). Riuscire a ridurre lo stigma aiuterebbe, pertanto, le persone ad aprirsi di più e a scoprire di non essere sole in questa condizione, oltre a ottenere un maggior supporto sociale; tutti fattori che potrebbero aiutare ad attenuare le conseguenze negative che un fattore di vita stressante come l’impotenza finanziaria ha sulla salute mentale.