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Assunzione di cocaina: psicopatologia e trattamento

L'assunzione di cocaina si associa ad un desiderio di esaltarsi e sentirsi importanti e il trattamento più efficace è quello cognitivo comportamentale. 

Di Giada Costantini

Pubblicato il 27 Mag. 2016

Aggiornato il 20 Lug. 2017 11:11

L’obiettivo della terapia è quello di rendere la persona consapevole delle emozioni e dei pensieri connessi con l’ assunzione di cocaina: capire, in altre parole, la funzione che la sostanza ha avuto nella propria vita, accettare i propri limiti e sviluppare strategie di coping più funzionali.

Giada Costantini, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI SAN BENEDETTO DEL TRONTO

I correlati neurobiologici dell’assunzione di cocaina

Come sappiamo l’ assunzione di cocaina ha degli specifici correlati neurobiologici che ne determinano gli effetti emotivi e comportamentali che osserviamo. Nello specifico, l’effetto farmacologico principale della cocaina, a livello del sistema nervoso centrale, è quello di bloccare il recupero di dopamina nel terminale presinaptico una volta che questa è stata rilasciata dal terminale del neurone nella fessura sinaptica (Koob, 1992; Abbott e Concar, 1992). Nello specifico, la cocaina agisce sulla funzionalità delle proteine di trasporto, impedendo il riassorbimento di dopamina all’interno del neurone. Il risultato è un aumento di dopamina nelle sinapsi fra le terminazioni dei neuroni che proiettano dall’area tegmentale ventrale ed i neuroni del nucleo accumbens e della corteccia prefrontale mediale (Weiss et al., 1992). La sostanza può bloccare anche il riassorbimento presinaptico di norepinefrina e serotonina (Woolverton e Johnson, 1992).

Sul piano psicologico, l’aumento della quantità di dopamina presente in queste aree ha importanti implicazioni cliniche. I nuovi modelli delle neuroscienze del comportamento ipotizzano che la dopamina non sia più il “neurotrasmettitore del piacere”, come ipotizzato inizialmente dal modello neurobiologico classico (in Wise, 1982), ma essa permette di valorizzare la “novità” come valore adattivo e di integrarla con gli altri schemi cognitivi e comportamentali già appresi su di sé e sul mondo (Redgrade e Gurney, 2006). In altre parole, la dopamina induce uno stato di attenzione focalizzata, di ricerca, di esplorazione di nuovi elementi e di necessità di fronteggiare al meglio quegli eventi ambientali in cui predominano incertezza, ambiguità e imprevedibilità.

I correlati fisiologici direttamente associabili alla dopamina sono, quindi, riconducibili a uno stato affettivo di base caratterizzato da euforia (energia positiva) e ricerca nell’ambiente (seeking – attivazione motoria) e non a stretto rigore con il piacere (Panksepp, 1998; 2005; 2012). Sarà poi la valutazione che ognuno farà di questa esperienza sensoriale che indurrà o meno una condotta tossicomanica: tanto più il soggetto attribuisce a tale esperienza affettiva un’utilità soggettiva (Bentham, 1789) tanto più alta sarà la probabilità di cronicizzare tale comportamento nel tempo. Sarà l’attivazione delle funzioni corticali superiori, ad opera della corteccia prefrontale, che permetterà di fare una valutazione cognitiva adeguata dell’esperienza che il soggetto ha sperimentato.

Effetti dell’assunzione di cocaina

In questi termini, l’uso di cocaina non determinerà necessariamente lo sviluppo di una dipendenza: affinché il legame con la cocaina diventi forte essa deve rappresentare la porta d’accesso alla vita desiderata (Bignamini e Rigliano, 2009). L’ assunzione di cocaina può quindi causare due effetti differenti: il soggetto deciderà quale sia la funzione che ha esercitato dentro la propria mente, l’utile che ne ha ricavato e il valore che ne può ricavare e, quindi, l’uso che ne potrà ancora fare (ibidem). In un primo caso il soggetto può percepire gli effetti euforizzanti della cocaina come non essenziali per il potenziamento di sé e per il raggiungimento dei propri obiettivi. In questo senso è probabile che la sostanza venga utilizzata saltuariamente, per sballarsi in situazioni che possono rimanere del tutto occasionali. In un secondo caso il valore personale attribuito a tale esperienza è alto: la persona sperimenta quel Sé desiderato che gli consente di affrontare la scarsa autostima, quell’incentivo motivazionale fondamentale per raggiungere brillantemente i propri obiettivi. L’utilizzo di cocaina diventa il modo per sentirsi persone di valore, adeguate, determinate nel raggiungimento dei propri scopi ritenuti importanti.

In altre parole, quanto più il soggetto riconosce valore alle “qualità” dello stato cocainico, ritenendosi valorizzato, tanto più esso diviene dominante nella mente del soggetto (ibidem). Quanto più il Sé è poco strutturato e sicuro della propria identità e del proprio valore (e quindi meno certo di raggiungere i propri scopi) e quanto più valorizza la potenza e l’esaltazione, tanto più alta sarà l’utilità soggettiva attribuita a tale esperienza e, con essa, anche la probabilità d’instaurare una condotta d’abuso.

In questo caso, il soggetto può così entrare in un circolo vizioso. Con l’ assunzione di cocaina sviluppa credenze su se stesso, cui sono connessi degli scopi di estrema importanza, che attengono al giudizio di sé: si percepisce come una persona capace, valida, degna di autostima, sicura, protagonista della propria vita e consapevole di essere consapevole. Il soggetto “sa” che così è possibile raggiungere gli scopi che danno senso alla propria vita, ma per farlo deve passare attraverso lo stato mentale cocainico (Bignamini e Rigliano, 2009).

Tuttavia, quando il soggetto non è più connesso al “carburante” si ha un progressivo ritorno allo stato di equilibrio neurobiologico precedente l’ assunzione di cocaina. È qui che avviene il dramma dell’esperienza cocainica: la persona avrà la certezza di mancare di quegli stati mentali prodotti solo dalla sostanza, che acquista così un fascino irrimediabile. Così, nel tentativo di oltrepassare i propri limiti, in realtà ha scoperto il proprio limite grazie alla cocaina: è il rapporto con essa a ribadirgli la propria identità svalorizzata (ibidem). Lo stato alternativo indotto dalla cocaina da desiderio diventa, quindi, un bisogno: s’inaugura così una patologia, in cui cadono i soggetti deboli perché intravedono in un Sé maniacale la soluzione alla bassa autostima e al dolore (ibidem).

Il trattamento dell’ assunzione di cocaina

L’obiettivo della terapia è quello di rendere la persona consapevole delle emozioni e dei pensieri connessi con l’ uso di cocaina: capire, in altre parole, la funzione che la sostanza ha avuto nella propria vita, accettare i propri limiti e sviluppare strategie di coping più funzionali.
Se gli approcci relativi al trattamento e alla gestione clinica del cocainismo sono molteplici, vi sono molte evidenze collegate a ricerche cliniche sulla particolare utilità della Terapia Cognitivo Comportamentale ( in Serpelloni, Macchia, e Gerra, 2006).
In generale, la terapia cognitivo comportamentale (TCC) rappresenta un approccio focale breve ed utile per aiutare i soggetti cocaino-dipendenti a diventare astinenti.

L’approccio cognitivo-comportamentale alle dipendenze riconosce il comportamento di abuso come un comportamento complesso appreso e mantenuto tramite i principi dell’apprendimento: il condizionamento classico, il condizionamento operante, l’apprendimento sociale o modellamento. Ciascun individuo ha un suo assetto cognitivo, schemi, convinzioni, assunti, che determinano il modo di percepire se stessi e la realtà circostante (Beck, 1976). Ognuno si muove in un ambiente che contestualizza il suo comportamento, ha un suo corredo genetico che lo determina e si muove nelle sue dimensioni cognitive-emotive-comportamentali all’interno di un contesto ambientale, sociale, familiare. Il trattamento TCC tiene conto di tutte queste aree a partire dalla relazione terapeutica con il paziente e lo aiuta a capire quali sono le variabili che determinano il suo comportamento d’abuso (analisi funzionale), per riconoscere i propri fattori di rischio e imparare a fronteggiare o evitare le situazioni che li determinano (strategie di coping, problem solving, rilassamento).

Lo strumento elettivo è l’ABC. Soprattutto all’inizio del trattamento, l’analisi funzionale svolge un ruolo fondamentale poiché permette di accertare le cause o le situazioni ad alto rischio che favoriscono l’ uso di cocaina e aiuta a comprendere alcune delle ragioni che spingono il paziente a far uso della sostanza. Più avanti, invece, l’analisi funzionale degli episodi di uso di cocaina consente di identificare quelle situazioni, emozioni e pensieri che il soggetto ha difficoltà a controllare e a gestire.

Tra i protocolli TCC per la dipendenza da cocaina l’approccio psicoterapico maggiormente validato sperimentalmente è quello della Carrol et al. (1994), il cui manuale è disponibile in Italiano (Carrol, 2001). Un altro approccio sperimentalmente validato per i disturbi da uso di sostanze in comorbilità con il disturbo Borderline di personalità è quello di Marsha Linehan (2001, 2002).

La mancanza di una farmacoterapia in grado di arginare il craving, l’ uso di cocaina e le ricadute frequenti rende spesso impossibile un corretto approccio di trattamento. È quindi importante, prima di pianificare qualsiasi tipo di intervento, fare una concettualizzazione accurata del caso e valutare tutti i fattori che possono influire negativamente sulla motivazione e trattabilità del paziente, quali: la gravità del quadro premorboso, le caratteristiche del contesto socio-famigliare, l’assenza/compenso di psicopatologia, l’abuso di altre sostanze, la presenza di comportamenti a rischio espressi, uno stile di vita antisociale con rispettivo vissuto egosintonico.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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