Nell’ambito della schizofrenia è interessante capire in che modo le variabili prettamente psicologiche come le credenze metacognitive, possano giocare un ruolo nell’evoluzione dei diversi percorsi che questa psicosi può assumere.
La metacognizione permette all’individuo che la possiede di mentalizzare, cioè vedere e capire se stesso e gli altri in termini di stati mentali (sentimenti, convinzioni, intenzioni e desideri), e pensare e compiere riflessioni sul proprio e altrui comportamento.
In tal senso che impatto avrebbero i processi e le credenze metacognitive sull’evoluzione della schizofrenia? Che relazione potrebbe delinearsi tra sintomi psicotici e fattori metacognitivi nelle diverse fasi di andamento del disturbo?
Variabili metacognitive come fattori di rischio per l’esordio psicotico
Secondo Wells (2007) le variabili metacognitive costituirebbero un fattore di rischio per l’esordio psicotico dal momento in cui nella mente dell’individuo si attivano una serie di processi e strategie cognitive che incrementano e accelerano i sintomi psicotici positivi della schizofrenia come ad esempio le allucinazioni.
In altre parole, il disturbo evolve piu’ rapidamente quando insorge la sindrome cognitivo-attenzionale e la persona sviluppa processi attenzionali e cognitivi disfunzionali riguardo i propri sintomi psicotici.
In generale, nell’ambito della psicopatologia il modello metacognitivo ipotizza che l’insorgenza e il mantenimento di un disturbo di ordine psicologico o psichiatrico sia correlata all’attivazione di uno stile di pensiero maladattivo che interferisce negativamente con la regolazione emotiva. A seguito di questi processi rimuginativi e ruminativi e di altre strategie cognitive-comportamentali disfunzionali vi sarebbero dunque prolungati stati emotivi negativi e di distress.
Le credenze metacognitive nei pazienti schizofrenici
In particolare riguardo la schizofrenia diversi studi hanno riscontrato nei pazienti schizofrenici una presenza maggiore di tutte le categorie delle credenze metacognitive disfunzionali rispetto ai soggetti di controllo non psichiatrici (Morrison and Baker2000; Morrison and Wells2003; Morrison et al. 2007). Tra questi alcuni studi hanno riscontrato un elevato livello delle credenze metacognitive positive riguardo il rimuginio, delle credenze negative riguardo l’incontrollabilita’ dei pensieri e delle credenze relative alla necessita’ di controllare i propri pensieri in soggetti predisposti a esperienze psicotiche (Morrison et al.2000, Garcia-Montes et al.2006).
Similmente, secondo lo studio di Morrison et al. (2007) anche le persone che sono a rischio di sviluppare una psicosi presentano in misura significativamente maggiore credenze metacognitive positive riguardo il rimuginio e credenze negative di incontrollabilita’ dei pensieri e scarsi livelli di fiducia nella propria mente e nelle sue funzioni. In secondo luogo, il livello di presenza – maggiore o minore – delle credenze metacognitive sarebbe in grado di discriminare soggetti sani, persone a rischio di esordio psicotico e pazienti con diagnosi di psicosi (questi ultimi con livelli maggiori rispetto ai soggetti a rischio di esordio psicotico) – quasi secondo un continuum.
Altri studi riportano risultati contrastanti non riscontrando un’associazione tra maggiori livelli di credenze metacognitive e sintomi psicotici (Brett et al.2009), suggerendo che la correlazione chiave sia tra credenze metacognitive e sintomi ansioso-depressivi spesso presenti in comorbidita’ con le psicosi.
La relazione tra credenze metacognitive e andamento della schizofrenia
Uno degli studi piu recenti in letteratura (Austin et al., 2015) ha voluto indagare la relazione tra crendenze metacognitive e l’andamento del disturbo in una coorte di circa 500 pazienti con diagnosi di schizofrenia. L’andamento della schizofrenia puo’ collocarsi entro tre categorie principali: la remissione dei sintomi psicotici, l’alternanza tra periodi in cui vi sono sintomi psicotici e periodi di remissione, e infine la presenza costante di sintomi psicotici. Dai risultati è emerso che la presenza di credenze cognitive maladattive varia in funzione delle categorie di andamento del disturbo psicotico: un livello piu’ elevato di credenze metacognitive e’ associato a un’evoluzione piu grave e cronica della malattia e alla presenza continua dei sintomi psicotici.
Inoltre le credenze relative alla necessita’ di controllare i propri pensieri predicono in maniera statisticamente rilevante la presenza continuativa di sintomi psicotici senza periodi di remissione. In generale, le credenze metacognitive prese nel loro insieme sarebbero in grado di spiegare una significativa porzione della varianza dell’andamento del disturbo, anche tenendo sotto controllo altri fattori causali co-occorrenti.
Ulteriori ricerche saranno necessarie per poter dimostrare una relazione causale tra credenze metacognitive ed evoluzione delle psicosi, poichè al momento è anche possibile che l’aumento e la persistenza dei sintomi psicotici porti a maggiori livelli di credenze metacognitive maladattive, e non viceversa.
Al di la’ della verifica del modello teorico metacognitivo nell’eziopatogenesi della schizofrenia – che avrebbe ricadute importanti in ambito clinico – alcuni studi preliminari indicano che i cambiamenti nelle credenze metacognitive maladattive sarebbero associati a una riduzione dell’ansia e del distress correlati ai sintomi allucinatori (Solem et al.2009; Hepworth et al.2011). Questa serie di studi permette di esplorare come componenti centrali della teoria metacognitiva possano avere ruolo oltre i disturbi d’ansia e la depressione ed estendersi anche a forme psicopatologiche più severe e invalidanti.