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Shakespeare in business: imparare ad essere un buon leader con le opere di Shakespeare

Nelle sue opere Shakespeare descrive i differenti ruoli di un leader. Ogni manager dovrebbe leggerlo e cogliere tutti i segreti della gestione aziendale. 

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 23 Feb. 2016

Nei lavori di William Shakespeare è possibile individuare i differenti ruoli che un leader può assumere e le diverse competenze necessarie per ricoprire con successo un ruolo manageriale.

 

Senza dubbio William Shakespeare (Stratford-upon-Avon, 23 aprile 1564 – Stratford-upon-Avon, 23 aprile 1616) è uno dei più grandi autori di teatro di sempre. La ragione sta nell’universalità delle sue storie e dei suoi personaggi. A quattrocento anni dalla sua morte, le sue opere ed i suoi personaggi sono più che mai attuali; non solo, si può tranquillamente affermare che il Bardo di Statford-upon-Avon sia un vero maestro di leadership e che nelle sue storie ci siano tutti i segreti della gestione aziendale.

Nei lavori di William Shakespeare, infatti, è possibile individuare i differenti ruoli che un leader può assumere e le diverse competenze necessarie per ricoprire con successo un ruolo manageriale. Altro, dunque, che ‘Shakespeare in love’, oggi il Bardo di Stratford-upon-Avon è sempre più ‘in business‘ e ci aiuta a vedere l’impresa come possibile palcoscenico dei grandi conflitti dell’animo umano, il luogo deputato ad una ritrovata coscienza tragica della vita e ci propone i suoi drammi come modelli comunicativi per leaders.

Ma chi è veramente un leader e quali caratteristiche deve possedere per essere definito tale?

Il termine leader deriva dal verbo inglese to lead e significa, letteralmente, colui che guida. La piccola enciclopedia Hoepli del 1895 sottolinea una derivazione ippica del termine: ‘Leader è il cavallo che si pone in testa nella gara e fa l’andatura‘. Il leader è dunque colui che sa guidare un gruppo di persone, colui che conduce una squadra al raggiungimento di determinati obiettivi.

Quando pensiamo al leader in azienda, spesso pensiamo al capo, ma non è detto che tutti i capi siano leaders, infatti non tutti possiedono quelle che si definiscono caratteristiche di leadership. Il vero leader è colui che possiede alcuni tratti caratteriali ed alcune competenze trasversali che sono da ritenersi indispensabili per ricoprire con successo un ruolo manageriale.

Sino alla fine del XVI secolo si riteneva che i grandi leaders fossero tali per nascita e che i migliori nell’esercitare la leadership fossero coloro che incarnavano con forza l’autorità.

Shakespeare si espresse con fermezza contro questa visione della leadership: alcuni dei suoi personaggi, infatti, falliscono proprio perché basano la loro autorità sul diritto di nascita, perché convinti che potere ed autorità siano legati indissolubilmente alla persona. Riccardo II era convinto che possedere il titolo di re fosse sufficiente, affinché tutti gli obbedissero, mentre Antonio era convinto che il suo potere non derivasse da Roma, ma che risiedesse in lui e che potesse dunque essere usato a suo piacimento. Questi due personaggi, così come accade ad alcuni che al giorno d’oggi occupano ruoli manageriali, credevano che il fatto di possedere un titolo garantisse loro sufficiente autorità per governare. Sia Riccardo II, sia Antonio erano convinti che la leadership potesse essere individualizzata e separata dall’organizzazione. Entrambi saranno destinati all’umiliazione e alla morte.

Ci sono poi Riccardo III, MacBeth e Coriolano che credevano che l’autorità non fosse un diritto divino, ma che dipendesse dalla capacità di manipolare e conquistare il potere; tutti e tre usarono l’arma del terrore per conquistare e mantenere il potere: Riccardo III conquistò il trono con un omicidio, creando in questo modo un clima di sfiducia; Macbeth, spinto dall’ambizione, uccise il Re al quale era stato precedentemente fedele; Coriolano governò punendo e, alla fine, rimase solo.

Tra tutti i personaggi shakespeariani, l’unico vero leader di successo è Enrico V, che si rese conto che per diventare un buon re doveva imparare il modo per esserlo e per riuscirci si rivolse ai suoi futuri sudditi.

Se dunque proviamo a leggere Shakespeare in chiave manageriale, ci accorgiamo che Enrico V è un vero leader, perché capisce che non può fare nulla senza le persone che comanda, è un maestro nel management delle persone, è un esempio perfetto di ciò che si intende per leadership di successo: un gruppo disparato di persone (i nobili), intorno ad un re, per una causa comune (la conquista del territorio francese). Se consideriamo il re come il leader, i nobili come il team di persone che lavora insieme, la nazione come l’azienda e la Francia come un importante progetto, capiamo perché ogni manager dovrebbe leggere Shakespeare, che può essere considerato un vero maestro di leadership contemporanea.

La presentazione dei vari personaggi shakespeariani e dei relativi stili di leadership ci conduce ad una domanda: leader si nasce o si diventa?

Molti studiosi delle teorie della personalità sono fautori della prima ipotesi e sostengono che determinate qualità e tratti caratteriali si hanno sin dalla nascita; secondo questi studiosi, cioè, si nasce con doti di intelligenza, con abilità nel motivare gli altri, con la capacità di prendere decisioni, con la capacità di comunicare efficacemente, ecc….

Ralph Stogdill (1948) concluse che cinque tratti tendono a differenziare i leaders dalla media dei followers, ovvero l’intelligenza, il predominio, la fiducia in se stessi, il livello di energia e la conoscenza delle attività.

Secondo la teoria dello stile comportamentale, invece, leader si diventa, non si nasce: questo è l’opposto del tradizionale assunto dei teorici dei tratti. Di conseguenza, il comportamento del leader può essere sistematicamente perfezionato e sviluppato.

Qualunque teoria vogliate far vostra, cari managers, leggete ed imparate da Shakespeare: non credetevi mai infallibili e, soprattutto, vi serva da monito il destino toccato in sorte a Riccardo II, a Re Lear e ad Antonio.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bevington D. (2013). The complete Works of Shakespeare, 7th ed. Longman.
  • Garollo G. (1895). Piccola encyclopedia Hoepli. Ulrico Hoepli Milano.
  • Bennis W., Nanus B. (1987). Anatomia della leadership. Le Quattro chiavi della leadership effettiva. Franco angeli Editore. Milano.
  • Fiedler F. (1987). Leadership experience and leadership performance. Wiley. New York.
  • Kreitner R., Kinicki A. (2004). Organizational behavoiur, 6th ed. The McGraw-Hill Companies, Inc.
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