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Il lato oscuro dell’amore: lo stalking – Intervista a Leonardo Abazia

Leonardo Abazia si è occupato del tema dello stalking e racconta in un'intervista la relazione patologica tra vittima e persecutore 

Di Roberta De Martino

Pubblicato il 28 Gen. 2016

Il lato oscuro dell’amore. Lo stalking: comprendere e riconoscere il fenomeno attraverso il racconto di storie vere”. Con questo testo Leonardo Abazia, psicologo psicoterapeuta e direttore dell’Istituto Campano di Psicologia Giuridica di Napoli, approfondisce, per la casa editrice Franco Angeli, la tematica complessa e difficile dello stalking, andando al di là della conoscenza mediatica del fenomeno, dando voce alle storie delle vittime e degli operatori, che si sono interfacciati con questo grave problema.

Il testo, prima lascia spazio al racconto di una storia d’amore, finita tragicamente in ossessione e omicidio, poi a un approfondimento scientifico e storico sulla tematica, e infine raccoglie le storie di chi questa esperienza l’ha vissuta in prima persona, portando per mano il lettore nel lato oscuro dell’amore.

Abbiamo incontrato l’autore del testo per meglio farci spiegare i contenuti di questo nuovo testo.

Da dove nasce l’idea di questo testo?

Potrei dire da molto lontano. Nel 2009, subito dopo un convegno organizzato dal mio Istituto e dall’ordine degli psicologi della Campania, all’indomani dell’approvazione del decreto Maroni sullo stalking. È un libro che ha visto diverse gestazioni e rielaborazioni in quanto nasceva come testo scientifico e solo successivamente, all’inizio di quest’anno, ho voluto trasformarlo in un libro di divulgazione che potesse essere fruibile anche dai non addetti ai lavori per sensibilizzare l’opinione della gente comune al tema della sopraffazione e della violenza psicologica.

Perché, a suo avviso, il fenomeno dello stalking è tanto diffuso?

Il fenomeno della sopraffazione del più forte sul più debole è un fenomeno che si perde nella notte dei tempi, ne sono fedele testimonianza sia i miti del passato che la storia, remota e attuale. Ciò che rende lo stalking un fenomeno percepito come in diffusione esponenziale è la sensibilità al diritto del più debole, che storicamente è stato identificato con le donne e i bambini, ad essere riconosciuto come tale e tutelato. Ma anche altri fattori contribuiscono alla percezione e al sostanziamento del fenomeno. L’accessibilità all’altro attraverso i media senza limiti spaziali e temporali contribuisce a creare una falsa intimità con l’altro e contestualmente alla possibilità di un maggiore controllo della potenziale vittima. Inoltre, non è da sottovalutare l’incapacità dell’uomo dei nostri tempi di tollerare la frustrazione dell’abbandono ma, soprattutto, la possibilità che sia l’altro, il debole, ad interrompere la relazione.

Che tipo di relazione si instaura tra vittima e persecutore?

La relazione è da immaginarsi come un puzzle in cui si incastrano aspetti personali di entrambi gli attori nella dinamica di coppia. Quest’ultima si configura come un campo di incontro-scontro dei desideri, dei bisogni e delle esigenze dei due esseri umani; il luogo in cui si incontrano anche le aspettative, gli ideali e i progetti di cui ognuno è portatore. Al contempo, lo stesso luogo può diventare l’incontro e l’incastro di patologie. Nel caso specifico dello stalking dove c’è stata una relazione precedente tra la vittima e il persecutore, possiamo indubbiamente parlare di un incastro di alcune caratteristiche personologiche della vittima con caratteristiche di personalità, a volte francamente patologiche, del persecutore. All’atto della separazione, spesso non voluta dallo stalker, tali caratteristiche di attaccamento insicuro e/o ambivalente si slatentizzano dando la stura ad una serie di comportamenti persecutori violenti sia psicologici che fisici.

Come ci si può difendere da uno stalker?

Innanzitutto c’è da evidenziare che la vittima si rende conto di essere tale in uno stato di persecuzione già avanzato, soprattutto nei casi di relazione sentimentale precedente con lo stalker, infatti inizialmente i comportamenti di quest’ultimo vengono scambiati per atti residuali d’amore e non vengono adeguatamente contrastati. È importante, quindi, riconoscere e interpretare correttamente quanto sta accadendo e non offrire possibilità di contatti e confronti che vengono inevitabilmente scambiate come segnali di interesse da parte dello stalker. Le strategie utilizzabili dalla vittima sono quanto più funzionali se basate sulle caratteristiche e sulle motivazioni dello stalker.

Come si potrebbe arginare questo fenomeno così diffuso socialmente? Che fine ha fatto l’amore?

Indubbiamente la legge sullo stalking ha costituito un argine a comportamenti vessatori, di molestie e di violenza psicologica che prima difficilmente potevano essere inquadrati e perseguiti come reati. Da un punto di vista sociale è importante la sensibilizzazione sull’argomento ed il sostegno alle vittime, senza che venga sottovalutato il fenomeno quando individuato.
Per quanto attiene poi il fenomeno particolare del cyberstalking, attualmente in grande aumento, possiamo sicuramente dire che è importante non confondere un senso di intimità reale con quello artificiale mediato dai social e porre attenzione ai rischi relativi ad una privacy sempre più violata e ad una condivisione massiccia di informazioni personali, alla mercè di chiunque.
Lei mi chiedeva che fine ha fatto l’amore. L’amore è l’ultimo sentimento che si può ritrovare in una relazione che viene attivata da un molestatore assillante. L’arroganza di vincere a tutti i costi, il voler ottenere ciò che si vuole anche contro la volontà dell’altro nulla ha a che vedere con il sentimento nobile dell’amore.

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Roberta De Martino
Roberta De Martino

Psicologa - Spec. in Psicoterapia Sistemico-Relazionale

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