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Natura e cultura nel comportamento umano: la genetica del comportamento in pillole

La genetica ha la facoltà di mettere in relazione la biologia al comportamento: potrebbe essa fornire alla psicologia un posto tra le scienze biologiche? %%page%%

Di Valeria Fiocco, Guest

Pubblicato il 07 Gen. 2016

Aggiornato il 24 Set. 2019 15:52

La genetica è una delle più grandi conquiste del ventesimo secolo, ha la facoltà di mettere in relazione le scienze biologiche con quelle comportamentali e fornisce alla psicologia, la scienza del comportamento, un posto tra le scienze biologiche.

Valeria Fiocco, Rosanna Narisi, Valentina Pedrazzetti – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi

La genetica è una delle più grandi conquiste del ventesimo secolo, a cominciare dalla scoperta delle leggi dell’ereditarietà di Mendel, fino all’ottenimento della prima sequenza di DNA dell’intero genoma umano. Questa disciplina ha la facoltà di mettere in relazione le scienze biologiche con quelle comportamentali e fornisce alla psicologia, la scienza del comportamento, un posto tra le scienze biologiche (Plomin, 2001). La genetica include diverse strategie di ricerca, una delle quali è la genetica quantitativa, dedicata all’analisi dell’influenza dei geni e dell’ambiente e basata principalmente sugli studi sui gemelli.

Origini e sviluppi

Da tempo i gemelli attirano l’attenzione della scienza e da circa ottant’anni sono oggetto di ricerche sistematiche. Gli studi sulle coppie gemellari sono oggi universalmente considerati il metodo più potente per stabilire l’importanza dell’impatto dei geni e dell’ambiente nel determinare malattie e tratti di comportamento.

Tuttavia, non hanno sempre goduto dell’approvazione di cui oggi dispongono: nel tempo, infatti, si sono avvicendati periodi di rapido progresso e momenti di disinteresse e rifiuto per la nascente disciplina (Parisi, 2004).

Le radici di questo campo di ricerca si collocano nelle teorizzazioni di Gregor Mendel. Sulla base di molti esperimenti, Mendel concluse che in ogni individuo ci sono due elementi di ereditarietà per ciascun carattere che possono agire in maniera dominante o recessiva. Essi segregano (quindi si dividono) durante la riproduzione e la prole riceve perciò solo uno dei due elementi da ciascun genitore.

Il vero e proprio studio scientifico dei gemelli si fa unanimemente risalire a Sir Francis Galton, cugino di Charles Darwin, che nel 1875 propose di osservare i gemelli per capire in che misura i fattori ereditari e quelli ambientali potessero influire sullo sviluppo della persona.

Il suo approccio scientifico, detto anche metodo classico dei gemelli, si basava sul presupposto che i gemelli monozigoti avessero identico patrimonio genetico e che i dizigoti avessero la stessa relazione genetica che si riscontra nei fratelli comuni.

Secondo Galton quindi l’osservazione delle differenze tra coppie di gemelli identici e fraterni avrebbe permesso di stimare il peso dell’ereditarietà e dell’ambiente. Premesso infatti un identico ambiente educativo per le rispettive coppie, se i monozigoti avessero presentato caratteristiche simili e i dizigoti caratteristiche contrastanti, sarebbe stato facile dimostrare che, nello sviluppo della personalità, ciò che conta veramente è il fattore ereditario. Galton viene ricordato anche come il fondatore dell’eugenetica, cioè lo studio dei mezzi atti a proteggere, accrescere e perfezionare gli esemplari più robusti e “meglio dotati” delle razze umane

Le tesi scientifiche non sono mai slegate dal contesto ideologico, filosofico e storico nel quale vengono prodotte: le idee di Galton servirono ai conservatori per giustificare le disparità sociali della società inglese del XIX secolo, che, nella loro concezione, erano dovute all’ereditarietà dell’intelligenza e non a disparità culturali ed economiche.

L’analisi sistematica delle somiglianze fra gemelli monozigoti e dizigoti fu introdotta da Siemens (1924) che formulò la regola secondo la quale i gemelli identici presentano una concordanza maggiore rispetto ai gemelli fraterni se il tratto preso in esame è ereditabile.,

Più tardi, durante il nazismo, le tesi dell’eugenetica trovarono nuova linfa grazie al conte Otmar von Verscheuer e al suo allievo Josef Mengele, che furono attratti dall’idea di creare una razza superiore con l’ausilio della manipolazione genetica. In particolare, Mengele, cercò di dimostrare le proprie tesi razziste attraverso orribili esperimenti condotti sui gemelli nel lager di Auschwitz.

Per questo motivo il dopoguerra concise con un periodo in cui le teorie eugenetiche e gli studi sui gemelli vennero completamente screditati.

Al declino degli studi sull’ereditarietà contribuirono anche alcune teorie psicologiche, in particolare quelle del comportamentismo, secondo le quali lo sviluppo dell’individuo è fortemente influenzato dall’ambiente in cui vive e dall’educazione che gli è impartita. Tali teorie, enunciate in alcune lezioni tenute da John B. Watson alla Columbia University nel 1912, costituirono la premessa per le grandi riforme sociali avvenute negli anni Sessanta e per la successiva affermazione del mito dell’istruzione di massa.

Oggi, il pendolo ideologico è cambiato ancora: gli incredibili progressi della genetica hanno permesso di declinare gli astratti concetti dell’ereditarietà in reali frammenti di DNA.

Gli attuali studi sui gemelli dimostrano che la maggior parte delle caratteristiche umane sono almeno parzialmente influenzate dai geni. Tuttavia, la vecchia dicotomia tra ereditarietà e ambiente non è più molto utile. Molte attività e funzioni dei geni sono aperte a influenze di tipo ambientale: i geni stessi possono essere attivati o spenti da segnali che provengono dall’esterno.

E’ anche possibile che i geni possano influenzare l’ambiente: alcune persone hanno una preferenza innata per lo sport, altre hanno il dono della scrittura. Le persone potrebbero perciò essere “destinate” dai loro geni a frequentare un certo tipo di amicizie e di ambienti culturali? Se ciò fosse vero, i geni di un individuo potrebbero certamente plasmare l’ambiente in cui agiscono almeno quanto l’ambiente plasma le attività dei geni.

Oggi gli studi sui gemelli, fondamentali per rispondere a tali quesiti, sono tornati in auge e molti gemelli in tutto il mondo partecipano alle nuove ricerche.

Lo studio della genetica del comportamento umano

Le influenze genetiche

Quelli che Mendel definiva genericamente elementi sono oggi noti come geni. Essi costituiscono l’unità base dell’ereditarietà e si presentano in più forme alternative dette alleli. La combinazione di tutti gli alleli di un individuo costituisce il suo genotipo, mentre l’insieme dei caratteri osservabili si definisce fenotipo.

Un carattere si dice monofattoriale quando è influenzato da un singolo gene che agisce in maniera dominante o recessiva (eredità mendeliana). Un allele si definisce dominante se produce un particolare fenotipo quando è presente allo stato eterozigote (presenza di differenti alleli per un determinato locus sui due membri di una coppia di cromosomi) e recessivo se produce un particolare fenotipo solo quando è presente allo stato omozigote (presenza dello stesso allele in un dato locus su entrambi i membri di una coppia di cromosomi).

Se un carattere è controllato da più geni lo si definisce, invece, poligenico. In generale, ciascuno dei geni che lo condizionano è ereditato in accordo con le leggi di Mendel. Tuttavia, non tutti gli alleli si comportano in modo completamente dominante o recessivo: molti alleli sono addittivi, nel senso che ciascuno di essi contribuisce in parte al fenotipo.

La maggior parte delle caratteristiche fenotipiche e comportamentali mostrano un’eziologia poligenica: esse sono determinate dall’azione congiunta di diversi geni, ciascuno portatore di un piccolo contributo. Il meccanismo della loro eredità è quindi più complesso e non è facile individuare quali e quanti geni cooperano nella specificazione di una data caratteristica (Boncinelli, 1998).

Le influenze ambientali

Nessun carattere è determinato esclusivamente dal patrimonio genetico, nemmeno quelli la cui trasmissione è legata ad un singolo allele dominante. Nel campo della genetica quantitativa, la parola ambiente include tutte le influenze che non siano dovute a fattori genetici. Questa accezione è più ampia di quella comunemente usata in psicologia, infatti oltre a quello che è comunemente inteso, come l’influenza dei genitori, l’ambiente comprende gli eventi prenatali, gli eventi biologici non genetici che si verificano dopo la nascita (malattie, alimentazione) e le modificazioni del DNA non ereditate.

Per i tratti complessi l’influenza ambientale è generalmente importante quanto quella genetica.
In generale, il modello eziologico più̀ accreditato per tratti di natura complessa come quelli psicologici e comportamentali è quello in cui geni diversi, ciascuno con un piccolo effetto, interagiscono tra loro e con fattori ambientali nel determinare una condizione di maggior rischio di sviluppare un certo comportamento. Tale modello è detto multifattoriale.

Genetica quantitativa

La genetica del comportamento ha applicazioni nell’ambito sia della psicologia che della psicopatologia; essa si occupa dello studio delle differenze tra individui (siano esse in tratti comportamentali – come l’intelligenza o la personalità – o in condizioni di patologia) cioè di identificare i fattori (genetici e ambientali) che rendono le persone diverse le une dalle altre.

Visto che la genetica del comportamento si occupa di differenze tra individui, la sua statistica di riferimento è la varianza, che dà informazioni in merito alla dispersione attorno ad un valore medio.

Una volta misurata la varianza per un particolare tratto di interesse, l’analisi genetica quantitativa ha lo scopo di scinderla, cioè dividere la varianza totale in parti attribuibili a componenti genetiche e componenti ambientali.

Fondi di varianza: contributo genetico

La prima fonte di variazione tra individui è data dagli effetti di tipo genetico. Il contributo genetico totale ad un fenotipo è dato dalla somma di effetti genetici additivi e non additivi. La genetica quantitativa considera primariamente gli effetti genetici di tipo additivo (A). L’ereditabilità di un carattere (considerata in senso stretto) si riferisce alla porzione della varianza fenotipica spiegata dagli effetti genetici additivi.

Se un genitore possiede un determinato allele, ciascun figlio ha una probabilità del 50% di riceverlo. Se ciò avviene, avrà sul fenotipo del figlio un effetto identico a quello che ha avuto sul fenotipo del genitore. Ciò significa che l’allele ereditato causa un aumento della somiglianza nel fenotipo fra genitore e figlio, indipendentemente dagli altri alleli in quel locus o in altri loci. L’ereditabiltà in senso stretto fornisce un’indicazione di quanto un carattere sia trasmissibile, ovvero il grado di similarità che ci si aspetta di osservare fra genitori e figli.

L’ereditabilità in senso ampio include invece anche effetti genetici non additivi: la dominanza e l’epistasi. In entrambi i casi gli effetti degli alleli non si sommano in maniera indipendente, ma interagiscono fra loro intraloco (dominanza) interloco (epistasi). In presenza di dominanza, l’effetto a livello fenotipico di un allele è condizionato dall’interazione con l’allele presente nello stesso locus. Poiché i figli ricevono solo un allele da ciascun genitore e non una combinazione di due alleli, hanno solo il 25%, e non più il 50%, di probabilità di ricevere la medesima coppia dominante e manifestare fenotipicamente il carattere. L’epistasi è invece un’interazione non additiva tra geni in loci differenti.

Fonti di variazione: contributo ambientale

L’altra fonte di variazione tra individui è data da fattori di tipo ambientale. Come già detto, la parola ambiente assume un significato molto ampio, tale da essa includere tutti i tipi di influenza eccetto l’ereditarietà. Sono considerate influenze ambientali anche eventi antecedenti alla nascita, eventi biologici come la nutrizione, le malattie e le modificazioni del DNA non ereditate.

Paradossalmente è proprio la ricerca genetica che ha fornito le maggiori prove riguardo l’importanza dell’ambiente nell’influenzare il comportamento umano: i fattori genetici sono così importanti che talvolta contribuiscono a spiegare fino al 50% della varianza, ma tutto quello che rimane è di appannaggio o dell’ambiente, che raramente scende sotto il 50%.

Possiamo distinguere due tipologie di fattori ambientali: quelli comuni (C ) e quelli unici (E). I fattori ambientali comuni includono quei fattori che sono condivisi all’interno della famiglia, come la classe sociale, il divorzio dei genitori, la morte di un familiare, le componenti omogenee del trattamento parentale (Battaglia, 2002), e contribuiscono (insieme ai geni) alle somiglianze tra soggetti imparentati. L’ambiente familiare condiviso sembra giocare, in molti casi, un ruolo trascurabile nello sviluppo della personalità e per alcuni aspetti psicopatologici (Plomin et al., 2001).

I fattori ambientali unici, al contrario, fanno riferimento alle esperienze non condivise all’interno dei soggetti della stessa famiglia e sono responsabili (oltre ai geni) delle differenze tra individui imparentati. Esempi di eventi ambientali unici sono le amicizie, il contesto lavorativo, le componenti non omogenee del trattamento parentale e gli eventi di vita che colpiscono, individualmente, ciascun familiare.

Studi sulle adozioni e studi sui gemelli

Benché molti comportamenti siano ricorrenti nelle famiglie, questa osservazione non è sufficiente sostenere che i fattori genetici abbiano un ruolo significativo. Tra familiari, infatti, le somiglianze possono essere dovuti sia alla condivisione di geni sia a quella dell’ambiente. Gli studi sugli adottivi e gli studi sui gemelli si pongono dunque come strumenti essenziali per riuscire a scindere l’influenza dei geni da quella dell’ambiente su un particolare fenotipo.

Gli studi sulle adozioni creano coppie di soggetti geneticamente imparentati che non condividono lo stesso ambiente familiare (genitori biologici e figli dati in adozione) e altre che condividono l’ambiente familiare ma che non sono geneticamente imparentati (genitori adottivi e figli adottati). Se un figlio risulterà più simile per un determinato carattere al genitore biologico rispetto che al genitore adottivo, allora per quel carattere si suppone siano importanti i geni; al contrario, se il figlio risulterà più simile per quel carattere al genitore adottivo, si supporrà che per quel carattere sarà più importante l’ambiente.

L’altro principale metodo utilizzato per separare le fonti di somiglianza tra parenti di origine genetica da quelle ambientali coinvolge lo studio dei gemelli.

I gemelli identici o monozigoti (MZ) sono geneticamente identici, condividono cioè il 100% dei geni. Questi gemelli sono solitamente confrontati con i gemelli fraterni o dizigoti (DZ) che condividono il 50% del patrimonio genetico come i fratelli normali. Se i fattori genetici sono importanti per un determinato carattere, i gemelli monozigoti saranno più simili dei gemelli fraterni. La contrario, se I gemelli monozigoti sono sono più simili per quel carattere dei gemelli dizigoti, sarà l’influenza dell’ambiente ad essere più significativa.

In Italia circa una gravidanza su novantaquattro è gemellare e solo un terzo è di tipo monozigote (dati ISTAT 1991-1996).

Un metodo per stabilire se i gemelli sono monozigoti o dizigoti è quello dei marcatori del DNA: se una coppia di gemelli differisce anche solo per uno dei marcatori del DNA, questi gemelli devono essere considerati fratelli in quanto i monozigoti sono identici geneticamente. Può anche essere usata la somiglianza fisica, infatti tratti come il colore e il tipo di capelli sono altamente ereditabili e sono influenzati da molti geni. Questo metodo ha un’accuratezza di circa il 90%. È possibile attribuire la maggiore di somiglianza tra i monozigoti rispetto ai dizigoti a fattori genetici solo se si assume che i gemelli identici condividano le esperienze ambientali comuni nella stessa misura dei gemelli fraterni ).

Secondo l’EEA (Equal Environment Assumption, EEA, un assunzione fondamentale all’interno del metodo gemellare, i gemelli, indipendentemente dalla zigosità, sono ugualmente correlati per il loro grado di esposizione agli eventi ambientali di rilievo per il tratto osservato (Kendler, 1993). Se questa ipotesi fosse violata, ossia se i gemelli identici condividessero un ambiente molto più simile dei gemelli fraterni, l’influenza genetica verrebbe sovrastimata.

Un’altra assunzione che sta alla base degli studi di genetica del comportamento riguarda l’accoppiamento casuale. Se si verifica un accoppiamento assortativo (non casuale), i loci per un determinato carattere saranno correlati fra i coniugi. Questa correlazione determinerà la nascita di gemelli dizigoti che condividono più di metà della propria variabilità genetica con una inevitabile alterazione delle stime (Purcell, 2001): in particolare l’ereditabilità verrà sottostimata.

Un altro aspetto fondamentale dello studio sui gemelli è essere sicuri che rappresentino la popolazione generale: i gemelli, in realtà, presentano alcune peculiarità specifiche ma, sebbene nascano spesso prematuri, condividano lo stesso utero durante la gravidanza (Philips, 1993) e siano più piccoli dei neonati singoli, non sembrano essere diversi dagli altri soggetti per quanto riguarda la personalità e la psicopatologia (Christensen et al., 1995).

Tecniche di model fitting

Mentre in passato gli studi gemellari erano fondati sulla semplice osservazione della discordanza/concordanza fra gemelli, oggi esistono strumenti computazionali e specifici software progettati ad hoc.

Esse permettono di quantificare in modo preciso e automatizzato le stime delle componenti di varianza e di confrontare una quantità enorme di modelli differenti nei quali i vari determinanti (A, C, E) hanno pesi diversi, per arrivare a quello in grado di spiegare in modo più accurato l’eziologia di un determinato carattere.

Modelli Gemellari: analisi univariate e multivariate

Nell’ambito della ricerca gemellari, possono essere performati diversi modelli che permettono di rispondere a quesiti differenti.

Il modello gemellare univariato permette di quantificare il contributo di geni e ambiente alla varianza di un particolare carattere, rispondendo alla domanda: Quanto le differenze tra individui per un determinato fenotipo in esame sono dovuti ai geni (ereditabilità), quanto ad esperienze di ambiente condiviso e quanto ad esperienze di ambiente unico?

I modelli gemellari permettono anche di studiare più caratteri contemporaneamente. Una volta rilevato che più caratteri covariano in un determinato individuo (ossia si presentano insieme in una percentuale superiore a quella prevista in base al caso), ed escluso che tra di loro esista un rapporto di causalità, è probabile che vi sia una condivisione di fattori eziologici latenti. Gli studi sui gemelli, definiti in questo caso bivariati (due fenotipi) o multivariati (più di due fenotipi) permettono di chiarire e quantificare le cause di questa co-occorrenza (Neale et al., 2003). La domanda a cui permettono di rispondere è dunque la seguente: Per quale motivo diversi caratteri co-occorrono nello stesso individuo? Perchè sono influenzati dagli stessi geni (pleiotropismo)? Oppure perchè vi sono eventi di ambiente condiviso o non condiviso che predispongono allo sviluppo di entrambi?

Dalla teoria alla pratica

Dopo questa introduzione ci focalizzeremo sull’ articolo ‘The structure of genetic and environmental risk factors for dimensional representations of DSM-5 Obsessive-Compulsive Spectrum Disorders’ (Monzani et al., 2014), pubblicato sulla rivista JAMA, che prende in considerazione il disturbo ossessivo e I disturbi ad esso correlati secondo il DSM 5, ossia il disturbo da dismorfismo corporeo, il disturbo da accumulo, la tricoltillomania e il disturbo da escoriazione.

L’obiettivo dell’articolo è quello di analizzare sia la natura eziologica dei singoli fenotipi sia l’eventuale condivisione di fattori eziologici in un campione gemellare di 5409 di sesso femminile (3042 monozigoti, 2367 dizigoti).Le analisi univariate di questo studio hanno concluso che le differenze tra individui sono riconducibili a fattori genetici per tutti i fenotipi indagati (in particolare: 30,6% per la tricoltillomania, 51,1% per il disturbo di accumulo, 48% per disturbo ossessivo compulsivo, 43% per il disturbo da dismorfismo corporeo e 47% per il disturbo da escoriazione);la restante parte di varianza è risultata spiegata da fattori ambientali unici, mentre il ruolo dei fattori ambientali condivisi sembra essere trascurabile.

Le analisi multivariate hanno invece mostrato che la co-occorrenza tra disturbo ossessivo compulsivo e disturbi correlati è spiegata da due fattori latenti comuni.

Il primo fattore latente ha un impatto notevole su tutti i disturbi analizzati. Questo fattore, in gran parte influenzato dai geni, potrebbe essere concettualizzato come una vulnerabilità genetica non specifica che agisce come fattore di rischio per tutti i disturbi considerati. Tale fattore latente avrebbe un impatto minore sul disturbo da escoriazione e sulla tricotillomania e forse questa differenza potrebbe essere dovuta al minor coinvolgimento di componenti cognitive in questi due disturbi rispetto agli altri.

Il secondo fattore latente è risultato fortemente influenzato geneticamente esclusivamente per tricotillomania e disturbo da escoriazione, suggerendo una serie di influenze genetiche esclusive per queste due patologie. Questi disturbi potrebbero dunque rappresentare espressioni fenotipiche alternative della stessa condizione, dove le differenze fenotipiche potrebbero essere attribuite a fattori di rischio ambientali unici.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Boncinelli, E. (1998). I nostri geni. Einaudi, Torino.
  • Christenden, K., Vaupel, J.W., Holm, N.V., Yashlin, A.I. (1995). Mortality among twins after age 6: foetal origins hypotesis versus twin method. British Medical Journal, 310, 432-436.
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  • Kendler, K.S. (2005) Psychiatric genetics: a methodologic critique. Am J Psychiatry 162, 3-11.
  • Parisi, P. (2004). Twin research, and its multiple births and expression: a short, personal voyage through its scope, history, and organization. Twin Research, 7, 309-317.
  • Philips, D.I.W. (1993). Twin studies in medical research: can they tell us whether diseases are genetically determined? In Lancet, 341, 1008-1009.
  • Plomin, R., DeFries, J.C., McClearn, G.E., McGuffin, P. (a cura di), Genetica del comportamento. Tr. It. Raffaello Cortina, Milano 2001.
  • Purcell (2011), Appendice. In Plomin, R., DeFries, J.C., McClearn, G.E., McGuffin, P. (a cura di), Genetica del comportamento. Tr. It. Raffaello Cortina, Milano 2001.
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