Come funzionano i farmaci chemioterapici a base di metalli (fra i più diffusi nella cura di tumori molto comuni, come quelli ai testicoli e alle ovaie)? Come migliorarne l’azione e renderli meno tossici?
Un nuovo studio che ha unito sperimentazione e teoria ha ampliato la conoscenza dei meccanismi molecolari di questi principi attivi, per aiutare gli sperimentali a progettare farmaci sempre più efficaci e con meno effetti collaterali. Allo studio pubblicato sulla rivista ChemMedChem ha partecipato anche la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste.
La ricerca sui farmaci può essere faticosa e frustrante. Spesso succede di sintetizzare una molecola senza sapere precisamente che tipo di effetto terapeutico avrà (se mai ne avrà uno).
Difficilmente si progetta un nuovo principio attivo sapendo già quale meccanismo metterà in atto nell’organismo – spiega Alessandra Magistrato, ricercatrice CNR-IOM/SISSA – Questo è vero anche per i più comuni farmaci chemioterapici, come il cisplatino, o quelli di nuova generazione basati sul rutenio. Gli studi basati sulla modellistica e le simulazioni, come quelli che conduciamo qui possono però dare un grande aiuto in questo senso, aumentando la comprensione dei meccanismi molecolari messi in atto dal farmaco nelle cellule dell’organismo – spiega ancora la scienziata.
Magistrato è fra gli autori di una nuova ricerca che ha messo in rassegna alcuni lavori sperimentali e computazionali realizzati attraverso la lente del microscopio computazionale.
Abbiamo prodotto dei modelli che permettono di razionalizzare l’azione dei farmaci chemioterapici sulle cellule dell’organismo – spiega Magistrato – Per alcuni tipi di farmaci abbiamo cercato di comprendere quale sia la forma del farmaco più abbondante quando entra in circolazione nel sangue, e che poi raggiunge il bersaglio cellulare.
Si parla infatti di pro-farmaco, quando ci si riferisce al chemioterapico che viene iniettato, poiché appena entra nell’organismo, per via delle interazioni con ambiente biologico questo muta rapidamente.
Per questo motivo è difficile sapere esattamente quale (e quanta) sia la molecola che esplica l’azione terapeutica, cioè il farmaco vero e proprio.
Per altri farmaci di cui è già nota la forma attiva invece Giulia Palermo, prima autrice dello studio e ricercatrice presso la Scuola Politecnica Federale di Losanna (EPFL), ha descritto con quali target si lega preferenzialmente il farmaco all’interno della cellula.
La molecola può agire su tre fronti: sul DNA libero, sulla cromatina (Il DNA impacchettato nella forma più comune nel nucleo) e con le altre proteine disperse nella cellula – spiega Palermo.
A seconda di quale target viene colpito infatti l’azione del farmaco può variare molto, e anche i suoi effetti collaterali.
Si pensa infatti che quando il farmaco mostra effetti cito-tossici, vuol dire che si è legato preferenzialmente al DNA, mentre quando mostra effetti anti-metastatici, vuol dire che agisce in modo preferenziale sulle proteine che contribuiscono alla motilità delle cellule o proteine che interagendo con il DNA regolano l’espressione dei geni, per esempio.
Anche in base a studi come questo gli sperimentali possono migliorare il design razionale delle nuove molecole terapeutiche, per ottenere così farmaci più efficaci e con meno effetti collaterali, anche questo molto importante visto che sappiamo bene quanto gravoso dal punto di vista fisico sia un trattamento chemioterapico per i pazienti – conclude Magistrato.
Lo studio è frutto di una collaborazione internazionale tra CNR-IOM/SISSA e i gruppi di ricerca di Ursula Roethlisberger (professoressa di chimica e biochimica computazionale dell’EPFL) e Paul Dyson, esperto in chimica farmaceutica e bio-organometallica dell’EPFL, nonché di Curt Davey, leader in cristallografia di complessi proteina/DNA presso l’Università della Tecnologia di Nanyang (NTU), a Singapore.
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‘Metal’ drugs to fight cancer: a new study improves our understanding of chemotherapy agents
What is the mechanism of action of metal-based chemotherapy drugs (the most widely used for treating common cancers like testicular or ovarian cancer)? How can we improve their effect and reduce their toxicity?
A new study combining experiments and theory has broadened our knowledge of the molecular mechanisms of these active drugs to help experimentalists devising increasingly effective drugs with fewer side effects. The study, just published in the journal ChemMedChem, was conducted with the participation of International School for Advanced Studies (SISSA) of Trieste.
Pharmaceutical research can be difficult and frustrating. Often, one happens to synthesize a molecule without knowing exactly what kind of therapeutic effect it will have (if it ever will have any).
It is rare for someone to develop a new active drug already knowing what mechanism it will trigger in the body– explains Alessandra Magistrato, CNR-IOM/SISSA research scientist – This also applies to the most widespread chemotherapeutic drugs, like cisplatin, or novel ones based on ruthenium. Studies relying on modelling and simulations, like the ones we do here, may be very helpful in this sense, in that they increase our insights into the molecular mechanisms of action exerted by the drugs inside the body’s cells – the scientist explains.
Magistrato is among the authors of a new study that reviews previously published experimental and computational reports visualized through the lens of computational microscope.
We produced models that enable us to rationalize the action of chemotherapeutic molecules on the body’s cells, – Magistrato explains – For some types of drugs, we tried to understand which chemical form of the drug is most abundant when it enters the blood circulation and it reaches the cell.
Scientists in fact use the term prodrug when referring to an injected chemotherapy agent; this, because as soon as the agent enters the body, it quickly changes before the interactions with it biological target.
That’s why it is difficult to know precisely which molecule (and how much of it) is responsible for the therapeutic action, in other words the actual medication.
On the other hand for other drugs with a known active form, Giulia Palermo, first author and researcher at the Swiss Federal Institute of Technology in Lausanne (EPFL), described how the the drug binds to different targets inside the cell.
A molecule can act on three fronts: on free DNA, on chromatin (the most common form of packed DNA in the nucleus) and on other proteins found in the cell – explains Palermo.
Depending on which target is involved, the action of the drug can vary widely, as well as its side effects.
In fact, it is believed that when the drug exhibits cytotoxic effects, it may bound preferentially to the DNA, whereas when it has anti-metastatic effects, it may act on the proteins involved in motility or on protein/DNA complexes affecting gene regulation, for example.
With the help of studies like this, experimentalists can improve the rational design of the new therapeutic molecules so as to obtain drugs that are more effective and with fewer side effects, a very important aspect as we know very well how physically demanding chemotherapy is for patients – concludes Magistrato.
The study is the result of an international collaboration between CNR-IOM/SISSA and the research groups led by Ursula Roethlisberger (professor of computational chemistry and biochemistry at EPFL), Paul Dyson, expert in organometallic and medicinal chemistry at EPFL, and Curt Davey, leader in crystallography of protein/DNA complexes at Nanyang Technological University (NTU) in Singapore.