INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA (Nr. 40)
Prima di entrare nel vivo del discorso guardiamo in dettaglio cosa si intende per placebo. In medicina, il placebo è una sostanza non pericolosa, innocua, neutra, che non possiede alcuna controindicazione se usata a scopi terapeutici. Può essere somministrato sotto forma di pillola o di liquido. In ogni caso, risulta privo di ogni principio farmacologico o chimico attivo e quindi non presenta alcuna efficacia terapeutica.
Il placebo è noto nell’ambito delle scienze naturali fin dal Settecento, ed è stato definito attraverso il futuro del verbo latino placere, placebo, che significa letteralmente piacerò, mi piacerà la terapia assunta. Di fatto, il placebo è il più antico ed efficace trattamento terapeutico conosciuto dall’uomo. Ad oggi, non esiste un farmaco in grado di equiparare i suoi effetti terapeutici e di benessere psicologico ottenuti.
Studi in cieco (dove il paziente non sa cosa sta prendendo) o in doppio cieco (sia il paziente che il medico che somministra non sono a conoscenza di cosa si somministra) hanno evidenziato risultati terapeutici migliori in pazienti trattati col placebo rispetto a coloro che hanno assunti farmaci normali.
L’effetto placebo, è il risultato dalla somministrazione di un farmaco placebo, e rappresenta l’esito terapeutico osservabile in chi ha assunto tale terapia. Solitamente, in chi lo prende si ottengono dei miglioramenti sia da un punto di vista organico sia psicologico. Tale miglioramento è sicuramente determinato dall’atteggiamento positivo mostrato dal paziente nei confronti della cura, perché prefigura una migliore e più repentina guarigione.
Risultati eclatanti si ottengono anche attraverso la chirurgia placebo, in cui, ad esempio, una semplice incisione induce effetti benefici su una malattia più importante presentata.
In generale, l’effetto placebo si verifica quando la persona si mostra positiva nei confronti del farmaco assunto e propenso a guarire. Manifesta, dunque, maggiore positività a propensione al cambiamento in termini di miglioramento del proprio stato di benessere.
A parità di trattamenti placebo si ottengono esiti terapeutici migliori quando il medico mostra atteggiamenti più empatici e accoglienti nei confronti del paziente. Questo atteggiamento positivo consente a chi riceve la cura di sentirsi più riconosciuto, e più ascoltato. Per questo, implementa la fiducia e le aspettative positive rispetto ai benefici del trattamento stesso.
Tutto questo evidenzia che il ricevere maggiori attenzioni terapeutiche innesca una forma di autosuggestione che si traduce in un effettivo e reale miglioramento per il soggetto malato. Tale effetto porterebbe a una maggiore produzione di endorfine, analgesici endogeni naturali, ormoni del buon umore, prodotti dall’organismo umano, derivanti dalla convinzione di riuscire a guarire con molta probabilità.
Chiaramente, un giudizio o un atteggiamento negativo da parte del medico o dello sperimentatore può indurre anche un effetto negativo sugli esiti della cura definito nocebo, in cui le aspettative negative producono un peggioramento del quadro clinico. L’effetto nocebo è riscontrabile anche nelle sperimentazioni cliniche in cui i partecipanti palesano gli stessi effetti collaterali che si verificherebbero tramite l’assunzione del vero farmaco. Questo succede perché è stato loro comunicato che la sostanza assunta potrebbe provocare degli effetti nocivi, di conseguenza le aspettative calano e la preoccupazione di non guarire aumenta.
Concludo dicendo: “Corpus sano in mente sana” ipse dixit!