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Il modello delle Zone Individuali di Funzionamento Ottimale: la prestazione sportiva dal punto di vista dell’atleta

Quali emozioni garantiscono prestazioni migliori? Quali dovrebbero essere i giusti livelli di ansia prima di una gara? Il modello IZOF cerca di spiegarlo. %%page%%

Di Guest

Pubblicato il 10 Dic. 2015

Alessandro Martinelli – OPEN SCHOOL Sudi Cognitivi Modena

Le pressioni esterne, le nostre aspettative, quelle dei compagni o genitori sono aspetti che esercitano un’influenza sulla prestazione sportiva, amatoriale o professionistica che sia. Ma in che modo? Perché, ad esempio, un atleta nelle difficoltà e nella pressione esterna rende di più, mentre un altro di meno?

Le emozioni sono definite da Galimberti (2006, p.358) come una:

Reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata determinata da uno stimolo ambientale. La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico.

Queste influenzano la nostra performance, ma in che modo lo fanno? Il pattern di emozioni che contraddistinguono il nostro successo, o il nostro insuccesso, sono strettamente individuali o hanno aspetti uguali per tutti gli individui?

Nell’ambito della psicologia dello sport, a partire dagli anni ’80 in poi, le ricerche di tipo nomotetico hanno lasciato il passo a quelle di tipo idiografico (Manili & Palange, 2013).

Mentre il primo approccio studia i fenomeni secondo regolarità e cercando gli elementi generali, il secondo si propone di delineare i nessi di influenza delle emozioni su un piano individuale e specifico per ogni atleta. Le emozioni infatti rivestono una parte importante nella prestazione sportiva, sia come fattore inibente che come fattore facilitante, e molto dipende dalla valenza che gli viene attribuita dall’individuo.

Questo è alla base del Modello teorico delle Zone Individuali di Funzionamento Ottimale (Individual Zones of Optimal Functioning; IZOF) proposto da Hanin (1995) secondo il quale ogni atleta possiede la sua zona ideale di ansia in cui riesce a realizzare prestazioni ottimali, dove raggiunge il peak performance. L’ansia è definita uno stato di aumentata vigilanza contrassegnata da un’elevata attivazione emotiva (arousal), definita da Hanin (2000) come il grado e l’intensità con cui viene vissuta una determinata emozione. In generale, l’ansia permette all’individuo di anticipare la percezione di un eventuale pericolo prima che questo sopraggiunga, attivando specifiche risposte che spingono da un lato all’identificazione della strategia più adeguata per affrontarlo, dall’altro, all’evitamento e all’eventuale fuga.

L’acronimo IZOF sintetizza i seguenti concetti (Hanin, 1980):

  • Individual: rappresenta la zona di funzionamento ottimale. Questa risulta essere specifica ed individuale per ogni persona. Un determinato livello di ansia può essere funzionale o disfunzionale a seconda della caratteristiche personali dell’atleta, della disciplina praticata e del tipo di gara o competizione in cui si verifica;
  • Zone: si intende un’ area di valori al di fuori della quale la prestazione decade, mentre all’interno di questa si ottiene la prestazione migliore;
  • Optimal Functioning: ogni atleta esprime un livello di attivazione emotiva ottimale che risulta funzionale al raggiungimento della prestazione più elevata.

Il modello IZOF (Hanin, 1997, 2000) si colloca in un framework intra-individuale che ha lo scopo di descrivere, prevedere, spiegare e controllare le esperienze, ottimali e disfunzionali, dell’atleta in relazione alla performance individuali di successo e insuccesso.

Il modello è stato esteso non solo all’ansia, ma le zone di funzionamento ottimale hanno preso in considerazione il vissuto idiosincratico delle emozioni, per esaminarne gli effetti sulla performance sportiva (Hanin, 1997). Tale approccio si rivela così orientato all’azione ed in grado di fornire strumenti per concettualizzare e valutare con precisione le prestazioni in relazione a esperienze soggettive, pattern emozionali relativamente stabili e meta-esperienze per lo sviluppo di programmi individualizzati di autoregolamentazione (Hanin, 2003).

L’approccio indicato da Hanin (1997), consente quindi di analizzare in termini qualitativi e quantitativi l’esperienza emozionale soggettiva, permettendo di valutare quali emozioni caratterizzano le prestazioni migliori e peggiori, qual è la loro intensità e di prevedere quale effetto producono sulla prestazione sportiva le emozioni provate dall’atleta prima della competizione (Manili & Palange, 2013). In questo modello, il contenuto delle emozioni è stato concettualizzato in due fattori, indipendenti ma strettamente collegati: la tonalità edonica (positiva-negativa e piacevole-spiacevole) e l’effetto funzionale delle emozioni sulla prestazione sportiva (facilitante-inibente).

Le emozioni in tale modello sono ritenute unipolari, non variano quindi lungo un continuum che va da piacevole a spiacevole, ma sono ritenute separate. Ogni emozione, piacevole o spiacevole, positiva o negativa che sia, è separata dalla altre e può soggettivamente variare da un minimo ad un massimo.

Dall’interazione dei due fattori, tonalità edonica ed effetto funzionale, si derivano così quattro categorie di emozioni:

  • Piacevoli – facilitanti (positive – funzionali: P+);
  • Spiacevoli – facilitanti (negative – funzionali: N+);
  • Spiacevoli – inibenti (negative – disfunzionali: N-);
  • Piacevoli – inibenti (positive – disfunzionali: P-).

Queste 4 categorie sono di importanza cruciale all’interno del modello IZOF per prevedere l’effetto delle emozioni sulla prestazione e per comprendere e descrivere l’esperienza dell’atleta prima, durante e dopo la prestazione. Le emozioni possono dunque esercitare effetti totalmente diversi, benefici o meno in relazione al significato soggettivo e alla loro intensità.

Per Hanin le emozioni agiscono sulla nostra prestazione attraverso meccanismi di produzione e di utilizzo dell’energia necessaria per seguire il compito: quanta energia ho per questo compito/prestazione e come la utilizzo (Hanin 2000, D’Urso, Petrosso & Robazza, 2002a).

Il termine energia descrive aspetti sia psicologici che fisici, come ad esempio vigore, vitalità, intensità nel funzionamento mentale, persistenza nello sforzo, determinazione nel conseguire obiettivi personali. In questa prospettiva, emozioni piacevoli – facilitanti (P+) aiutano il soggetto a mobilitare e organizzare le funzioni motorie; emozioni spiacevoli e facilitanti (N+) servono soprattutto per la produzione di energia più che per il suo utilizzo. Emozioni piacevoli ma inibenti (P-) causerebbero una perdita di energia o un’inefficace utilizzazione delle risorse a disposizione, mentre quelle spiacevoli ed inibenti (N-) determinano una inadeguata generazione e utilizzazione di energia.

Come anticipato, i metodi idiografici sembrano essere quelli più appropriati a rilevare i patterns individuali delle emozioni ed il loro effetto, inibente o facilitante, sulla prestazione sportiva. Hanin ha sviluppato una procedura nella quale l’atleta viene messo al centro, che utilizza scale di misura formate da items che lui stesso genera, con la certezza quindi di avere descrittori di emozioni strettamente personali. Anche Cei (1998) sottolinea l’importanza di determinare tale zona attraverso un’intervista agli atleti, in cui vengano esplorati quali sono le emozioni piacevoli/spiacevoli che svolgono un’azione facilitante o inibente sulle loro prestazioni, con quale intensità si manifestano e come variano le singole emozioni.

Agli atleti è stato quindi chiesto di identificare items facilitanti (piacevoli e spiacevoli) ed inibenti (positivi e negativi) con l’aiuto di due liste distinte, una di aggettivi piacevoli e una con aggettivi spiacevoli ricavati dal lavoro di Watson e Tellegen (1985). Il Profilo emozionale viene poi delineato attraverso un metodo retrospettivo, chiedendo al soggetto di rievocare le proprie prestazioni ottimali e le condizioni che conducono al successo per poi selezionare dalle liste 4-5 emozioni positive e 4-5 negative tipiche del vissuto precedente la prestazione. La stessa procedura viene ripetuta per prestazioni che sono state fallimentari o di insuccesso e per ogni stato emotivo l’atleta deve infine indicare il livello di intensità provata. Questa valutazione dovrebbe essere ripetuta includendo anche anticipazioni di come l’atleta si sentirà poco prima dell’evento sportivo successivo e sia misurazioni effettuate nel periodo pre-gara.

Il modello IZOF fu poi implementato da Hanin (2000) che incluse anche fattori fisico-motori, aspetti fisiologici, capacità condizionali, tecniche e tattiche. Il modello infatti definisce le prestazioni legate allo stato bio-psico-sociale del soggetto come manifestazione situazionale, multimodale e dinamica. Tale descrizione multi-livello comprende almeno cinque dimensioni interdipendenti (forma, contenuto, intensità, tempo e contesto), ed ognuna di queste comprende diverse componenti.

  • La dimensione della Forma comprende sette componenti fondamentali: cognitiva, affettiva, motivazionale, fisica, motoria-comportamentale, operativa e comunicativa. In altre parole sotto la dimensione della forma vengono elencate le componenti psicologiche, quelle associate ad aspetti biologici o psicofisiologici e quelle che fanno riferimento all’interazione tra persona e ambiente.
  • La dimensione Contenuto è una caratteristica qualitativa dello stato delle prestazioni, che come abbiamo visto distingue le emozioni in piacevoli-facilitanti; spiacevoli-facilitanti; spiacevoli-inibenti; piacevoli-inibenti.
  • La dimensione Intensità che concerne vigore, vitalità e persistenza nello sforzo, può sia inibire che facilitare la prestazione sportiva.
  • La dimensione Tempo comprende componenti come durata, frequenza, cicli di lavoro, fasi. Gli stati emotivi degli atleti posso essere considerati prima della gara, durante e dopo.
  • Infine la dimensione Contesto è una caratteristica ambientale che riflette l’impatto che le variabili situazionali, interpersonali, e intra-gruppo hanno sull’intensità e sul contenuto delle emozioni. Esempi di impatto situazionale sono reazioni emotive innescate da competizioni di diverso livello (locale, nazionale, e internazionale), mentre le risposte emotive interpersonali e intra-gruppo riflettono come un atleta vive le interazioni che ha con un compagno di squadra o con il suo gruppo (Hanin, 2003).

In sintesi, ci dice Hanin (2003) che le prime tre dimensioni (forma, contenuti e intensità) descrivono le esperienze soggettive e le meta- esperienze, mentre le altre due dimensioni (tempo e contesto) caratterizzano le dinamiche delle esperienze soggettive degli atleti.

Anche altri autori hanno utilizzato, prendendo spunto dalla teoria dei costrutti personali di Kelly (1955), approcci idiografici per l’assessment psicologico e la progettazione di procedure di mental training. Butler e Hardy (1992) hanno sottolineato l’importanza di considerare la percezione che l’atleta ha di sé e della sua preparazione generale ed hanno proposto il performance profile, uno strumento che identifica i punti di forza e di debolezza del soggetto partendo dalla premessa che le persone cercano di dare un senso alle loro esperienza elaborando quadri di riferimento personali (D’Urso, Petrosso & Robazza, 2002a). Con questo metodo l’atleta partecipa attivamente alla costruzione del suo profilo di prestazione delineando un quadro completo delle sue caratteristiche psicologiche, tecniche e fisiche. Gli viene chiesto di identificare qualità e caratteristiche fondamentali per il suo sport (costrutti tecnici, fisici e mentali), scegliendo quindi quelli per lui più rilevanti. Per ciascun costrutto dovrà poi dare una valutazione di se stesso da 0 (per nulla) a 10 (moltissimo) dapprima riferito alla sua condizione attuale ed in seguito rispetto alla prestazione ottimale. L’atleta avrà così uno strumento che permetterà di confrontare due profili di prestazioni differenti, uno attuale ed uno ideale, che consentono di predisporre strategie di intervento individualizzate ed adattabili all’evoluzione dell’atleta.

Il modello IZOF e il performance profile si accomunano per l’importanza che viene data all’approccio idiografico per lo studio della relazione tra stati mentali e prestazione atletica. Gli aspetti per i quali si differenziano sono invece da rintracciarsi nel tipo di fattori considerati: se infatti il modello IZOF si concentra principalmente su fattori situazionali, o stati, il profilo di prestazione si concentra su fattori relativamente stabili, o tratti.

In una ricerca di D’Urso, Petrosso e Robazza (2002b) sono stati seguiti atleti esperti di rugby per un’intera stagione al fine di confrontare il modello IZOF con il performance profile. L’ipotesi fu che le emozioni pre-competitive non fossero predittive poiché soggette a fluttuazioni anche ampie durante la gara, a differenza di quelle fisico-motorie e psicologiche che invece sono maggiormente stabili anche nel corso della competizione. Lo strumento utilizzato comprendeva sia items derivati dal modello IZOF, e quindi descrittori emozionali, che items derivati dal performance profile: costrutti fisici, tecnici e mentali soggettivi.

I risultati dimostrarono che in uno sport di squadra come il rugby costrutti psicologici e fisico-motori sono in grado di discriminare gli atleti e differenziare le prestazioni in misura superiore rispetto alle emozioni, confermando l’ipotesi che gli stati emozionali sono soggetti a diverse fluttuazioni determinate dagli eventi che si susseguono in campo mentre i fattori attitudinali, fisici e tecnici rimangono più stabili. Questo conferma come il modello IZOF sia applicabile in modo più appropriato a fattori situazionali piuttosto che a costrutti relativamente stabili (D’Urso, Petrosso & Robazza, 2002b)

I risultati empirici hanno dimostrato come il pattern di emozioni che contraddistinguono il successo o l’insuccesso sia strettamente individuale: nella procedura di Hanin è il soggetto ad attribuire effetti vantaggiosi o svantaggiosi alle emozioni, mentre la caratteristiche positive o negative sono stabilite a priori. Dal concetto di zone di funzionamento ottimale è emersa la possibilità di differenziare prestazioni buone e scadenti e di discriminare il livello di successo degli atleti in base all’intensità delle emozioni pre-gara. L’identificazione di emozioni idiosincratiche funzionali e disfunzionali è una procedura che aiuta a fare prendere coscienza all’atleta delle sue condizioni psicologiche e degli effetti che queste hanno sulla sua performance, al fine anche di migliorarne la consapevolezza e l’abilità di regolare e predire il proprio sistema emotivo prima degli eventi sportivi più importanti (Hanin, 2000b).

Il modello IZOF ha avuto l’intento di spiegare la complessa relazione bidirezionale tra le emozioni degli atleti e le loro prestazioni, poiché non solo le emozioni pre-gara influiscono sulla performance, ma anche il feedback, generato dal risultato della prestazione, andrà ad influire sulla scelta delle emozioni reputate funzionali o disfunzionali per le successive competizioni (Robazza, Pellizzari & Hanin, 2004).

Il concetto di zona se non sembra essere applicabile ai fattori relativamente stabili, può essere però utilizzato ed esteso. Infatti, l’identificazione di zone individuali di funzionamento ottimale facilita l’atleta nella definizione di obiettivi personali a breve, medio e lungo termine e nei metodi per conseguirli; l’elaborazione di un profilo di prestazione (Butler & Hardy, 1992) risulta utile per individuare i punti di forza e debolezza dell’altleta, ottenere una rappresentazione visiva di come si percepisce, identificare i fattori che per il soggetto condizionano la performance, monitorare le condizioni psicologiche momento per momento e focalizzare gli obiettivi in modo chiaro.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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  • Cei, A. (1998). psicologia dello sport. bologna: il mulino.
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  • Kelly, G. A. (1955). the psychology of personal constructs. new york: norton.
  • Manili, U., & Palange, M. (2013, giugno 03). Le emozioni nella pratica sportiva. sport e medicina. ricavato il 13 settembre 2015 da http://besport.org/sportmedicina/le-emozioni-nella-pratica-sportiva.htm
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  • Watson, D., Tellegen, A. (1985). toward a consensual structure of mood. psychological bulletin, 98, 219-235.
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