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Il peso dei passati legami di attaccamento nella scelta del partner e nell’organizzazione della propria vita affettiva

Per Bowlby il formarsi di una coppia poggia sulle capacità del partner di confermare le rappresentazioni del sé e degli altri formatesi nella prima infanzia %%page%%

Di Daiana Aufiero, Ilenia Magnani, Laura Marchesini

Pubblicato il 10 Nov. 2015

Aggiornato il 04 Ott. 2019 14:22

Daiana Aufiero, Ilenia Magnani, Laura Marchesini – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

E’ proprio vero che l’amore romantico, quello che si legge nei romanzi e si vede nei film, che dura tutta la vita, non esiste nella realtà? Ed è altresì vero che i legami di coppia sono pieni di passione nelle fasi iniziali, per poi affievolirsi col passare del tempo? Come avviene la scelta del proprio partner?

Per rispondere a queste domande facciamo riferimento alla teoria dell’attaccamento, formulata negli anni Sessanta da uno psichiatra inglese di nome Bowlby, per dimostrare che le relazioni sentimentali si sviluppano seguendo un percorso che contribuisce a un buon adattamento dell’individuo al suo ambiente sociale e fisico (Attili, 2004). E’ grazie alla teoria dell’attaccamento che possiamo spiegare come un uomo, arrivato all’età adulta, organizzi la propria vita affettiva in funzione dei passati legami di attaccamento, mettendo in luce il ruolo che le relazioni della prima infanzia possono avere nel predire il futuro successo di una relazione di coppia. L’interesse di Bowlby era nato con l’osservazione di Lorenz e delle sue paperelle: costui aveva notato che appena nate, quelle papere seguivano la prima cosa che passava loro davanti agli occhi e che ciò continuava per il resto della loro vita. A quel punto Bowlby si è interessato agli studi condotti dagli etologi e ha potuto constatare che, in diverse specie, una varietà di comportamenti sembrava avere lo stesso obiettivo: la vicinanza fisica.

Se alcuni romantici spiegano l’incontro tra due persone come il frutto del caso, Bowlby pensa che il formarsi di una coppia poggi sulle capacità del coniuge di confermare le rappresentazioni che sono state costruite su di sé e sugli altri fin dalla prima infanzia. Bowlby ha usato il termine omeostasi rappresentativa per spiegare che ci si lega a qualcuno che non faccia vacillare il sistema di rappresentazioni così saldo in noi.

Ciò che si vorrà arrivare a dimostrare è che è proprio l’attaccamento il filo che tiene unita una coppia, secondo il processo dell’attaccamento, che porta i partner a provare certe emozioni durante la loro relazione. Secondo questa teoria arriveremo a vedere come l’amore all’interno di una coppia possa essere riconducibile all’amore che lega un bambino alla madre, e come il rapporto madre-bambino può spiegare il complesso legame d’amore tra adulti.

La comprensione dell’attaccamento in età adulta richiede una comprensione della teoria dell’attaccamento in sé (Crittenden, 1999). La teoria dell’attaccamento, sviluppata da Bowlby (1962-82, 1973, 1980), è una teoria riguardante la funzione e lo sviluppo del comportamento protettivo umano. La teoria è nata come integrazione di teorie etologiche, evoluzionistiche, psicoanalitiche e cognitive.

La teoria dell’attaccamento presuppone che gli esseri umani hanno una predisposizione innata a formare legami di attaccamento con persone significative, che questi legami hanno la funzione di proteggere la persona attaccata, e che queste relazioni esistono dalla fine del primo anno di vita fino alla morte. L’attaccamento in sé è definito come un bisogno innato di ricercare per tutta la vita la vicinanza protettiva di figure di riferimento in momenti di difficoltà. Bowlby per primo contesta la teoria di Freud secondo la quale il legame madre-bambino si basa solo sulla necessità di nutrimento del piccolo: infatti non pensa che il legame che unisce il bambino alla madre sia solo per soddisfare il suo bisogno di nutrizione, ma che sia un bisogno primario.

Bowlby parla di Modelli Operativi Interni (MOI) cioè di schemi mentali che ciascuno di noi costruisce nel corso della propria vita, interagendo con l’ambiente, cioè rappresentazioni interne di se stessi, delle proprie figure di attaccamento e del mondo. Essi hanno la funzione di veicolare la percezione e l’interpretazione degli eventi da parte dell’individuo, consentendogli di fare previsioni e crearsi aspettative sugli accadimenti della propria vita relazionale; questo concetto spiega come le esperienze di vita guidino i nostri comportamenti futuri. I MOI del bambino possono continuamente essere ridefiniti sulla base dei cambiamenti della realtà esterna e della relazione con la figura di attaccamento che muta con il mutare del bambino.

Non tutte le relazioni umane, anche quando sono significative, sono relazioni di attaccamento. Perché si parli di attaccamento devono essere presenti tre condizioni di base (Weiss, 1982). Prima di tutto è necessaria una ricerca della vicinanza tra la persona attaccata e la persona che offre attaccamento; questa ricerca è molto evidente nel bambino piccolo in relazione con la madre. L’altro elemento fondamentale è la reazione di protesta per la separazione, cioè quell’insieme di comportamenti di attaccamento che si manifestano nel momento in cui ci si sente in pericolo perché la relazione non è più garantita. La terza e ultima condizione è la base sicura, cioè la particolare atmosfera di sicurezza che si instaura tra figura attaccata e figura di attaccamento. Bowlby (1988) ha spiegato come un bambino o un adolescente per esplorare l’ambiente extra-familiare abbia bisogno di sentirsi sicuro di poter ritornare sapendo che la base sicura sarà li ad aspettarlo.

Verso la fine degli anni Sessanta, l’attaccamento incominciò ad essere oggetto di studi sistematici. Il contributo primario di Mary Ainsworth alla teoria dell’attaccamento riguarda aver trovato delle differenze individuali nella qualità di attaccamento (Ainsworth et al., 1978). Questo è stato possibile grazie a una semplice procedura di laboratorio, chiamata Strange Situation, volta a misurare l’attaccamento in bambini di 1-2 anni. Furono identificati quattro tipi di attaccamento:

  • Attaccamento sicuro (B) in cui il bambino ha una madre presente, in grado di rispondere ai bisogni di conforto e protezione del figlio; in questo modo il bambino con attaccamento sicuro sa di poter accedere alla protezione della madre quando vuole e quindi è desideroso di esplorare il mondo e allo stesso tempo di ritornare alla sua base sicura nel momento in cui gli si presenta un “pericolo” (per esempio l’avvicinarsi di un estraneo).
  • Attaccamento insicuro-evitante (A) in cui il bambino ha una madre in genere non in grado di rispondere ai suoi bisogni, di conseguenza questi bambini si sentono rifiutati dalla figura di riferimento e temono costantemente il rifiuto dell’altra persona, pur ricercando l’approvazione degli altri per colmare il proprio vuoto. Sono bambini che imparano a inibire le loro emozioni e che non si sentono amabili e desiderabili; come conseguenza il bambino evitante tenderà a distaccarsi dalla madre e successivamente a iper-esplorare l’ambiente circostante.
  • Attaccamento insicuro-ambivalente (C) in cui il bambino ha una madre che risponde alle sue richieste ma in modo non costante, sono madri imprevedibili. In questo modo il bambino si sente a volte amabile altre volte rifiutato e quindi mette in atto una strategia di controllo serrato sulla madre: infatti questi sono bambini che ipo-esplorano l’ambiente perché hanno paura a separarsi dalla loro figura di attaccamento.
  • Attaccamento insicuro-disorganizzato (D) in cui il bambino viene messo in pericolo dalla madre, questo determina un crollo del sistema di attaccamento e di conseguenza i bambini manifestano comportamenti paradossali e disorganizzati.

Hazan e Shaver (1987; 1992) sostengono l’idea che l’innamoramento è un processo d’attaccamento che viene vissuto dagli individui in maniera diversa, a causa delle loro differenti storie di attaccamento. Hazan e Shaver (1987) hanno dimostrato la forte somiglianza tra attaccamento infantile ed attaccamento adulto, portando prove empiriche e dimostrazioni teoriche a sostegno della teoria dell’importanza dello stile di attaccamento nelle relazioni amorose. La ricerca ha analizzato la relazione esistente tra stile di attaccamento e diversi aspetti delle relazioni stabilite nell’infanzia e nell’età adulta. Tale studio è stato condotto negli Stati Uniti su un campione di 620 soggetti, aventi un’età media di 36 anni. Si è chiesto inizialmente ai partecipanti di scegliere tra tre descrizioni standard di sentimenti di sicurezza o insicurezza affettiva, quella che meglio li descriveva ed in base alla loro scelta sono state individuate le persone sicure, quelle insicure-ansiose evitanti e quelle insicure ansiose ambivalenti. Nella fase successiva si è invece chiesto ai soggetti di individuare le caratteristiche salienti delle loro relazioni d’amore all’interno di una scala di aggettivi.

Gli individui categorizzati come Sicuri descrivevano i loro amori come basato sulla fiducia e loro stessi come felici, in grado di accettare aiuto e di offrirne al loro partner malgrado questo avesse commesso errori. Emerge, inoltre, un altro dato degno di nota, le loro relazioni avevano avuto una durata maggiore (10 anni in media) di quelle dei soggetti classificati come Ansiosi Ambivalenti (4 anni e 8 mesi in media), nonché di quelle dei soggetti classificati come Ansiosi Evitanti (5 anni e 9 mesi in media). Gli individui che rientravano, invece, nella categoria Ansiosi Evitanti  descrivevano le loro relazioni come basate sulla paura dell’intimità, sulla gelosia e su alti e bassi emotivi. Gli amanti Ansiosi Ambivalenti avevano una paura di amare altrettanto profonda, alla base di questa paura emergeva una mancanza di fiducia che si manifestava con sentimenti ossessivi nei confronti del partner, forte desiderio di unione e di reciprocità al di fuori della realtà, sentimenti ambivalenti, gelosia e attrazione sessuale.

Evidenziate le differenze possiamo però anche concludere dicendo che dai risultati di questa ricerca emerge che l’amore romantico ha alcuni tratti comuni a tutti gli individui e che le differenze tra gli individui non sono relative solo all’intensità quanto alla diversità di ciò che si prova.

Emerge inoltre che le persone che avevano indicato stili di attaccamento differenti presentavano differenze anche per quanto riguardava la loro storia di attaccamento, le descrizioni dei modelli mentali e le esperienze sentimentali. Infatti, gli individui Sicuri si mostravano consapevoli che i sentimenti romantici nel tempo possono subire delle fluttuazioni ma non escludevano che l’amore potesse poi raggiungere nuovamente l’intensità iniziale, mostravano così di credere nell’amore duraturo. Esprimevano sentimenti di fiducia e si ritenevano persone amabili. Gli Ansiosi Evitanti invece ritenevano che l’amore romantico è impossibile da trovare e che nessuno si innamori realmente, pensavano inoltre che non ci fosse bisogno dell’amore per essere felici. Gli Ansiosi Ambivalenti si innamoravano facilmente al punto da perdere la testa, ma analogamente agli Ansiosi Evitanti, ritenevano quasi impossibile trovare l’amore.

Questa ricerca si è conclusa dimostrando che la distribuzione dei tre stili di attaccamento è risultata sovrapponibile a quella riscontrata negli studi sui bambini, emerge che è la qualità della relazione con l’uno e/o l’altro dei genitori, nonché quella della relazione tra i due genitori stessi, ad essere associata alla loro sicurezza o alla loro ansia affettiva.
Gli individui Sicuri riportavano di aver avuto genitori caldi ed affettuosi, rispettosi, non intrusivi e non opprimenti, sia con i figli che tra di loro. I soggetti Evitanti riportavano comportamenti freddi e rifiutanti da parte della madre ed una relazione quasi inesistente tra i genitori. Gli amanti Ambivalenti, riferivano una madre gradevole ma imprevedibile e di un padre ingiusto, ed una relazione tra i genitori calda ed affettuosa ma non tanto quanto quella dei soggetti classificati come Sicuri.

La ricerca di Hazan e Shaver (1987) sembra evidenziare come le nostre esperienze amorose da adulti dipendano veramente da come si è sviluppato il nostro legame di attaccamento nella prima infanzia e come con la nostra diversità nel modo di amare vada ricondotta alla qualità delle relazioni sperimentate nell’infanzia con i nostri genitori.

Il tratto fondamentale, dunque, che accomuna le relazioni di attaccamento tra partner adulti e quelle tra genitori e figli è che in condizioni di stress gli individui cercano la vicinanza della figura di attaccamento per ricevere conforto e rassicurazione (Ainsworth, 1985; Weiss,1986). Ci sono, però, aspetti secondo i quali la relazione madre-bambino e il rapporto di coppia si differenziano per alcune ragioni.

In primo luogo, nelle relazioni d’amore, entrambe i partner possono in alcune occasioni divenire ansiosi e cercare di essere rassicurati, oppure prendersi cura dell’altro e cercare di farlo sentire al sicuro. Fisher e Crandell (2001) parlano di attaccamento complesso per indicare la natura duale dell’attaccamento di coppia ed anche la bidirezionalità della dipendenza reciproca che caratterizza le relazioni sentimentali tra adulti. Questi autori sottolineano quindi come ciascun partner agendo come figura d’attaccamento, dovrebbe tollerare l’ansia di essere dipendente dall’altro e anche di essere l’oggetto della dipendenza dell’altro. Fisher e Crandell (2001) hanno descritto i vari possibili matching delle diverse tipologie emerse nell’AAI di ciascun partner:

  • Attaccamento di coppia sicuro: quando entrambe i partner si spostano liberamente da una posizione dipendente a quella di essere oggetto di dipendenza dell’altro, esprimendo apertamente il bisogno di conforto e contatto, come pure quello di accoglienza del contatto, segnalando un equilibrio dei due aspetti nell’individuo e nel sistema (Vellotti e Zavattini, 2013).
  • Attaccamento di coppia insicuro che si divide in
    • Attaccamento di coppia distanziante/distanziante in cui entrambe i partner negano i sentimenti di dipendenza e vulnerabilità;
    • Attaccamento di coppia preoccupato/preoccupato in cui i partner esprimono sentimenti costanti di deprivazione ed una convinzione reciproca che l’altro non potrà mai soddisfare il bisogno di conforto;
    • Attaccamento di coppia distanziante/preoccupato in cui il partner preoccupato si sente cronicamente deprivato ed abbandonato, mentre il partner distanziante appare infastidito dai bisogni di dipendenza dell’altro, conducendoli ad una dinamica del tipo inseguitore-distanziante spesso fioriera di relazioni di tipo altamente conflittuale. Questo è il matching che più frequentemente ricorre alla psicoterapia di coppia, il partner distanziante evita di essere dipendete e minimizza l’importanza del legame e il parner preoccupato sentendosi cronicamente deprivato ed emotivamente abbandonato esaspera l’importanza della prossimità psichica e la richiesta di rassicurazione sul piano degli affetti. (Vellotti e Zavattini, 2013).
  • Attaccamento di coppia sicuro/insicuro: la presenza di un partner sicuro, grazie alla capacità di assumere sia le posizioni di dipendenza, sia di essere l’oggetto di dipendenza da parte dell’altro, potrebbe offrire un’esperienza emozionalmente correttiva al partner insicuro che, in questo modo, potrebbe riuscire comportarsi in modo più flessibile e bilanciato (Vellotti e Zavattini, 2013).

Analizzando quanto emerso dagli studi di Hazan e Shaver e da quelli di Fisher e Crandell si può ipotizzare che le relazioni adulte siano influenzate dall’incontro delle strategie di regolazione delle emozioni desunte dalla storia personale dei due partner e che particolare importanza debba essere data al modo in cui i modelli rappresentazionali dei partner si incastrano tra loro (Vellotti e Zavattini, 2008). Il modello d’attaccamento sarebbe quindi una variabile mediatore che incide sulla qualità della relazione di coppia, un filtro tra la percezione non solo di sé e dell’altro, ma anche della relazione in quanto tale.

Un secondo punto di distinzione è l’attrazione: l’amore di coppia è sempre accompagnato dall’attrazione sessuale (Tennov, 1979). Sia Bolwby (1979) che la Ainsworth (Ainsworth et al. 1978), hanno ipotizzato l’esistenza di sistemi comportamentali distinti che comprendono il sistema di attaccamento ed il sistema che regola la prestazione di cure e quello che regola l’accoppiamento e la riproduzione. L’amore adulto comporterebbe l’integrazione di questi tre sistemi attraverso modalità legate alla storia di attaccamento degli individui (Shaver, Hazan, Bradshaw, 1988).

Altra questione di rilevanza è la continuità tra lo stile di attaccamento stabilito nell’infanzia e quello presente in età adulta. Ci sono ricerche che hanno ipotizzato che la continuità tra l’infanzia e l’età adulta, diminuisse con l’avanzare degli anni (Skolnick, 1986). Main, Kaplan e Cassidy (1985) hanno rilevato che, nonostante l’esistenza di un’intensa associazione tra la storia di attaccamento degli individui adulti e lo stile di attaccamento dei loro figli, alcuni genitori si erano liberati da un aspetto transgenerazionale. Infatti, alcuni che genitori avevano avuto un attaccamento insicuro con i propri genitori, erano riusciti a gestire bene al relazione con i figli tanto che, i loro bambini, potevano essere considerati come sicuri. Main, Kaplan e Cassidy hanno affermato che questi genitori erano riusciti a rielaborare le esperienze avute con le proprie figure di genitoriali, arrivando a costruire modelli mentali di relazione più vicini a quelli di soggetti sicuri (Carli, 1985).

Ci sono dati (Engeland e Faber, 1984) che suggeriscono, inoltre, che i modelli di attaccamento non sono necessariamente fissati durante l’infanzia ma rispondono a cambiamenti dell’ambiente, tipicamente interpersonali o di caregiving. Studi effettuati utilizzando la Strange Situation mostrano diverse classificazioni di attaccamento con cargiver differenti (esempio madre e padre); i bambini mostravano modelli di attaccamento differenti con persone diverse (Briges, Connell, Belsky, 1988; Lamb, 1977; Main, Weston, 1981). Quindi la letteratura che si occupa di attaccamento infantile sostiene l’idea che durante l’infanzia alcune persone cambiano modello di attaccamento o mantengono modelli di attaccamento diversi nel tempo e con persone diverse, e che questo è in gran parte dovuto a esperienze nel loro ambiente interpersonale. Questo fa pensare che le cose possano andare nello stesso modo in età adulta.

Gli studi che hanno esaminato la corrispondenza tra la classificazione dell’attaccamento nell’infanzia e nell’età adulta, mostrano che il cambiamento è possibile. Ci sono studi che hanno messo in luce una corrispondenza minima tra le classificazioni di attaccamento infantile e adulto, suggerendo che il cambiamento è l’evento prevalente (Lewis, Fiering, Rosenthal, 2000; Weinfeld, Sroufe, Egeland, 2000). Altri studi, invece, hanno mostrato una corrispondenza significativa, benché non perfetta, tra l’infanzia e l’età adulta, suggerendo che alcune persone cambiano ma che molte non cambiano (Hamilton, 2000; Waters, Merrick, Treboux, Crowell, Albersheim, 2000).

Importante prendere in esame gli studi che si sono occupati di esaminare i predittori del cambiamento, quali eventi di vita significativi (perdita di un genitore, divorzio dei genitori, psicopatologia dei genitori, maltrattamento del bambino) e hanno trovato che il cambiamento in direzione dell’insicurezza è associato a queste esperienze negative di vita (Waters el al., 2000; Weinfield et al., 2000).

Altre ricerche si sono occupate di analizzare la sicurezza nelle relazioni sentimentali adulte, utilizzando come classificazioni: evitamento dell’intimità e ansia di essere abbandonato. Nel tentativo di valutare la stabilità di queste classificazioni e dimensioni è stato chiaro che benché ci sia una moderata evidenza di stabilità, molte persone (circa il 30%) riferiscono diversi stili di attaccamento e molte persone mostrano fluttuazioni nel livello di sicurezza nel corso del tempo (Baldwin, Fehr, 1995; Baldwin, Keelan, Fehr, Enns, Koh-Rangarajoo, 1996; Davila, Burge, Hammen, 1997; Davila, Karney, Bradbury, 1999). Non è chiaro se questo costituisca o meno una prova a conferma di una pervasiva e duratura riorganizzazione di modelli e comportamenti di attaccamento, possiamo però sostenere che in alcune persone e in determinate circostanze si verificano dei cambiamenti nei loro modelli di attaccamento adulto.

Attualmente esistono tre modelli predittori di cambiamento nella sicurezza dell’attaccamento adulto. Il primo modello life stress sostiene che il cambiamento nel livello o pattern di sicurezza di attaccamento si verifica in risposta a significativi eventi di vita o di cambiamenti significativi nelle circostanze di vita; il primo a proporre tale modello è stato Bowlby (1969/1982), il quale sosteneva che il cambiamento relativamente duraturo nei modelli di attaccamento potesse verificarsi come tentativo di adattarsi a nuove circostanze di vita in via di sviluppo ed emotivamente significative (Collins, Read, 1994). Il modello cognitivo-sociale sviluppato originariamente da Baldwin e collaboratori (Baldwin, Fehr, 1995; Baldwin et al., 1996) cerca di spiegare perché le persone riferiscono diversi modelli di attaccamento in tempi diversi. Secondo tale modello, il cambiamento nel pattern di sicurezza di attaccamento è un risultato di stati della mente che cambiano, ovvero i soggetti riferiscono diversi livelli o pattern di attaccamento a seconda di ciò che è attivato nella loro mente in un dato momento. Quindi benché le persone possono avere un tipo di attaccamento stabile nel tempo e sempre accessibile, le persone hanno anche diversi modelli di attaccamento o schemi relazionali che possono essere attivati da circostanze specifiche (Baldwin et al., 1996; Davila et al., 1999). Il cambiamento nell’attaccamento, dunque, è dovuto alla possibilità di accedere a diversi modelli in diversi momenti a seconda delle circostanze attuali della persona. Il terzo ed ultimo modello, quello delle differenze individuali, è stato anche proposto come spiegazione del perché alcune persone riferiscano diversi livelli o pattern di sicurezza. Questo modello afferma che i soggetti che presentano determinati fattori di vulnerabilità (per esempio, divorzio o psicopatologia dei genitori, disturbi di personalità o soffrono di una qualche psicopatologia) saranno più inclini a cambiare livelli e modelli di attaccamento, in quanto hanno sviluppato modelli di sé e degli altri poco chiari, che rendono dunque instabili anche i loro modelli di attaccamento (Davila et al., 1997).

Lo stile di attaccamento può influenzare anche il comportamento sessuale. Come?

Inizialmente il pensiero psicoanalitico ed ora le ricerche sperimentali (Shane, Shane & Gales, 1999; Liotti, 1999; Fraley & Shaver, 2000; Crittenden, 200; Davis, Shaver & Vernon, 2004; Eagle, 2005; Davis et al., 2006) sostengono che il comportamento sessuale possa essere messo in atto allo scopo di regolare stati emotivi e soddisfare bisogni non primariamente sessuali che la persona non riesce a gestire diversamente. Il desiderio sessuale garantisce nuovi modi di cercare conforto e ridurre l’attivazione emotiva. Nel caso in cui non fossimo in grado di integrare le diverse spinte motivazionali che fanno parte di una relazione intima adulta (attaccamento, accudimento e sessualità) possiamo arrivare a frammentarle cercando soddisfazione in relazioni differenti o in modalità disfunzionali (Crittenden, 2002). Inoltre, come possono essere confusi comportamento sessuale e ricerca di conforto (sessualità e attaccamento), può avvenire lo stesso con sesso e aggressività (sessualità e competizione), in modo particolare negli uomini. L’aggressività può così essere espressa sessualmente confondendola per amore da entrambi i partner.

In teoria non ci si lega ad una persona percepita come imprevedibile o ancora sconosciuta. Dall’altra parte, sembra che l’eccitazione sessuale venga ridotta dalla famigliarità e dalla prevedibilità ed invece intensificata dalla novità, dalla non famigliarità e dalla diversità (Eagle, 2005). Ci si trova così a dover integrare le motivazioni che ci legano al nostro partner con quelle che ci spingono a conoscerne altri; la forma più tipica di attaccamento adulto implica quindi l’integrazione tra diversi sistemi comportamentali: attaccamento, accudimento e sessualità (Shaver & Hazan, 1992).

I motivi che stimolano la ricerca del contatto in età adulta, per lo meno agli inizi della relazione, è l’attrazione sessuale (Weiss, 1982; Shaver, Hazan & Bradshaw, 1988; Tombolini & Liotti, 2000). Studi sull’attaccamento hanno, inoltre, suggerito che i modelli operativi interni assimilino le esperienze amorose ed i nuovi partner alle aspettative già esistenti riguardo al Sé e all’altro. Nei momenti in cui si verificano cambiamenti drastici, quali la formazione o la rottura di una relazione di attaccamento adulta, i modelli operativi interni devono modificarsi per incorporare nuove informazioni su di sé e sull’altro (Feeney & Noller, 1995). Solamente i modelli che risultano sufficientemente accurati, cioè aggiornati, genereranno un comportamento adattivo nelle relazioni. Se invece non si riescono ad aggiornare i propri modelli operativi interni, i loro comportamenti verranno guidati da assunzioni inesatte.

Nel caso in cui nel rapporto tra due adulti venga confermato il modello operativo interno di un precoce attaccamento insicuro si verificherà il previsto ostacolo all’esperienza sessuale pienamente condivisa e felice (Liotti, 1999). In questo modo si instaurano forme di attaccamento insicuro tra i partner che costituiscono il fondamento di esperienze sessuali insoddisfacenti o incomplete perché il sesso può essere utilizzato come sostituto di altri bisogni relazionali, non sessuali, o perché ogni piacere sessuale può essere inibito da emozioni dolorose commesse al sistema dell’attaccamento (paura, collera, sofferenza) che il soggetto non riesce a gestire. L’attaccamento sicuro tra i partner che vivono esperienze sessuali è invece una precondizione necessaria perché l’esperienza sessuale possa essere vissuta in maniera libera, piena e non conflittuale.

Secondo Shane, Shane e Gales (1999) il reclutamento della sessualità al servizio dei bisogni di attaccamento rappresenta un’ampia categoria che copre molte manifestazioni sintomatiche diverse, esempio la dedizione patologica al sesso, le ossessioni sessuali ed altro, in questo modo il soggetto utilizza l’esperienza sessuale come via attraverso la quale raggiungere una sensazione di benessere, di auto-protezione e di sollievo dal senso di essere da solo. L’esperienza sessuale diviene così un modo per soddisfare i bisogni di attaccamento.

Il comportamento sessuale può essere vissuto diversamente, in rapporto alle due dimensioni di attaccamento identificate da Bartholomew & Horowitz (1991): evitamento e ansia. Le persone con attaccamento evitante mettono in atto strategie in grado di disattivare i bisogni di attaccamento e la ricerca di vicinanza ed intimità. Il comportamento sessuale può quindi essere vissuto in modo scollegato dai bisogni di attaccamento, oppure li soddisfa ma in modo individuale, anche quando viene sperimentato con un’altra persona, con la quale però non vi è un reale coinvolgimento intimo, il sesso viene utilizzato come un meccanismo di autocura.

Secondo gli studi di Shaver e Hazan (1992) e Allen & Baucon (2004) i soggetti con attaccamento evitante sono soggette a vivere la sessualità in modo più promiscuo e mantenendo una distanza emotiva. Inoltre l’evitamento è risultato essere correlato positivamente con l’utilizzo del sesso al fine di manipolare l’altro o esercitare un controllo su di lui (Davis, Shaver & Veron, 2004). Gli evitanti risultano inoltre essere più preoccupati, rispetto agli ansiosi, elle conseguenze negative dei comportamento sessuali non protetti (Davis et al.,2006). Le persone con attaccamento ansioso vivono spesso l’amore come un’esperienza che implica ossessione, desiderio di reciprocità e di unione, alti e bassi emotivi, una fortissima attrazione sessuale e sentimenti di gelosia (Hazan & Shaver, 1995). Il sesso per loro verrebbe utilizzato per ricevere rassicurazione dell’amore e della disponibilità del partner, per cercare di controllare lo stato emotivo dell’altro e di ravvicinarlo a sé, sostituendo gli stati emotivi negativi con sentimenti di accettazione e desiderio di vicinanza, è un modo per esercitare potere nei confronti del partner. Gli ansiosi tendono ad interpretare l’attività sessuale come un termometro dello stato della relazione, il sesso diviene quindi il modo per mostrare la propria vicinanza ed il proprio affetto nei momenti di difficoltà (Davis, Shaver & Vermon, 2004). Contrariamente alle persone con uno stile di attaccamento caratterizzato dall’evitamento, quelle ansiose tendono a metter in atto comportamenti rischiosi per la propria salute quando questi vengono percepiti come negativi per l’intimità (Davis et al.,2006).

Le persone che invece hanno uno stile di attaccamento caratterizzato da un forte ansia ed un forte evitamento vengono solitamente da situazioni di abuso e trascuratezza, l’esperienza sessuale per loro solitamente non è piacevole e a volte, non implica nemmeno i genitali.

Le ricerche sopra citate sostengono l’ipotesi che il comportamento sessuale possa essere utilizzato al fine di compensare e soddisfare i bisogni di attaccamento che non siano stati adeguatamente riconosciuti e soddisfatti nel passato, e che la persona non è in grado di esprimere e gratificare nel presente. Le motivazioni e le finalità con le quali il sesso viene vissuto sono poi diverse a seconda dello stile di attaccamento e variano anche in funzione dell’identità di genere. Le persone tenderebbero a ricercare relazioni con partner che confermano le loro convinzioni riguardo all’attaccamento.

Quando e come cominciamo ad instaurare un attaccamento adulto?

Secondo Perlam, 1988, la fase finale della trasformazione del sistema di attaccamento dell’infanzia, è proprio quella in cui si compie la scelta di una figura di attaccamento adulto. Sono stati dedicati molti lavori, e sono state formulate molte teorie sulle determinanti della scelta del compagno: Dove gli occhi van volentieri, anche il cuore va, né il piede tarda a seguirli – sostiene Carlo Dossi, per sottolineare quanto vale l’aspetto esteriore nella scelta del partner.

E’ considerato il fattore più importante nel decidere di accettare o meno un primo appuntamento con una persona, come dimostrato dallo studio condotto da Walster e collaboratori (1996) all’Università del Minnesota. Ma questo aspetto non è il solo ad influenzarci, perché entrerebbero in gioco altri fattori: culturali, socioeconomici, legati all’età, alla somiglianza e allo stile di attaccamento. L’influenza di quest’ultimo diventa, inoltre, molto più preponderante nel prosieguo del rapporto determinandone la durata, l’andamento e il grado di soddisfazione provato dai partner (Kirkpatrik, Davis, 1994).

Essere fisicamente attraenti è importante soprattutto negli stati iniziali di un rapporto per varie ragioni: si può pensare che individui d’aspetto piacente e gradevole abbiano anche altre doti (ciò che è bello è buono), o che si possa acquisire prestigio facendosi vedere con un bell’uomo o una bella donna. Da alcune indagini è emerso che attributi come la socievolezza, l’intelligenza e la salute mentale vengono associati alla bellezza, indifferentemente per gli uomini e le donne, mentre calore sessuale è accomunato esclusivamente alle sembianze femminili (Feingold, 1990). Alla lunga, per gli uomini la bellezza rimarrebbe uno degli elementi di maggiore interesse, mentre per le donne lo diventerebbero requisiti diversi, quali il potenziale economico e lo stato sociale (Singn, 1995).

Secondo Vandenberg (1972), invece, nella società occidentale gli individui s’innamorano e si sposano sulla base della somiglianza per una o più caratteristiche fenotipiche. Le correlazioni positive più frequenti nella coppia riguardano la religione e il fatto di volere o meno dei figli, mentre si hanno correlazioni meno significative a proposito della preferenza per un partner socialmente brillante, artist-intelligente, disponibile a adattarsi (Rim, 1989).

Buss e Barnes, occupatisi in particolare delle differenze tra sessi, sostengono che le donne desiderano un compagno onesto, fidato, gentile, comprensivo, accomodante, con un lavoro sicuro. Un uomo con buone risorse economiche garantisce dei vantaggi ai propri figli, nel presente e nel futuro, anche in termini di produttività genetica. Le mogli si aspettano che i mariti offrano, dunque, una certa sicurezza finanziaria e questi sono in genere pronti ad accontentarle (Koestner, Wheeler, 1998). Gli uomini, invece, sognano creature affascinanti, che sappiano cucinare e che siano frugali.

Secondo le teorie relazionali nella scelta del partner ci si orienta verso una persona che, oltre a proporsi come oggetto esterno che promette il soddisfacimento dei bisogni di dipendenza, è anche in grado di ricordare qualche figura importante del passato, come quella genitoriale, o perfino qualche parte di sé. La scelta del partner può, pertanto, essere o complementare all’identità genitoriale e/o personale, o in contrasto a questa. In un caso abbastanza comune di scelta complementare, l’individuo, identificato con l’immagine del genitore dello stesso sesso, ricerca un partner che gli ricordi l’immagine interna del genitore del sesso opposto, mentre nella scelta per contrasto, sceglie un partner che non corrisponda all’immagine interna del genitore del sesso opposto. Dicks (1967) sostiene che in realtà la complementarietà dei bisogni è solo una delle possibili modalità di scelta del partner, che si riscontra soprattutto in quelle relazioni in cui i partner, a causa di conflitti interpersonali risalenti al passato, non possono assumere determinati ruoli, che vengono a essere così rigidamente polarizzati. L’aspettativa di veder appagati dal partner i propri bisogni si ritrova, almeno a un certo livello, in tutte le coppie, specie nella fase iniziale del rapporto.

Successivamente, queste aspettative illusorie vengono piano piano ridimensionate. Nel caso di una relazione sana, equilibrata e funzionale, il processo di crescita e maturazione comporta una progressiva, anche se non indolore, accettazione della reale personalità del partner. Ciò significa che le gratificazioni reciproche non saranno limitate ai momenti in cui l’altro accetta di impersonare per il partner il perduto opposto, ma si potranno rinvenire anche nella scoperta di una insospettata somiglianza rispetto a certe caratteristiche o tratti di personalità.

Nel caso in cui i partner desiderano riprodurre nella propria coppia il tipo di interazione coniugale della propria famiglia di origine, significa che entrambi si sono identificati con l’immagine del genitore del proprio sesso e che hanno scelto un partner che ricordava loro l’immagine interna del genitore di sesso opposto. Quando il partner non si rivela poi così rassomigliante all’agognata figura genitoriale, possono emergere tensioni. Ci si comporta con l’altro come se questi fosse realmente l’oggetto de passato e, in modo regressivo, si cominciano ad utilizzare gli stessi mezzi infantili di allora, per mostrare ostilità o per piegare l’altro al proprio volere. Proprio perché tale dinamica coinvolge contemporaneamente entrambi i partner, ciascuno di loro è, allo stesso tempo, sia il genitore frustrante e ambivalente amato, sia il bambino che cerca di ribellarsi.

Nel caso della scelta per contrasto, invece, i partner respingono i modelli genitoriali e cercano in tutti i modi di dar vita a una coppia assolutamente diversa e distinta da quella della propria famiglia. La delusione è davvero grande quando alla fine si rendono conto che, malgrado gli sforzi profusi, stanno entrambi mettendo in scena quegli stessi schemi che credevano di essersi lasciati alle spalle.

Se la scelta del partner è stata determinata dal cosiddetto fenomeno dell’attrazione degli opposti, può accadere che proprio quelle caratteristiche, così diverse, così lontane dall’immagine che l’altro ha di se stesso e che pure tanta parte avevano avuto nell’attrazione iniziale, vengono successivamente perseguitate perché corrispondenti, in realtà, ad aspetti rimossi e repressi della propria personalità. Un individuo che non può ammettere l’esistenza di certi aspetti di sé, non può accettare neppure nel partner la presenza di qualità simili, non è in grado di integrarli nei propri modelli relazionali, nei propri pattern comportamentali.

In sostanza, le dinamiche proprie delle relazioni oggettuali possono spingere una persona a vedere nel partner esclusivamente le proiezioni dell’oggetto d’amore investito in modo ambivalente, anche in palese contraddizione con le reali qualità dell’altro.

Nella fase iniziale del rapporto, grazie al processo di idealizzazione, il partner viene percepito solo nel suo aspetto positivo di oggetto buono, e quindi la relazione procede senza incontrare grandi difficoltà. Nel corso del tempo, inevitabilmente, il coniuge non si dimostra all’altezza del ruolo di oggetto idealizzato. Può allora subentrare una percezione idealizzata di segno opposto, in cui il partner viene ora visto esclusivamente come oggetto cattivo, odiato e persecutorio. Secondo questa concezione, quindi, il rapporto di coppia costituisce lo scenario ideale di rappresentazione dei rapporti oggettuali non risolti del passato.

Secondo la la Teoria di Byng-Hall (1995), nella selezione del partner, una persona si sofferma su un individuo che gli dà prove di poter mettere in atto almeno alcuni dei ruoli del suo script familiare e viceversa. In questo modo si spiega anche perché durante la fase del corteggiamento i partner spendono tanto tempo nel raccontarsi la propria storia passate l’infanzia in particolare: è un modo per verificare se i rispettivi script familiari sono compatibili e se dai due potrà nascere un nuovo script familiare condiviso che, comunque, manterrà tracce di quelli precedenti. I bambini, infatti, apprendono delle interazioni familiari e tendono a ripetere almeno alcuni aspetti della propria famiglia di discendenza sotto forma di script ripetitivi. Tenderanno anche a cancellare dai propri modelli e pattern relazionali esperienze e stili di comportamento che nella famiglia d’origine hanno trovato inaccettabili o troppo dolorosi, formando così, script correttivi.

L’analisi e lo studio delle coppie rivela, in sostanza, che in numerosi casi il processo di scelta del partner porta a orientarsi verso una persona capace di inserirsi negli script transgenerazionali del partner. Molto spesso si predilige una persona che possa impersonare ruoli e mettere in atto comportamenti che in passato hanno fatto soffrire il soggetto in questione, in grado che questi ora possa opporsi in modo più efficace di quanto sia stato in grado di fare nel passato. Il fatto che il partner rivesta ruoli appartenenti al passato del soggetto, script ripetitivi, inoltre, consente a quest’ultimo di mantenersi fedele alla propria famiglia d’origine. In altri casi, invece, viene scelto un partner che possa mettere in atto uno script correttivo, impersonando ruoli e caratteristiche opposte a quelle della famiglia d’origine del soggetto. E’ evidente come in entrambi gli scenari i partner forniscano un servizio reciproco, in quanto si permettono a vicenda o di correggere il passato o di dimostrare fedeltà alla propria famiglia d’origine. Sono sempre presenti contemporaneamente, sia script correttivi che ripetitivi, e a seconda delle circostanze e delle fasi della relazione verrà messo in atto ora l’uno, ora l’altro.

La teoria dell’attaccamento

La teoria dell’attaccamento, nella concezione Bowlbiana (1979), descrive la tendenza degli esseri umani a stringere legami affettivi preferenziali con gli altri individui, oltre ai genitori, lungo tutto l’arco di vita. Pertanto, la nascita di un legame di attaccamento può corrispondere alla fase di innamoramento. I diversi modi in cui i diversi individui affrontano questo momento delicato, che porterà poi alla formazione di una coppia stabile, dipendono e sono influenzati proprio dal modello fornito dalla relazione precoce tra bambino e genitore (Hazan, Shaver, 1987). Il rapporto esistente tra attaccamento e amore viene comunemente illustrato mediante il concetto di modelli operativi interni o working models. Questi modelli si formano a partire dalle esperienze con le figure di accudimento; Comprendono componenti sia affettive che cognitive e servono creare delle rappresentazioni interne di ciò che ci si può ragionevolmente e presumibilmente aspettare dagli altri.

La maggior parte degli studiosi concorda nel ritenere che i modelli di attaccamento si mantengono relativamente stabili nel tempo, in virtù di una certa continuità tra l’esperienza avuta con i genitori e la successiva capacità di stabilire relazioni intime, pur ammettendo che, a loro volta, le nuove relazioni e in particolare i rapporti di coppia, possono modificare i modelli operativi. Quindi, non solo il legame di attaccamento con il partner può essere diverso da quello che si aveva nella famiglia d’origine, ma addirittura è possibile estendere questo nuovo modello anche al rapporto con la famiglia d’origine, trasformandolo.

La teoria dell’attaccamento fornisce una spiegazione plausibile dei diversi tipi di relazione che un uomo e una donna possono instaurare e di come le universali dinamiche sottostanti vengono diversamente congiunte dai singoli individui fino a produrre stili di relazioni diverse.

Lo stile di attaccamento influenza in maniera così determinante la scelta del partner proprio perché ogni stile implica una serie di attese e timori riguardo ai rapporti interpersonali, in modo che solo un partner con aspettative e timori compatibili potrà essere selezionato (Feeney, Noller, 1991). Secondo la teoria dell’attaccamento, quindi, il rapporto che si instaura tra due partner sarebbe sostanzialmente analogo a quello che unisce madre e figlio, sia per quanto riguarda il bisogno di intimità e condivisione e le aspettative di ricevere conforto e sostegno che per la sofferenza provocata da separazioni e da minacce alla relazione (Hazan, Shaver, 1987). Inoltre, la nascita del legame di attaccamento tra due partner adulti seguirebbe le stesse linee di sviluppo, ricerca di vicinanza, rifugio sicuro, base sicura, previste nell’attaccamento tra madre e bambino.

  • Ricerca di vicinanza: attrazione interpersonale significa che ci sentiamo attratti da qualcuno e quindi vogliamo essere fisicamente e psicologicamente vicini e che speriamo che anche l’altro voglia le stesse cose. Quindi anche la relazione di coppia inizia come ricerca di vicinanza, ma rispetto alle relazioni di attaccamento madre-bambino probabilmente la relazione iniziale è diversa. Nel caso del bambino, infatti, la causa principale che lo spinge ad avvicinarsi alla madre è la paura o la necessità, mentre nel caso degli adulti il motivo iniziale che spinge ad avvicinarsi a un possibile partner è l’interesse sessuale o, secondariamente il desiderio di alleviare una sensazione di solitudine.
  • Rifugio sicuro: una volta che l’attrazione reciproca e l’interesse sessuale hanno condotto alla vicinanza e dato vita a una nuova coppia, perché questa duri ne tempo devono subentrare altre componenti che contribuiscono a mantenere il legame. Tali fattori possono essere identificati proprio nella capacità di fornirsi reciprocamente conforto e sicurezza, ossia nella capacità di essere l’uno per l’altro un rifugio sicuro.
  • Base sicura: a questa fase si arriva solitamente, nel caso dei partner, solo dopo un lungo periodo di prova della relazione e dopo un impegno esplicito in tal senso, come potrebbe essere quello della formalizzazione del legame attraverso il matrimonio (Hazan, Shaver, 1987). Gli studi dimostrano che i soggetti con attaccamento sicuro tendono a scegliere un partner che a sua volta presenta un attaccamento sicuro, mentre, sorprendentemente, gli accoppiamenti evitante-evitante o ambivalente-ambivalente sono poco frequenti e di breve durata (Senchak, Leonard, 1992).

In realtà, quello che è emerso dalle ricerche è che gli individui insicuri scelgono sì un partner con attaccamento insicuro, ma di tipo diverso dal loro. La funzione di una scelta del genere sarebbe quella di confermare la percezione di Sé e degli altri e di giustificare la ripetizione dei propri modelli relazionale (Bartholomew, 1993). Infatti, un evitante, con la sua paura dell’intimità e il suo bisogno di mantenersi a una certa distanza dall’altro, scegliendo un partner ambivalente, che invece aspira a un’unione assolutamente fusionale, non fa altro che trovare conferme alla propria visione negativa degli altri e a trovare giustificazioni per il suo non coinvolgersi troppo. Analogamente l’ambivalente trova conferme alle proprie paure e insicurezze e giustificazioni per la propria dipendenza proprio dal continuo allontanarsi dell’evitante (Bartholomew, 1990).

Collins e Read (1990) hanno fatto notare come molto spesso le persone ricercano un partner che per quanto attiene l’attaccamento, ricorda loro il genitore di sesso opposto (correlazione positiva tra descrizione del proprio attaccamento di uno dei due e descrizione dell’altro attaccamento al dì genitore di sesso opposto). Ciò potrebbe dipendere proprio dal fatto che il rapporto con i propri genitori e l’accudimento che riceviamo da loro influenzano e determinano le nostre aspettative, il nostro modo di pensare a noi stessi e agli altri, caratteristiche queste, che poi inevitabilmente si ripercuoteranno nei nostri rapporti e relazioni. In particolare, poi, la maggior importanza che sembra avere il genitore di sesso opposto è probabilmente dovuta al fatto che questi e il rapporto con questi serva da modello per le relazioni eterosessuali.

Inoltre, le caratteristiche dello stile di attaccamento del partner che è possibile preveder in base allo stile di accudimento del genitore di sesso opposto, risentono di una differenza di genere. Nel caso delle donne, infatti, il tipo di rapporto avuto con il padre permette di prevedere quanto il partner ricerchi l’intimità e accetti di dipendere dagli altri, mentre per quanto riguarda gli uomini la descrizione del rapporto con la madre permette di fare previsioni sul gradi di ansia della partner (uguale timore dell’abbandono e di non essere amato).

I soggetti con stile di attaccamento sicuro, quindi non solo hanno maggiori chance di dar vita a una relazione soddisfacente e appagante, ma si dimostrano anche in grado, all’occorrenza, di porre fine al rapporto senza eccessive difficoltà . Il grado di soddisfazione coniugale degli individui con stile di attaccamento insicuro, invece, si riduce molto velocemente, e altrettanto rapidamente si deteriorano la fiducia e l’impegno reciproco; L’ambivalente vorrebbe sempre chiarire tutto e discutere di ogni cosa, ma così facendo spaventa l’evitante, che invece cerca in tutti i modi di sfuggire al conflitto (Collins, Read, 1990).

Dunque, alla luce di tutto ciò, è ancora logico pensare che l’amore non ha logica?? Pare proprio di no! Come diceva Pascal, logico e filosofo che di sentimenti e di esprit de finesse se ne intendeva: il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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