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La Family-based Treatment nella cura dei disturbi alimentari in adolescenza – Roma, 2015

Dal 3 al 6 novembre a Roma si è tenuto un corso con il Prof. Le Grange sulla Family-based Treatment nella cura dei disturbi alimentari nell'adolescenza.

Di Guest

Pubblicato il 18 Nov. 2015

Loriana Murciano

 

Durante il corso “Family-Based Treatment nella cura dei disturbi alimentari in adolescenza” che si è tenuto a Roma dal 3 al 6 novembre scorsi, il Prof. Daniel Le Grange, docente dell’Istituto Benioff di Pediatria dell’Università di San Francisco, California, ha illustrato il razionale clinico ed i principali studi di efficacia del Trattamento Fondato sulla Famiglia (Family -Based Treatment – FBT), considerato attualmente l’intervento psicoterapeutico di prima scelta nella cura dell’Anoressia Nervosa (AN) in adolescenza (APA, 2005; NICE, 2004; RANZCP, 2014; Quaderni del Ministero della Salute 17/22, 2013; Rapporto ISTISAN 13/6, 2012).

L’ FBT trova le sue radici nel modello di Terapia Familiare sviluppato presso il Maudsley Hospital di Londra negli anni ’80 ed integra diversi aspetti (cognitivo-comportamentale, sistemico-relazionale e di “clinical management”): sono utilizzate infatti strategie ed interventi provenienti da diverse scuole di terapia familiare (Structural Family Therapy di Minuchin, Scuola Milanese Selvini-Palazzoli, Strategic Family Therapy di Haley e Narrative Therapy di White).

L’FBT è un trattamento ambulatoriale intensivo indicato per bambini ed adolescenti che si presentano in condizioni di stabilizzazione clinica e che pone al centro dell’intervento i genitori, considerati la “risorsa chiave” per il recupero clinico del loro figlio.
Il trattamento si struttura in 3 fasi con una durata di circa 12 mesi.
Nella prima fase (1-10 sessioni a cadenza settimanale) i genitori si assumono la responsabilità (con l’assistenza del terapeuta FBT) di supportare l’aumento di peso del proprio figlio e di limitare i comportamenti patologici di compenso. Nella seconda fase (11-16 sessioni) il paziente è supportato nel riprendere il controllo e la responsabilità della propria alimentazione e del peso. La terza fase (17-20 sessioni) è focalizzata sul mantenimento del peso raggiunto e sul percorso verso una ripresa di uno sviluppo adolescenziale fisiologico e più armonico.
L’alleanza terapeutica con l’adolescente all’inizio del trattamento non si è dimostrata una variabile che ne influenza l’esito nel tempo (Forsberg et al. 2013).

Quali sono i presupposti fondamentali per l’FBT?
1. Visione agnostica delle cause della malattia
2. Posizione non autoritaria del terapeuta
3. Genitori “responsabili” del recupero del peso
4. Esternalizzazione (“separazione del paziente dalla patologia”)
5. Focus iniziale sul peso

Rispetto alle questioni teoriche l’FBT assume una posizione “agnostica”; strategicamente è fuorviante per il terapeuta FBT occuparsi degli aspetti causali ed eziopatogenetici (secondo i modelli dinamici, cognitivisti, sistemici, etc.) finché l’adolescente non abbia riacquistato le competenze cognitive, metacognitive ed emotive che solo un adeguato recupero ponderale può garantire.
L’obiettivo dell’FBT è far sì che i genitori arrivino a svolgere il compito e la funzione di guida per portare il loro figlio adolescente a “rimettersi in carreggiata” e poter percorrere il proprio sviluppo. L’FBT agisce come connessione figlio-genitori: il messaggio dell’Anoressia Nervosa è di richiamo verso i genitori (“quanto peso devo ancora perdere perché voi vi accorgiate che sono in crisi?”); il ruolo del terapeuta è quello di comunicare ai genitori “Svegliatevi! Accorgetevene!”, ossia di portare loro a fare quello che i figli non riescono a chiedere.
Il passaggio dalla prospettiva della parentectomia all’empowerment genitoriale implica un cambiamento del modello evolutivo dell’adolescente.
L’FBT è risultata efficace in più del 50% dei casi ed ha mostrato un significativo decremento del tasso di recidiva e di ri-ospedalizzazione nel tempo (Hughes, Le Grange, Court et al., 2013)

Il terapeuta FBT assume una posizione di consulente autorevole, non autoritario né critico, che in un clima di empatia interviene nel sostenere l’autonomia terapeutica dei genitori, ascoltando la famiglia, fornendo suggestioni e informazioni e cercando di stimolarne le risorse positive e modificarne gli atteggiamenti negativi; bisogna aiutare i genitori a comprendere cosa è meglio e più salutare per i propri figli (renderli più “responsabili”) senza fornire prescrizioni ed istruzioni con comunicazioni esplicite: l’obiettivo è di far acquisire loro la capacità di affrontare le sfide proposte dai loro figli.

E’ fondamentale spiegare ai genitori la gravità della malattia e separare l’adolescente dalla patologia (“Esternalizzazione”) per evitare inutili colpevolizzazioni e per avere un atteggiamento collaborativo e presente. [blockquote style=”1″]È il sopravvento della malattia che determina gli aspetti sintomatici ed i comportamenti disfunzionali e patologici dell’adolescente, non una modalità della persona che all’improvviso cambia[/blockquote]. L’anoressia nervosa per il Prof. Le Grange è paragonabile ad un cancro e l’impegno comune dovrà essere la sua completa eradicazione e, quindi, la guarigione del paziente.

Il focus iniziale del trattamento FBT è il recupero ponderale: l’aspetto del peso è l’elemento organizzatore del lavoro iniziale. La terapia inizia facendo salire il paziente sulla bilancia e valutando le curve ponderali e le strategie per limitare l’impatto clinico del disturbo alimentare. L’enfasi deve essere posta sul miglioramento ponderale piuttosto che sui cambiamenti cognitivi ed emotivi finché non si è recuperato un peso ragionevole (il 90% del peso salutare indicato per il paziente).

Prima di iniziare il trattamento FBT viene fatta una valutazione psicodiagnostica e clinica dell’adolescente ed un’intervista con i genitori in cui viene definita l’idoneità al trattamento ambulatoriale. La terapia FBT prevede un approccio di team multidisciplinare che può comprendere, oltre al terapista FBT (che coordina la cura), il pediatra/internista che gestisce la sicurezza clinica del paziente, il neuropsichiatra infantile, il nutrizionista, lo psicologo, l’assistente sociale, l’infermiere.

Il modello FBT prevede 3 fasi per un totale di 20 sessioni in 12 mesi.
La prima fase, che costituisce il 50 % della cura, consta di 10 sessioni a cadenza settimanale ed ha l’obiettivo di aiutare i genitori a “riassumere il controllo dell’alimentazione”: si tratta di fornire ai genitori gli strumenti per far rialimentare l’adolescente e portarlo nella situazione di procedere verso la sua autonomia. Nell’ adolescente che soffre di anoressia nervosa l’autocontrollo del peso non ha niente a che fare con il controllo della propria vita ma è solo il controllo indotto dalla malattia; bisogna portare i genitori a fare quello che un infermiere farebbe durante il ricovero: nella vita di tutti i giorni il compito iniziale dei genitori deve essere quello di sgretolare la dieta ferrea ed i comportamenti di compenso patologici.

Subito nella prima sessione l’intento del terapeuta FBT deve essere quello di stabilire e sottolineare che si tratta di una situazione grave (a rischio di vita) e di crisi dell’adolescente e di tutta la famiglia ed è importante che tutti siano coinvolti per risolvere la situazione (anche gli eventuali altri figli); bisogna cercare di ridurre il senso di colpa conferendo ai genitori un ruolo attivo nell’aiutare il paziente. I genitori dovrebbero andar via allarmati e con una responsabilità condivisa col terapeuta sulle possibili soluzioni; la famiglia deve essere ingaggiata evitando che l’adolescente si senta responsabile di aver rovinato la sua vita e quella della sua famiglia. Nell’FBT, focalizzandosi sull’aspetto del peso, si va comunque a riorganizzare le relazioni sociali e di attaccamento, pur non intervenendo come nella terapia sistemica secondo Minuchin: i genitori sono esortati con perseveranza a lavorare insieme su questo punto “sintonizzandosi tra di loro e concordando” nelle posizioni assunte verso il proprio figlio. Viene conferito così ai genitori un mandato molto chiaro “d’ora in poi siete voi genitori a dover prendere in mano la situazione alimentare di vostro figlio!”.

Nella seconda sessione si svolge il “pasto familiare”: in precedenza ai genitori viene richiesto di portare un pasto che entrambi decidono insieme. L’osservazione del momento critico del pasto familiare ha due intenti: fornire informazioni sul funzionamento familiare e capire in che modo la famiglia si è adeguata alla malattia (ulteriori comportamenti disfunzionali e di disturbo). L’enfasi in questa fase è posta sullo sforzo congiunto che i genitori devono fare per salvare la vita del loro figlio (parental training con esercizi di perseveranza). È importante costruire un contesto diverso in cui la paziente possa sperimentare due genitori “allineati” contro la malattia pur condividendo e supportando la difficoltà del figlio adolescente.

Il concetto dell’esternalizzazione, ossia la separazione dell’adolescente dalla sua malattia, fornisce all’adolescente stesso la consapevolezza che il terapeuta ha una chiara idea della lotta in cui si dibatte; questo aiuta ad attribuire i giusti significati, riducendo i sensi di colpa ed il criticismo genitoriale. Le prime sessioni, focalizzate sul peso, hanno un taglio comportamentale. Quando il paziente arriva al recupero del 75% del peso corporeo salutare si può passare alla fase 2 che ha l’obiettivo di raggiungere il 90% del recupero ponderale. Prima di ridare il controllo della propria alimentazione all’adolescente bisogna assicurarsi di avere “una rete di sicurezza intorno”: nella fase 2 ogni pasto deve essere ancora sottoposto alla supervisione dei genitori; l’adolescente però inizia ad essere coinvolta nelle decisioni alimentari visto che la “sua parte sana sta riemergendo”.

Durante il corso si sono svolti esercizi di role-playing con alcuni partecipanti e sono stati visionati video e trascritti esemplicativi che hanno didatticamente chiarito le procedure di intervento.
Ad arricchire il valore clinico e scientifico dell’evento svoltosi a Roma l’intervento del Dott. Armando Cotugno, direttore della UOSD Disturbi del Comportamento Alimentare ASL RME, che ha illustrato, in ultima analisi, l’esperienza italiana del protocollo FBT in un contesto istituzionale pubblico.

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