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La strada verso casa: le relazioni fra sonno e memoria spaziale

Durante la fase REM del sonno avviene una maggiore maturazione del sistema nervoso centrale e un consolidamento delle tracce mnestiche.

Di Redazione

Pubblicato il 06 Ott. 2015

Davide Di Vitantonio, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MODENA

 

Il sonno REM in particolare avrebbe un ruolo determinante per la maturazione del sistema nervoso; infatti durante la fase REM si assiste ad un incremento dell’attività cerebrale.

Il sonno è definibile come uno stato comportamentale caratterizzato dalla sospensione temporanea dello stato di coscienza vigile. E’ un fenomeno biologico durante il quale si verifica la riduzione o la sospensione parziale del funzionamento dei centri nervosi con la conseguente diminuzione delle varie funzioni organiche: circolazione, respirazione, metabolismo e altre. Gli studiosi hanno evidenziato che il sonno non è uguale per tutta la sua durata ma è caratterizzato dalla presenza di due fasi principali: la fase Non-REM o sonno ortodosso, e la fase REM o sonno paradosso.

La fase non REM può essere suddivisa in quattro stadi, che segnano la progressiva discesa nel sonno profondo, caratterizzato da un abbassamento della temperatura corporea, un rallentamento del battito cardiaco e del respiro, il rilassamento della muscolatura e dalla comparsa di onde cerebrali (Theta, fusi del sonno e complessi K) più lunghe e meno rapide rispetto a quelle tipiche dello stato di veglia (Alfa e Beta). Lo stadio 4 è un sonno profondamente ristoratore ed è in questa fase che, secondo gli studi, il cervello libera gli ormoni della crescita. In questa fase è molto difficile svegliare una persona: è il momento, dell’interruzione dei collegamenti sensoriali con l’esterno.

La fase REM è definita sonno paradosso in quanto caratterizzata da eventi che denotano una situazione tutt’altro che tranquilla e rilassante, associabile all’idea canonica di riposo notturno. E’ in questa fase che le persone sognano. Il termine REM sta per Rapid Eye Moviment (movimenti rapidi degli occhi) ponendo l’attenzione sul fatto che in questa fase si assiste a bruschi movimenti degli occhi accompagnati da un aumento del battito cardiaco e della frequenza respiratoria. Dalle rilevazioni riguardanti l’encefalogramma si rileva la comparsa di onde Delta, più “agitate” rispetto a quelle del sonno profondo, accompagnate da brevi apparizioni di onde Alfa e Beta, tipiche dello stato di veglia. In contrasto con l’aumentare dell’attività dei muscoli involontari (cuore e polmoni), i muscoli volontari vengono letteralmente paralizzati.

Quest’ultima fase descritta, la fase REM, è quella che al momento ci interessa di più per i seguenti motivi; nel corso della fase in questione, numerose ricerche hanno evidenziato come il sonno possa influenzare in senso sia positivo sia negativo i processi di memoria. Gli effetti positivi si rilevano soprattutto nelle ricerche che hanno mostrato un miglioramento del ricordo del materiale appreso se il soggetto dorme durante la fase di ritenzione, cioè tra la fine dell’apprendimento e il momento del controllo (sleep effect), oppure in quelle che hanno mostrato un’incapacità di ricordare il materiale appreso immediatamente dopo il risveglio (prior sleep effect), dopo un periodo di deprivazione di sonno (Jenkins & Dallenbach, 1924;; Ekstrand et al., 1977; Hockey et al., 1972).

Il sonno REM in particolare avrebbe un ruolo determinante per la maturazione del sistema nervoso; infatti durante la fase REM si assiste ad un incremento dell’attività cerebrale. In studi sperimentali uomini sottoposti a sessioni intensive di apprendimento presentavano un aumento significativo del sonno REM, espressione del processo di fissazione dei dati appresi. Dunque, come accennato sopra, le cavie sottoposte ad ipossia sviluppano deficit irreversibili di apprendimento, ivi compreso l’apprendimento visuospaziale.

Per quanto riguarda nello specifico la fase REM, o sonno paradosso, verrebbe naturale chiedersi perché si sogni: precedentemente si è esposto come gli studiosi ritengano che questa fase del sonno, svolga un ruolo primario nella maturazione del sistema nervoso centrale, ed in particolare, si è enfatizzato come la consolidazione delle tracce mnestiche, sembri attuarsi proprio in questa fase. In particolare, uno studio affascinante ha evidenziato che nei ratti, cellule ippocampali che mostrano attività quando l’animale si trova in una determinata posizione all’interno di un percorso (place-cells), si riattivano selettivamente durante il sonno seguente l’apprendimento, plausibilmente partecipando al processo di memorizzazione; ne segue, che disturbando selettivamente il sonno in un gruppo di animali dopo un periodo di apprendimento visuo-spaziale, (attraverso la metodologia del “Morris Water-Maze) ci si dovrebbe aspettare un livello di memorizzazione seguente al sonno nettamente inferiore se paragonato ad un gruppo di cavie di controllo; ma la ricerca in questione non si fermerebbe certo qui.

Diversi lavori, (Magnusson., Scruggs., et al. 2003- Gallagher., Burwell., et al. 1993) hanno mostrato un calo significativo di prestazione al test del Morris Water-Maze correlato con l’età delle cavie. In breve, cavie più anziane mostravano un livello di apprendimento significativamente inferiore rispetto alle cavie più giovani : è risaputo inoltre, che il declino cognitivo associato all’invecchiamento negli umani mostri in primo luogo dei deficit relativi proprio al processo di memorizzazione. E’ possibile concludere evidenziando come uno degli effetti comportamentali dell’invecchiamento risieda proprio nelle alterazioni del sonno, che come gli esperimenti dimostrano chiaramente, inficia direttamente le capacità di orientamento visuo-spaziale mettendo a rischio l’anziano nelle più semplici attività quotidiane.

 

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